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giovedì 31 luglio 2014

Ci aveva avvisati prevedendo quello che oggi sta avvenendo



Ecco come il grande Renzi sta svendendo l'Italia

di Enrico Grazzini
La vendita della Indesit a Whirpool è solo l'ultimo caso: si sta verificando nel silenzio generale la fine dell'Italia industriale, come predetto da Luciano Gallino (1). Il pericolo imminente è quello di cedere al capitale estero non solo le industrie ma anche le grandi banche, e di svendere completamente il risparmio italiano. A causa del declino verticale dell'industria e della sofferenza delle banche italiane, e a causa della colpevole inerzia governativa e dei pesanti vincoli europei, il capitalismo nazionale sta diventando un servile vassallo di quello internazionale. E l'Italia rischia così di precipitare definitivamente nel Terzo Mondo.

Untangled. Così l'Economist titola soddisfatto un suo recente articolo sul capitalismo italiano in crisi. Untangled si traduce in italiano sciolto, smembrato: così è ormai diventato il capitalismo italiano, secondo l'autorevole rivista britannica, dopo lo scioglimento dei patti di sindacato da parte di Mediobanca (2). Non si comprenderà mai abbastanza quanto profonda sia stata la svolta (forzata) compiuta da Mediobanca qualche mese fa quando ha deciso di sciogliere gli accordi incrociati tra le maggiori aziende nazionali. 

Da allora al cosiddetto “capitalismo italiano di relazione”, cioè all'intreccio tra capitalismo (semifallito) delle grandi famiglie, capitalismo finanziario e capitalismo (quasi dismesso) di stato, si è sostituito l'arrembaggio dell'industria e della finanza internazionale. Con la benedizione del governo Renzi. Il giovane Matteo è stato chiaro in una sua recente intervista al Corriere della Sera. Ha dichiarato sulla vendita dell'Indesit di Merloni alla concorrente Whirpool: «La considero una operazione fantastica. Ho parlato personalmente io con gli americani a Palazzo Chigi. Non si attraggono gli investimenti esteri riscoprendo una visione autarchica e superata del mondo. Noi vogliamo portare aziende da tutto il mondo a Taranto come a Termini Imerese. Il punto non è il passaporto ma il piano industriale. Gli imprenditori stranieri sono i benvenuti in Italia se hanno soldi e idee per creare posti di lavoro» (3). 

Missione compiuta, l’Italia muore: la catastrofe in cifre

Un paese in ginocchio, mutilato, raso al suolo dalla crisi inasprita dall’euro e dal regime di austerity imposto da Bruxelles per mantenere in vita la moneta unica. L’Italia sta letteralmente andando a pezzi: tutti se ne accorgono ogni giorno, mentre la disoccupazione dilaga, i consumi crollano, i negozi chiudono e le aziende licenziano. Ma il panorama si fa ancora più impressionante se si osservano, tutti insieme, i numeri della catastrofe. E’ quello che ha fatto il blog “Sollevazione”, pescando tutte le cifre ufficiali degli indicatori-chiave. Un bollettino di guerra, voce per voce. Produzione e ricchezza, industria e redditi, debito e risparmi. L’Italia in rosso, che sta precipando lontano dalla sua storia, senza neppure capire perché. Ognuno combatte, da solo, contro continui rovesci: non ci sono spiragli, non c’è alcuna “ripresa” nemmeno all’orizzonte. Ma nessuno racconta davvero l’assedio del panico, la paura sciorinata dai “crudi numeri”, che forse non fotografano «le dimensioni effettive del disastro economico e sociale che vive l’Italia», però «ci aiutano a comprenderlo».
Secondo gli analisti di “Sollevazione”, la resa matematica dell’Italia rivelata dai conti – la lingua spietata del pallottoliere – permette anche di «capire Elsa Fornero e Mario Monticome le politiche austeritarie per tenere in piedi l’euro, il sistema bancocratico e il capitalismo-casinò, abbiano affossato il nostro paese», il cui Pil ha perso 8,7 punti percentuali a partire dal 2007, inclusa la manipolazione dello spread che ha “armato” la gigantesca manomissione operata da Monti e Fornero, con la loro “spending review” e la riforma-suicidio delle pensioni. Un’agenda peraltro proseguita da Letta: tagliare la spesa, ben sapendo che il “risparmio” dello Stato manda in crisi il settore privato, facendo calare il gettito fiscale e quindi esplodere il debito pubblico. Matteo Renzi? Niente di nuovo: neoliberismo puro, a cominciare dal Jobs Act per precarizzare ulteriormente il lavoro. Aggravanti: la neutralizzazione delle ultime difese sociali garantite dalla Costituzione, come vuole l’élite finanziaria, e l’eliminazione fisica dell’opposizione attraverso una legge elettorale come l’Italicum, definita peggiore – per le sue restrizioni – di quella che permise a Mussolini di consolidare il neonato regime fascista.

mercoledì 30 luglio 2014

De Bortoli: rischio prelievo forzoso, poi arriverà la Troika

Crescita giù, conti pubblici a rischio. Renzi? «La rovina dell’Italia», secondo quanto Ferruccio De Bortoli, direttore del “Corriere della Sera”, avrebbe confidato ad amici. Secondo De Bortoli, il governo Renzi sarà “costretto” a varare in autunno una manovra “lacrime e sangue” da 20 miliardi, cui seguirà la resa sostanziale alla Troika Ue, formata da Commissione Europea, Bce e Fmi, pronta a “mettere le mani nelle tasche degli italiani” anche con un prelievo forzoso dai conti correnti. Che le cose non stiano andando bene, scrive il newsmagazine “Investire Oggi”, lo si capisce dall’intervista che il premier ha appena rilasciato a “La7”, nella quale ha ammesso che sarà difficile centrare l’obiettivo di crescita dello 0,8% per quest’anno. Tuttavia, il premier ha aggiunto che una crescita dello 0,4% piuttosto che dello 0,8% o dell’1,5% sarebbe «indifferente», perché nulla cambierebbe nella vita ordinaria delle persone. «Se a fare la battuta non fosse il capo di un governo, ci sarebbe da ridere».

