Il candidato sindaco di Milano del M5S : “la città di cemento e stress lascerà il posto ad un nuovo modello di comunità urbana”
Intervista alla candidata Sindaco a Milano per il M5S della redazione de l'AntiDiplomatico
MILANO - Un nuovo modello di comunità urbana concepito per promuovere le relazioni tra i cittadini e un ambiente più sano, mobilitando le energie dei giovani e progetti sociali innovativi capaci di offrire servizi a basso costo e favorire l’integrazione. Ben lontano da una città fatta di “cemento e stress”.
Vuole realizzare una “Milano da vivere”, “a misura d’uomo, donna e famiglia”, Patrizia Bedori, 52 anni, candidata sindaco per il Movimento Cinque Stelle alle Comunali del 2016 a Milano, dove intende “usare l’esistente, senza consumo di suolo” per creare “nuovi centri di aggregazione: dai musei ai parchi”, ma “anche più negozi, soprattutto nelle periferie”.
Patrizia Bedori, partiamo dai quartieri. Come renderli più vivibili?
Sicuramente non facendo quello che l’attuale amministrazione ha fatto in viale Argonne o in via Lorenteggio, dove sono stati abbattuti centinaia di alberi secolari per fare spazio ai cantieri della metropolitana. A Milano va fermato il consumo di suolo che toglie ossigeno alla città: mi preoccupa la futura gestione dei sette scali ferroviari dismessi (Farini, Porta Romana, Porta Genova, Lambrate, Rogoredo, San Cristoforo, Greco), che, secondo l’accordo preliminare tra Ferrovie dello Stato, Regione e Comune prevedeva 676.000 metri quadri di cementificazione. Facciamo piuttosto come le città del Nord d’Europa, creiamo biblioteche, aree di co-working, spazi per giovani e anziani, parchi per bambini. Non vogliamo nuove speculazioni edilizie a Milano.
Tocca un tasto dolente, quello dell’ “emergenza casa”: a Milano sono oltre 23.000 le famiglie in lista di attesa per un’abitazione e le case popolari disponibili sono sempre meno rispetto chi le richiede. Che cosa intende fare?
In città gli appartamenti non affittati o invenduti sono oltre 80.000, le case dell’Aler da ristrutturare ammontano a 9.300. Ci sono poi interi palazzi con uffici vuoti, ex caserme che possono avere un cambio di destinazione d'uso, ... che cosa aspettiamo a riqualificarli e a darli a chi ne ha bisogno? Il nostro piano è a medio-lungo termine ma bisogna partire subito. Dobbiamo usare quello che già c’è e anche le coperture ci sarebbero, come ha dimostrato la cosiddetta “Affittopoli milanese”, che ha svelato crediti non riscossi per 204 milioni dal Comune di Milano per l’affitto di immobili di sua proprietà. Le risorse ci sono ma sono sperperate con privilegi e mancanza di controlli. Non è ammissibile che una casa popolare sia assegnata senza che ci siano requisiti, addirittura a un milionario, o che non vengano effettuate verifiche sull'indebitamento di un esercizio commerciale che poi si rivela avere canoni non riscossi pari a oltre 500mila euro.
Sul fronte della legalità, che cosa risponde a quei milanesi che lamentano abusivismo e periferie sempre più congestionate anche a fronte dei flussi migratori?
Sulla questione non esistono dati sull'integrazione e sui risultati delle politiche e progetti attuati fino ad ora. Chi abita in Italia ha precisi doveri prima dei diritti e attueremo controlli anche con la Guardia di finanza. Io penso che la via sia l’integrazione e non la demonizzazione. Bisogna creare canali di comunicazione, evitare “guerre tra poveri” puntando su politiche sociali che sostengano tanti milanesi colpiti dalla crisi economica così come chi scappa dalle guerre. A livello nazionale il M5S sta sostenendo il reddito di cittadinanza mentre in Europa si batte per cambiare le regole del Trattato di Dublino per un’equa distribuzione dei migranti. La sicurezza resta un tema importante sul quale chiediamo un maggiore coordinamento tra Polizia Locale e le forze dell’Ordine gestite a livello nazionale. Il Ministero degli Interni deve garantirci più risorse, che non devono essere usate per andare a fare missioni in giro per il mondo, quando i nostri cittadini non si sentono sicuri nelle proprie città. Dal governo, inoltre, non ho ancora sentito parlare di un concreto piano per le periferie.
Milano è anche la capitale industriale d’Italia, fulcro delle piccole e medie imprese, centro finanziario, con una vocazione internazionale... Come la sua amministrazione pensa di sostenere questo tessuto industriale vitale per Milano?