Le riforme dei ladri, lo Stato-fantoccio che piace all’Ue

Mentre fioccano dati sempre peggiori in campo economico, i partiti italiani, quasi tutti, si uniscono per approvare un insieme di riforme che niente hanno a che fare con l’efficienza e la competitività e il rilancio economico del paese, ma che tutte servono a diminuire la partecipazione democratica dei cittadini, il controllo giudiziario indipendente sull’operato dei politici e ad aumentare il potere della partitocrazia nonché, soprattutto, la sua capacità di mangiare addosso alla gente, indisturbata e impunemente. La casta ladra vuole meno interferenze deicittadini e dai magistrati. Ecco l’elenco delle riforme in questione. Aumento da 50.000 a 250.000 delle firme per le leggi di iniziativa popolare. Aumento da 500.000 a 800.000 delle firme per proporre un referendum abrogativo. Restrizione del referendum abrogativo alle sole norme che non siano connesse ad altre – quindi a ben poche. Abolizione della eleggibilità popolare dei consiglieri provinciali, che ora vengono nominati da organi di partito. Abolizione della eleggibilità popolare dei senatori, che ora vengono nominati pure dai partiti.

martedì 29 luglio 2014

Il tempo è scaduto. Non possiamo stare a guardare

di Beppe Grillo

"Il tempo è (quasi) scaduto. Abbiamo utilizzato tutti gli strumenti della democrazia. Abbiamo pensato di migliorare il Paese attraverso le leggi popolari di Parlamento Pulito, prima vera riforma della legge elettorale, era il 2007 (leggi mai discusse in due legislature nonostante 350.0000 firme raccolte), con referendum sulla libera informazione, era il 2008 (referendum mai presi in considerazione dalle altre forze politiche e le cui firme furono cassate da Carnevale il giudice ammazza-sentenze). Ci siamo organizzati quindi in gruppo politico, il M5S, e siamo riusciti senza finanziamenti pubblici, con tutti i media contro, a diventare il primo soggetto politico nel febbraio del 2013. Da allora nei confronti del M5S c'è stata una guerra senza quartiere mai vista prima in Italia per delegittimarlo, spaccarlo, da parte del Sistema. Pd e Pdl, Napolitano regista, si sono inventati le larghe intese per tagliarci fuori, come due gangster che si spartiscono il territorio pur di non mollare nulla. Più di 160 cittadini incensurati sono entrati in Parlamento. Proposti dal basso da altri cittadini. Hanno lavorato duro per un anno e mezzo, fatto proposte di legge, emendamenti, interpellanze.


Bambini vittime inermi. Ma l'Europa dov'è

DI MARK OLIVER, ANDREW MARSZAL E SAM DODGE
telegraph.co.uk

Dall'inizio dell'offensiva contro la striscia di Gaza (7 luglio 2014) fino ad oggi, secondo le Nazioni Unite, sono stati uccisi più bambini palestinesi che combattenti.
Ecco i nomi, l'età, il sesso di questi 132 registrati dal centro Al Mezan per i Diritti Umani dall'inizio dell' Operazione Protective Edge. Fino a martedì scorso sono 580 i Palestinesi uccisi.
Il Centro Al Mezan per i Diritti Umani, un'organizzazione che lavora a Gaza con le Nazioni Unite  ha verificato la morte di 132 bambini tra il 7 e il 21 luglio 2014.
Il grafico sotto mostra: nome, età, sesso, zona e giorno in cui sono stati uccisi.

Italiani: siete in mano ad un Re e a un manipolo di Signorotti. Il vostro voto non vale nulla

DI ROSANNA SPADINI
comedonchisciotte.org

Nella "democrazia liquida" degli uomini/twitter di razza eurofila, diritti, valori, coscienze, vergogne, libertà, giustizia e sovranità si liquefanno in tempo reale, come fossero zollette di zucchero immerse in una tazza di caffè bollente. Viene smarrito anche il senso delle parole e la loro funzione istituzionale, sostituite da una viscida e opaca neolingua contemporanea, che assomiglia più ad una marmellata avariata di mele cotogne che ad un morfema sintattico.

Ed ecco che mentre il nuovo Sultanato del Nazareno sta per fare carta straccia della Costituzione Italiana, nata dal sangue della Resistenza, le opposizioni parlamentari, fortemente contrarie alle riforme, hanno chiesto un'udienza a Napolitano, e lui cosa fa? (udite, udite!) Si è dato ammalato. Poi il giorno dopo è partito per le vacanze.




Come quando telefoni ad un amico che ti deve dei soldi e lui si fa negare, come quando citofoni al vicino di casa che ti scassa gli zenzeri con rumori assordanti e lui non risponde,  il Presidente della Repubblica, nella sua veste istituzionale, ha rifiutato di ascoltare le esigenze delle opposizioni, che rappresentano milioni di cittadini, in un momento così cruciale della vita politica italiana, e si è nascosto dietro una vestaglia da camera.
Dunque mentre il Vicerè se ne stava in disparte, avvolto nella sua miseria morale, in Parlamento si scatenava un putiferio, per il bavaglio imposto alle opposizioni dalla decisione del governo di contingentare i tempi della discussione, fissando con la "tagliola" limiti temporali per gli interventi di ogni gruppo parlamentare, e imponendo con la "ghigliottina" il brusco passaggio al voto finale, senza tenere conto di ulteriori emendamenti o interventi. Questa è la riforma, prendere o lasciare.

lunedì 28 luglio 2014

Renzi anzichè abbassare le pensioni d'oro, pensa di ritoccare le pensioni di reversibilità

di Antonio Castro

Un taglietto alle pensioni delle vedove, degli orfani e dei congiunti? Nella stagione del welfare con il machete si pesca dove si può. Ma non si dovrebbe.
E allora anche i circa 30 miliardi l’anno che l’Inps e le Casse previdenziali girano a vedove, orfani, e superstiti sotto la voce “assegno di reversibilità” fanno gola. E poco importa se quella reversibilità è frutto di tanti, tanti versamenti e se il taglio c’è già (l’Inps applica una decurtazione del 60% sull’assegno pieno), e se anche la riforma Dini, nel 1995 aveva inserito una mannaia per agganciare il reddito del defunto a quello del coniuge sopravvissuto.
La riforma Dini ha infatti inserito una penalizzazione connessa al reddito di chi resta: se il congiunto sopravvissuto ha un reddito superiore di tre volte il minimo (1.382 euro al mese), subisce una penalizzazione del 25%. Ma il taglio può arrivare al 50% per redditi superiori a 2.304 euro al mese (5 volte il minimo).
L’idea che è cominciata a circolare al ministero dell’Economia è di mettere mano anche a questo capitolo di spesa e i primi studi, connessi con gli andamenti e le aspettative di vita future, fanno ipotizzare «risparmi importanti».

Presidente...di tempo non ce n'è molto

A Genova Renzi ha detto: "...... il tempo ci dirà se avremo avuto ragione ". Bella frase , ma oggi l'Italia non ha più tempo; dinanzi al bivio ha scelto una strada ( l'Italia, non gli Italiani, perchè questa scelta non è uscita da nessuna elezione) che si chiama PD e Renzi, ma se questa scelta risulterà essere sbagliata ( come lo è ), non sarà facile tornare indietro per recuperare.  
                                                      Vincenzo Cirigliano



di: Alessandro Scipioni
dafne@rinascita.eu
Esiste un onore del quale si nutrono i paesi, e sopra al quale posano il prestigio e la legittimità dei governi. Un tale onore serve agli stati non meno che ai singoli individui. Esistono popoli che possono sopravvivere all’onore perduto, purché tengano saldo nel loro cuore il desiderio di rivalsa e riscatto. Ma pochi governi possono sopravvivere se hanno perduto l’onore agli occhi del proprio popolo, degli altri popoli e della comunità degli stati. Quando un governo è screditato per la gente sulla quale deve esercitare la propria autorità, è oggetto di scherno per lo straniero, allora tale governo diviene davvero una scatola vuota. Un mero sepolcro imbiancato davanti al quale solo gli impiegati più preoccupati di perdere il proprio posto si tolgono il cappello.
Questo è quello che generalmente capita ai governi fantoccio, i quali non hanno una legittimità ed una loro forza autonoma, se non nei modi e nella misura stabiliti dall’occupante. Tali governi sono di per se stessi coscienti dello scarso prestigio che posseggono agli occhi del popolo. Probabilmente non vi sono neppure molti di questi governanti fantoccio che tengano ad un tale prestigio, consapevoli che la loro stessa missione non è quella d essere stimati ma di mantenere la servitù del proprio popolo. Ovviamente esistono delle eccezioni, anche lodevoli. Come ad esempio quei governi che cercano comunque di ridurre la morsa e i soprusi dell’occupante.

domenica 27 luglio 2014

Alain Parguez: €uro, il Nuovo Ordine Totalitarista

Sono qui per parlarvi di una storia oscura e tragica. Avete già capito che l’Europa è un mostro che va contro a tutte le regole della teoria monetaria moderna e dell'economia moderna. E quindi il problema è: perché esiste un sistema così assurdo? Mi è stato detto che nel vostro Paese, come nel mio del resto, alcune persone pensano che se riusciamo a liberarci dell’euro, l’Italia o la Francia potrebbero ritornare ad essere equiparabili ad alcuni dei Paesi più poveri dell’Africa, come lo Zimbabwe; ma l’economia reale dell’eurozona è già nello stesso stato dello Zimbabwe. Vediamo per esempio alcuni dati sulla Francia.
I Francesi hanno inventato e imposto l’eurosistema molto tempo fa; ebbene, in Francia il vero tasso di disoccupazione è di circa il 60% della popolazione attiva [includendo nel computo anche i lavoratori sottopagati, N.d.R.], quindi una cifra enorme; e quindi abbiamo un tasso di inflazione effettivo del 7-8%. Non abbiamo la piena occupazione e non abbiamo una stabilità dei prezzi; questo significa che tutti i dati ufficiali europei sono menzogne.
Comincerò la mia presentazione vera e propria con una citazione del responsabile del Ministero delle Finanze francese [Postel-Vinay, N.d.R.], che fra l’altro appartiene all’ordine dei benedettini, è un monaco ed è anche il capo dell’Opus Deifrancese: e la Commissione Europea è ampiamente controllata, come anche il governo francese, dall’Opus Dei.


Ho parlato con lui di questa questione, e mi ha detto: “Sì, l’economia francese è morta, ma non lo è abbastanza”. E ha aggiunto: 

“Professore, lei deve capire perché esiste il sistema europeo: che cosa vogliamo? Vogliamo distruggere per sempre la gente; vogliamo creare una nuova tipologia di europeo, una nuova popolazione europea disponibile ad accettare la sofferenza, la povertà; una popolazione disposta ad accettare salari inferiori a quelli cinesi”.
Questo rappresenterà il centro del mio intervento.
Il sistema dell’euro non è stato mai pianificato per portare ad una unione monetaria
non è stato neanche pianificato come agenda neoliberista, sul modello dell’economia americana; infatti questo è stato ed è ancora completamente dimenticato dall’élite dominante europea: basti pensare che anche per il leader del partito socialista francese [l'attuale Presidente François Hollande, N.d.R.] il presidente Obama è un marxista.
Quindi che cos’è l’euro?