Sappiamo bene che il 90% del tessuto economico italiano è costituito da piccole e medie imprese che rappresentano un patrimonio da promuovere con determinazione.
Lo abbiamo già fatto a livello nazionale con l’istituzione del Fondo per il microcredito di Stato, al quale i parlamentari M5S hanno versato oltre 16 milioni di euro derivanti dal taglio dei loro stipendi. Questi 16 milioni permetteranno per dieci anni di finanziare un’impresa al giorno con prestiti di 25mila euro, oltre alle risorse messe a disposizione annualmente dal Ministero per lo Sviluppo economico, soldi con i quali un’azienda potrà investire su nuove risorse, internazionalizzare, innovare... Anche l’amministrazione comunale deve sostenere con il micro-credito agevolato la piccola e media impresa sul territorio, oltre ai piccoli negozi, all'artigianato, per i quali prevediamo una detassazione, soprattutto nelle periferie.
Cosa dice a quei commercianti milanesi che accusano i negozi di cinesi di evadere le tasse o usare trucchi (prestanomi o titolari irreperibili di fronte a buchi di bilancio) per sfuggire al fisco italiano?
A partire dai Centri massaggi i controlli vanno senz’altro inaspriti, ma, tenendo a freno i moti d’accusa contro l’ “altro”. Non dimentichiamoci che la concorrenza sleale può venire anche da colossi come Amazon e Apple, che creano sedi fiscali in Irlanda o Lussemburgo, dove godono di incentivi favorevoli, e poi non pagano le tasse in quei Paesi dove fanno business, al contrario delle aziende omologhe locali. Anche per servizi come l’Air-Bnb, non è ancora prevista una tassazione adeguata, per cui se un turista viene a Milano e risiede in una di queste strutture, non sarà certo un guadagno per la collettività ma piuttosto per il singolo proprietario dell’appartamento. Vedremo che cosa il premier Renzi deciderà di fare sui questi vuoti legislativi. Noi, intanto, punteremo su idee innovative.
Quali? Ci faccia esempi...
A Parigi sta prendendo piede il “portierato di quartiere” (in francese “Lulu dans ma rue”), nato dall’idea di un’economista, Charles-Edouard Vincent, che mette al centro del “vicinato” un chiosco simile a un’edicola che non vende giornali ma servizi a basso costo al quale tutti si possono rivolgere per piccoli problemi quotidiani. E così si fanno lavorare gli abitanti del quartiere. Si basa sulla logica per cui se qualcuno ha bisogno di riparare la macchina oppure un rubinetto che perde, o, come può capitare a me che sono mamma di un bambino di 10 anni, c’è bisogno di una baby sitter, basta chiamare o scrivere un’email all’ “Edicola-tuttofare” e il “portiere” di turno contatterà la persona giusta nel quartiere per risolvere il problema che in media costa dai 5 ai 10 euro. Sono migliaia gli interventi realizzati in pochi mesi a Parigi.
Ogni anno a Milano le polveri sottili superano le soglie fissate dalle legge, a danno della salute dei cittadini. L’area C non è bastata per rendere l’aria della città più pulita. Qual è il suo piano?
E’ necessaria una sinergia di soluzioni, innanzitutto inasprendo i controlli sulle caldaie inquinanti come quelle a carbone e a gasolio. E’ poi necessario incentivare e potenziare il trasporto pubblico, i mezzi a impatto ambientale zero, creare isole “verdi”, più piste ciclabili, parcheggi di interscambio tra la città e la provincia. Tutto questo è possibile, ma non certamente avviando la costruzione di un maxi-parcheggio sotterraneo nei pressi della centralissima piazza San Babila come l’attuale Comune si appresta a fare... così le persone vengono incentivate a usare la macchina, mentre noi dobbiamo “convincerle” a andare a piedi o con altri mezzi.
La sua idea è anche quella del Comune come una “Casa trasparente”, che cosa intende?
Il M5S è il movimento della democrazia partecipativa, useremo allora vari strumenti per tradurla in realtà, come ad esempio, la “legge Barnier sul dibattito pubblico” che prevede una consultazione referendaria nel territorio dove il Comune intende realizzare un’opera infrastrutturale. Intendiamo inoltre introdurre il “question time” con il quale si apriranno le porte dell’amministrazione comunale ai cittadini che vorranno portare all’attenzione le loro problematiche. Mi piace anche l’idea del sindaco di Barcellona, Ada Colau del partito Podemos, che gira per i quartieri della città per continuare a ascoltare i cittadini senza chiudersi nelle stanze del potere.