Il Fondo Monetario gela Renzi. E ora?

di Irene Sabeni
La situazione economica dell'Italia è a dir poco tragica. E le prospettive che si possa avere una inversione di tendenza sono pari a zero. Le stime del Fondo monetario internazionale sono, in tal senso, molto significative. In appena due mesi, il Fmi ha infatti abbassato allo 0,3% le stime di crescita della nostra economia. In aprile le stime parlavano di un più 0,6%. 
Si tratta di un autentico crollo determinato sia dal concomitante rallentamento dell'economia globale (un aumento stimato del 3,4% annuo invece di un 3,7%) sia dallo scarso peso attribuito alle misure finora adottate dal governo in carica. 
Renzi e Padoan speravano che una crescita globale forte avrebbe funzionato da traino per la nostra, offrendo un po' di respiro alle aziende nazionali. In particolare quelle che, esportando, sono ben posizionate sui mercati asiatici. Il Fondo monetario però non ha ancora visto la “novità” rappresentata da Renzi. D'accordo che non sono passati nemmeno sei mesi di esercizio ma i dati del debito pubblico sono lì a certificare che la famosa o famigerata “spending review”, la revisione della spesa, con la quale pure Monti e Letta si erano sciacquati la bocca, resta soltanto un termine senza alcuna conseguenza pratica. 

Ridiamo la moneta allo Stato

di Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini.

Nel sistema economico attuale la moneta che definiremo "pubblica" è creata da banche centrali indipendenti dal potere politico, mentre lo Stato non può stampare moneta ma può agire esclusivamente attraverso il debito, un tipo di intervento che alla lunga può diventare insostenibile. D'altra parte, le banche private per mezzo del credito hanno la possibilità di creare liberamente una moneta che si può considerare di origine "privata".
Più precisamente, quando c'è crescita le banche private tendono a concedere prestiti molto generosi amplificando l'espansione, ma quando scoppia una crisi queste banche esasperano le difficoltà poiché in presenza di aspettative negative restringono il credito e quindi riducono l'offerta di moneta all'economia reale.

E' proprio durante una crisi che diventa cruciale il ruolo della moneta pubblica per sostenere l'economia.

sabato 26 luglio 2014

Rodotà: “Avremo un governo padrone del sistema costituzionale”


Mentre al Senato comincia il dibattito sulle controriforme, Stefano Rodotà, già professorone, risponde così al telefono: “Il mio stato d’animo è terribilmente malinconico. Poteva finire in modo molto migliore di come si avvia a concludersi”.

Siamo un Paese alla rovescia: chi insinua dubbi sulla legittimazione degli oppositori o è membro di un’alleanza di governo che nessun cittadino ha votato o di un Parlamento fortemente sospettato di legittimità dalla sentenza della Consulta sul Porcellum.
È una vecchia tecnica: invece di discutere le tesi dell’interlocutore, lo si delegittima. Mi spiace perché la famosa lettera dei professoroni aveva messo in modo un meccanismo virtuoso, di iniziative parlamentari che andavano verso un processo riformatore, che non era in contrasto con la democrazia. Invece chi sostiene un’idea di riforma non brutale e semplificata, viene apostrofato come gufo o rosicone. Alla peggio lo si accusa di voler salvare lo stipendio.
Al Corriere della Sera, domenica il premier ha anche dichiarato “Mi piacerebbe discutere sulle grandi questioni del disegno di legge costituzionale”.Ma chi gliel’ha impedito? Ha avuto sul suo tavolo una tale ricchezza di proposte che certamente questa auspicata discussione avrebbe potuto aver luogo! Solo che si è preferito andare avanti senza confronti. La domanda che dobbiamo porci è: Renzi e il suo gruppo dirigente hanno la cultura costituzionale adeguata per caricarsi il peso di questo cambiamento radicale?

venerdì 25 luglio 2014

S.O.S del Movimento 5 Stelle a tutti i cittadini Italiani
















IN ITALIA MORTE E RESURREZIONE DELLA CASTA CORROTTA E LADRONA

DI ROSANNA SPADINI
comedonchisciotte.org

Racconta Mary Shelley che  il dottor Victor Frankenstein, giovane scienziato di Ginevra, spinto dal desidero di sfidare i limiti invalicabili della scienza, aveva generato una sorta di mostro con sezioni di corpi provenienti da cadaveri di diversa origine. Il mostro uscito dalla sperimentazione inaudita, si dimostrò subito dotato di un animo particolarmente sensibile, ma di aspetto orribile. Poi di fronte all'odio e al ribrezzo che il suo aspetto provocava nell'animo degli uomini, decise di vendicarsi e cominciò ad uccidere proprio quegli uomini che si erano dimostrati più disumani di lui. (Mary Shelley, Frankenstein o il moderno Prometeo)


Riesumare i cadaveri storici è uno sport molto frequentato anche dai poteri istituzionali italiani, infatti indovinate quale ultimo cadavere è stato riesumato fresco fresco e pronto per le riforme? Ma il solito, non c'è neanche bisogno di pronunciarne il nome, inflazionato fino all'inverosimile, tanto che potremmo chiamarlo Jimmy, per non nominare il nome del dio invano che ha dominato la scena politica italiana durante gli ultimi 20 anni  e per evitare anche una possibile violenta  dermatite allergica da stress. Un cadavere che è già morto un centinaio di volte e poi riesumato dai suoi più acerrimi avversari politici.
Del resto anche Veltroni, nella campagna politica del 2008, per evitare d pronunciare il suo nome, lo aveva definito  "il principale esponente dello schieramento a noi avverso", facendo di tutto per perdere le elezioni: ma la sua reticenza era stata dettata più da ragioni d'amore, perché i malparlieri non sparlassero troppo della profonda relazione sentimentale esistente tra i due.  Dunque il nostro Jimmy, alla sentenza di assoluzione del suo ultimo processo (in ordine di tempo) esclama:"Sono commosso. Ho sofferto per un'accusa ingiusta e infamante". E i suoi fans: "Orgogliosi di averti come leader ancora per 100 anni!" (non spaventatevi, noi non avremo il piacere di assistere alla cerimonia di insediamento del 3014).

Firmiamo per fermarli

di Marco Travaglio.

Senza eccedere in enfasi retorica, possiamo dire che quella di ieri è una giornata da segnare sul calendario. Dopo tre anni di pensiero unico, quello delle larghe intese, è risorta l'opposizione.
Nel corteo di parlamentari di Sel, 5Stelle, Lega e dissidenti del centrodestra ci sono anche persone che non ci piacciono.
Ma la battaglia che hanno portato fin dentro il Quirinale è giusta, perché è l'Abc della democrazia: difendere il ruolo delle minoranze, cioè del Parlamento. Non è dallo stato di salute delle maggioranze, ma delle minoranze che si distinguono le democrazie dalle dittature e dai regimi autoritari.

Il Fatto, con la petizione che in una settimana ha raccolto oltre 160 mila firme, segnala la minaccia prossima ventura del grumo autoritario che spurga dal combinato disposto Italicum-Senato-Quirinale-Csm. E paradossalmente chi l'ha architettata, mentre si sforza di smentirla, non fa che confermarla con le sue condotte quotidiane.

Noi denunciamo la futura autocrazia dell'uomo solo al comando: e Renzi, mentre irride all'accusa di autoritarismo, già si comporta da uomo solo al comando minacciando i suoi dissidenti e quelli dei partiti alleati, trattando il Senato come il consiglio comunale di Firenze o di un paese limitrofo (l'orizzonte è quello).

giovedì 24 luglio 2014

Lavorare meno, lavorare tutti

Lelio Demichelis
Se non fosse oggi l'uomo più ricco del mondo - secondo l'ultima classifica della rivista americana Forbes pubblicata nei giorni scorsi - per gli ideologi (o gli intellettuali organici) del neoliberismo in servizio permanente effettivo, il messicano Carlos Slim sarebbe un pericoloso sovversivo perché sovvertitore del magico ordine del libero mercato e negatore della sua altrettanto magica mano invisibile.
Cosa ha detto di così scandaloso e di eretico l'uomo più ricco del mondo, messicano ma di origini libanesi e imprenditore di successo? Ha detto - parlando a un Seminario ad Asunciòn, in Paraguay - cheper ridurre la disoccupazione dilagante nel mondo occidentale e per dare più qualità alla vita delle persone bisogna ridurre gli orari di lavoro.
Secondo Slim bisognerebbe lavorare solo tre giorni alla settimana. Certo, lavorando magari anche 11 ore per ciascuno di questi giorni. Ma è la prima parte del suo ragionamento che qui vogliamo sottolineare. Ridurre l'orario di lavoro. Liberarsi dalla fatica e dal peso del lavoro sulla vita. È stato il sogno del Novecento e dei suoi intellettuali migliori, sogno in gran parte realizzatosi soprattutto nei primi trent'anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, quelli della democratizzazione del capitalismo come li ha definiti Wolfgang Streeck.

Via D’Amelio, 22 anni senza verità e giustizia

“Nonostante quattro processi ed indagini durate quasi un quarto di secolo, troppi aspetti della strage di via D’Amelio restano a tutt’oggi avvolti nel mistero. Una ferita aperta che rischia di divenire l’ennesima sconfitta di un paese incapace di fare i conti con i lati oscuri del proprio passato”. Pubblichiamo l’intervento del Procuratore Generale di Palermo in occasione della commemorazione di Paolo Borsellino e dei cinque agenti di scorta uccisi il 19 luglio 1992. 

di Roberto Scarpinato, 18 luglio 2014

E’ trascorso quasi un quarto di secolo dalla strage di via D’Amelio ed ogni anno a causa dell’inesorabile fluire del tempo, si assottiglia per ragioni anagrafiche e sopravvenuti pensionamenti, il numero di coloro che all’interno del palazzo di giustizia di Palermo furono testimoni di quel tempo. 

Di coloro che ebbero modo di conoscere personalmente Paolo Borsellino, di condividere con lui i patemi dei suoi ultimi mesi di vita, di attraversare quella tragica stagione di sangue quando tutto sembrava perduto, come ebbe a dire Antonino Caponnetto in un momento di sconforto e di verità, ed un intero popolo che si sentiva improvvisamente orfano, si riversava nelle piazze gridando il proprio sdegno nei confronti degli esponenti di una classe politica che appariva imbelle e di uno stato che si era rivelato incapace di proteggere da una morte annunciata i suoi figli migliori. 

Ho ancora negli occhi l’immagine di un Presidente della Repubblica che venuto a Palermo dopo la strage di via D’Amelio, rimase prigioniero nella morsa di una folla immane; una folla che travolse nel suo incontenibile impeto i cordoni di protezione della polizia e dalle cui fila si alzava veemente il grido “assassini” rivolto all’indirizzo dei massimi esponenti delle istituzioni. 

Ogni anno che trascorre mi chiedo quanto di questo vissuto sia rimasto e resterà nella memoria collettiva dei nuovi abitanti di questo palazzo, delle giovani generazioni di magistrati, di avvocati, di funzionari destinati a sostituirci. 

Sei povero? Tranquillo, la riforma del Senato è pronta

Chissà come sono contenti della riforma del Senato i sei milioni e ventimila poveri assoluti d’Italia, aumentati nell’ultimo anno di un milione e 206 mila unità. E chissà come sono entusiasti del nuovo corso i dieci milioni di poveri “relativi” e come gongolano vedendo che le priorità di chi li governa riguardano il castigo per i senatori dissidenti, le mediazioni di Calderoli e il patto del Nazareno. Faranno la òla, altroché, di fronte al nuovo che avanza. Per ora il “nuovo” è che loro aumentano a ritmo spaventoso, e un altro “nuovo” è che la povertà – anche quella assoluta – riguarda anche gente che lavora. Come dire che il disagio e l’indigenza non sono più (da un bel pezzo) faccende di marginalità, ma componenti strutturali del paese (il 10% di poveri assoluti, quasi il 15% di poveri relativi), componenti strutturali a cui si presentano priorità come “governabilità”, “stabilità” e non, come si sarebbe detto un tempo, pane e lavoro.
I dati Istat diffusi ieri, come spesso fanno i numeri, specie se spaventosi, fanno un po’ di giustizia di tanti discorsetti teorici. Uno su tutti: l’eterna, Renzinoiosissima, stucchevole diatriba su destra e sinistra. Categorie vecchie: ora va di moda il sopra e sotto, il di fianco, l’oltre, e altre belle paroline utili all’ammuina. Poi, in una pausa della creatività ideologica corrente, arrivano quei numeri a ricordare che la forbice della diseguaglianza continua ad aprirsi, che i poveri aumentano (di moltissimo) e che il paese è ormai due paesi: chi ce la fa e chi non ce la fa. Con in mezzo chi ce la fa a fatica e vive nel terrore del passaggio di categoria, verso la retrocessione, ovviamente. A questi ultimi sono andati gli 80 euro di Renzi: un po ’ di ossigeno ai “quasi poveri” che un tempo si sarebbero detti ceto medio.

mercoledì 23 luglio 2014

Giustizia, da Renzi parole in libertà

di Angelo Cannatà 

È incredibile come Renzi possa fare e dire tutto (e di più). Il patto del Nazareno contiene forti anomalie. I contenuti sono segreti: è compatibile ciò con la democrazia? L’accordo è siglato con un condannato ai servizi sociali: in quale Paese al mondo è mai accaduta una cosa simile? Oggi rincara la dose. Dice che il patto col Caimano sulle riforme sarebbe andato avanti anche senza l’assoluzione. Non si tratta solo della sicurezza di un leader. C’è qualcosa di più: l’arroganza; il primato della politica (la sua) sull’etica e la giustizia; il delirio d’onnipotenza. 

Che vuol dire: “mantenevo la parola anche se Berlusconi fosse stato condannato”? Significa – se le parole hanno un senso – “ho chiuso gli occhi sulla frode fiscale, avrei fatto lo stesso per la concussione al pubblico ufficiale e la corruzione di minorenne”. È gravissimo. 

Viene posto il principio che qualsiasi cosa abbia compiuto (o compia) il Caimano, si va avanti. L’urgenza di riformare la Costituzione con un simile figuro – Perché con lui? Perché adesso? Perché in fretta? – viene prima di tutto. Non importa se centinaia di migliaia di cittadini non sono d’accordo, se non condividono né l’interlocutore né il progetto. Vale solo la volontà di agire, di riuscire dove altri hanno fallito. Non conta con chi si scrivono le riforme (e come). Basta farle. Nel Pd c’è dissenso? Nel Paese c’è una raccolta di firme? “Cosa vogliono, ho il 40,08%”. Renzi non si ferma. È così. Ma una domanda sorge spontanea. 

Il diritto e lo Stato nel Paese delle Meraviglie


di Giuseppe Panissidi
Non è un mondo per bambini. "Che roba! Roba dell'altro mondo! Tutto il mondo, oggi, è roba dell'altro mondo! E pensare che fino a ieri le cose avevano un capo e una coda!”, esclama Alice. Ma non è neppure un mondo per adulti, qualora salti ogni criterio di rilevanza, declinata nel doveroso rispetto delle più elementari regole logico-linguistiche. Che, nel Paese di Alice, vengono “istituzionalmente” violate. 

In Italia e fuori, ora riecheggia una domanda: è uno scherzo? E’ uno scherzo l’assoluzione in Appello di un ex premier, malgrado la “confessione” della sua difesa, che una Corte di Giustizia, mentre assolve, sembra non condividere. Uno scenario davvero intrigante. 

Nella grottesca “notte degli imbrogli e dei sotterfugi” di manzoniana memoria, un primo ministro chiama un ufficio dello Stato per sollecitare il rilascio di una minore, conosciuta come tale, evidentemente. Ché, se maggiorenne, il problema non si sarebbe neanche posto. Per un matrimonio che… s’ha da fare, per quel “lieto fine” di cui ironicamente parla Leonardo Sciascia, in riferimento all’Italia-“sistema di don Abbondio”, illuminante saggio di Angelandrea Zottoli, or è quasi un secolo. Un sistema che significativamente vede don Abbondio, ancorché immutato, “unico vincente”, mentre Renzo e Lucia ripartono e la Provvidenza incassa qualche consolatoria e simbolica crisi di coscienza. 

Nel rapido corso del giudizio d’impugnazione, la difesa attribuisce la frenetica reazione di quell’ufficio al “timore reverenziale” suscitato, appunto, da quell’altissima carica dello Stato. Più che giusto, non si sarebbe potuto dire meglio. La Corte condivide? Se non ché, “timore”, lungi dal concretare una categoria linguistica e psicologica neutra e insignificante, denota uno specifico “stato d’ansia e di turbamento”, che, non v’è dubbio, può derivare anche dal naturale “sentimento di soggezione” rispetto a un alto e potente interlocutore, se telefonico o meno non importa. Da qui, tutta l’agitazione psicomotoria di quella notte. 

martedì 22 luglio 2014

Salviamo i valori dell’Italia nata dalla Resistenza

di Paolo Flores d’Arcais, da il Fatto quotidiano, 22 luglio 2014 
Ho aderito subito con entusiasmo alle 10 proposte “aperte” lanciate dal Fatto Quotidiano. Con entusiasmo, perché l’iniziativa voluta da Antonio Padellaro, Marco Travaglio e Peter Gomez riprende la più nobile tradizione del grande giornalismo americano dall’epoca di Thomas Jefferson: l’impegno politico diretto delle testate democratiche. Allora, perché ancora inesistenti i grandi partiti politici rappresentativi, oggi in Italia perché ormai autoreferenziali, “rappresentativi” solo del kombinat affaristico-politico-corruttivo che caratterizza innanzitutto e per lo più l’establishment del nostro paese. 

Esiste certamente un’opposizione parlamentare, che si esprime in sostanza esclusivamente nel Movimento 5 Stelle, il cui carattere ondivago e la cui struttura organizzativa e comunicativa “proprietaria” si sono però dimostrati deleteri di fronte alla potenza della tenaglia messa in atto dal patto Renzi-Berlusconi propiziato dal lord protettore del nuovo regime: Giorgio Napolitano. 

In questa situazione, del resto, che nel servo encomio dei media verso il governo vede ormai la normalità, il giornalismo-giornalismo, proprio per essere tale, imparziale (che è cosa diversissima da equidistante) e soggetto solo alle “modeste verità di fatto” (senza il rispetto delle quali, ammoniva Hannah Arendt, ci si è già incamminati sulla via del totalitarismo) deve farsi anche, e sempre più spesso, direttamente agire politico. 

lunedì 21 luglio 2014

Renzi ci sta portando nell'Inferno del TTIP

Così pochi giorni fa abbiamo udito le voci del ventriloquo uscire dalle bocche dei nostri governanti. L’ineffabile Renzi, colui che il più delle volte parla senza dire alcunché (è anche questa una capacità molto importante per i politici di oggi, ma bisogna dare a lui il merito di averla portata alle vette del sublime), stavolta, animato dal ventriloquo, ha detto qualcosa di concreto: che bisogna firmare subito il Ttip, il trattato internazionale di libero commercio tra Usa ed Europa. «E’ tutto a nostro vantaggio», ha detto il ventriloquo. «Sst!… Guerrino dorme, non risvegliamolo. Vorrei sbagliarmi, ma credo che ogni giorno di più dubita di non esistere, d’essere un’armatura piena di vento…» (Gesualdo Bufalino). Dice che venderemo più facilmente i nostri prosciutti e il nostro parmigiano agli americani. Finalmente. Allora ci metteremo tutti a produrre prosciutti e parmigiano, e cargo di prosciutti e parmigiano, e magari vino Chianti e Brunello partiranno per l’America, inondando le mense Usa e sostituendo hamburger, popcorn, cibi in scatola e in plastica di ogni genere e tipo.

Sos: il Tesoro accumula miliardi, teme il crac dell’euro?

Siamo venuti a sapere, da fonte interna e autorevole del ministero competente, che il Tesoro italiano sta accumulando una riserva di denaro liquido superiore al momento attuale ai 92 miliardi di euro – con l’obbiettivo di raggiungere i 150 entro fine anno – in vista del tracollo della valuta unica europea. Immagino non sia sfuggito ai più che Banca d’Italia abbia comunicato l’ammontare del debito pubblico, arrivato a 2.166,3 miliardi, e che il motivo dell’impennata sia anche da addebitare agli oltre 14 miliardi accantonati proprio dal Tesoro. Quasi quindici, per la precisione. Perchè? Perchè far crescere il debito per accantonare contanti? Che senso ha? Da notare che nel 2013 la scorta di liquidi di questa funzione centrale dello Stato era molto inferiore: 62,4 miliardi. Ebbene, in un anno è cresciuta del 50% dell’importo precedente. Non si tratta di aggiustamenti di cassa. Quelli, si contano con le virgole.

sabato 19 luglio 2014

CAMERON SFIDA JUNCKER: L'EUROPA E' FINITA ?

DI ROSANNA SPADINI
comedonchisciotte.org


Nel "Game of Thrones" della terra sterminata di Eurolandia si stanno addensando furiosi venti di guerra. In questa strana dimensione, che l’androide eurosapiens  conosce da troppo tempo, le regole che non hanno mai funzionato, non funzionano più. Ed ecco che con buona pace dei 28 premier europei, maggiordomi cloroformizzati dal potere imperante delle oligarchie finanziarie, è stato nominato nuovo Presidente della Commissione Europea  Jean-Claude Juncker, il coniglio dagli occhi mansueti e dal cuore volpino.


Lo aveva annunciato il 26 giugno scorso il presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, con 140 caratteri  su Twitter, nuovo organo istituzionale della “democrazia liquida” del villaggio globale.


Infatti la nomina è stata designata dal Consiglio Europeo con un voto a maggioranza di 26 Paesi a favore contro 2 contrari (Gran Bretagna e Ungheria). L'elezione di Jean-Claude poi è avvenuta il 15 luglio a Strasburgo, con un'ampia e forte maggioranza dell'Europarlamento (422 voti su 750).
Intanto dal Regno Unito, che sta registrando il tasso di occupazione al massimo storico (del resto loro non conoscono l'euro), il premier David Cameron ha lanciato il guanto di sfida sulla guanciotta del coniglietto dal cuore di volpe, or ora eletto alla presidenza della Commissione.
Dopo la fallimentare battaglia contro la sua nomina quindi  Cameron ha deciso di rimpastare il governo, cacciando i ministri eurofili dall'esecutivo. Trascorsa tra odi e vendette la “notte dei lunghi coltelli”,  Michael Gove non sarà più il ministro dell’istruzione e diventerà il nuovo chief whip, il capogruppo parlamentare del partito conservatore, mentre il segretario della difesa, l’euroscettico Philip Hammond, sarà il nuovo ministro degli esteri al posto di William Hague. Lasciano inoltre i loro uffici anche altri eminenti "europeisti" ora caduti in disgrazia, come Kenneth Clarke, Damian Green e David Willetts.
E se ciò non bastasse Cameron promette anche di indire un referendum l'anno prossimo per uscire al più presto dall'Unione Europea. La sfida quindi è partita e c'è chi giura che ormai l'Europa avrebbe i suoi bei giorni contati.

Granville: l’euro crollerà, ma il potere non lo ammette

Sono convinta che la zona euro finirà. Non conosco né l’ora né il momento, ma il rischio è che tale dissoluzione avvenga nel caos più totale, per colpa dell’accanimento ideologico della classe politica e del suo rifiuto di contemplare il fallimento politico costituito dal progetto euro. Con le elezioni europee del 25 maggio scorso, le popolazioni hanno inviato un messaggio chiaro a Bruxelles: gli europei non sono più disposti a rinunciare ulteriormente a quote della loro sovranità e vogliono rinegoziare le concessioni fatte in passato. La nuova Commissione e il nuovo Parlamento Europeo, però, non ascolteranno questa volontà di cambiamento. Il loro comportamento sarà tale da rendere inutile il voto dato agli anti-euro, che costruiranno una minoranza che sarà ignorata completamente. In funzione del mandato democratico, l’élite politica considera che nulla è cambiato e che, proprio per questo, ha tutto il diritto di continuare ad agire come se nulla fosse accaduto.
Credo che il principale problema con i partiti politici europei sia il fatto che non corrispondono più alla realtà della nostra epoca. La maggior parte non Brigitte Granvilleascolta la voce del popolo e il loro comportamento è più rappresentativo dell’epoca feudale che della modernità. Il modo in cui quell’élite politica viene formata e poi “eletta” non ha nulla di democratico se non il nome, poiché la scelta è circoscritta ad un’élite che conosce tutti gli ingranaggi della politica ma ignora le necessità economiche attuali. In Francia, ad esempio, molta della classepolitica si è formata all’Ena, il cui scopo iniziale era di selezionare alti funzionari di Stato, ossia persone in grado di eseguire e di mettere in atto le azioni decise da politici eletti e rappresentativi dell’opinione pubblica. Oggi questi alti funzionari si sono impadroniti del potere.

venerdì 18 luglio 2014

Ecco il modello Germania con cui Renzi vuol portare alla fame gli Italiani

Mario Monti, 20 gennaio 2013: «Noi ammiriamo la Germania e vogliamo imitarla in alcune riforme». Matteo Renzi, 17 marzo 2014: «La pretesa di creare posti di lavoro con una legislazione molto severa e strutturata è fallita, dobbiamo cambiare le regole del gioco: in questo senso abbiamo nella Germania il nostro punto di riferimento». “Fare come la Germania” è il mantra di tutti, fino al Jobs Act renziano. Storia: nel 2003 il socialdemocratico Schroeder ha smantellato i diritti sociali e tagliato gli stipendi ai lavoratori, per poter rilanciare un’economia basata interamente sull’export e quindi sul basso costo del lavoro. La riforma prende il nome da Peter Hartz, industriale della Volkswagen. Un genio? Fate voi: “Hartz ammette di aver corrotto i sindacalisti Vw ed evita 10 anni di carcere”, titolò di recente il “Sole 24 Ore”. Facile, no? Risultato: nel regno della Merkel dilagano i mini-job da 450 euro, che dopo una vita di lavoro danno diritto a una pensione di 200 euro mensili.
Sul sito “MeMmt.info”, Daniele Della Bona ripercorre i passaggi chiave del falso “miracolo” tedesco, basato sul doppio ricatto imposto ai lavoratori e ai Hartz, il padre delle riforme tedesche, ha corrotto i sindacatipartner europei, costretti alla politica di rigore per colpire l’industria nazionale e quindi smantellare la concorrenza industriale, dell’Italia in primis, così scomoda per la manifattura tedesca. Per Roland Berger, storico consulente di Berlino, la chiave delle riforme iniziate nel 2003 è stata «una liberalizzazione del mercato del lavoro», con stipendi rimasti al palo rispetto all’incremento della produttività, a tutto vantaggio del capitale industriale. «Poi è seguito il taglio dei costi del sistema sociale, l’aumento dell’ età pensionabile a 67 anni, la creazione di un segmento di bassi salari». Una confessione peraltro tardiva, rileva Della Bona nel post ripreso dal blog “Vox Populi”. Più tempestivo era stato lo stesso Schroeder, il cancelliere che regalò un maxi-sconto a Gazprom per poi essere profumatamente assunto dalla compagnia russa. Già nel 2005, al World Economic Forum di Davos, Schroeder ammise: «Abbiamo dato vita ad uno dei migliori settori a bassa salario in Europa».

VERSO UN'EUROPA UNITA E LIBERA (DA DERUBARE)

DI TONY CARTALUCCI
journal-neo.org

Quando i gruppi di potere che hanno creato e dirigono il programma della UE entrano in disaccordo con i suoi stati membri, diventa dolorosamente visibile la vera natura di questa organizzazione sovranazionale – un gruppo dittatoriale di potere che persegue cioè delle linee politiche locali dalle quali nessuno dei singoli stati membri trae vantaggio. Ad esemplificare ciò nulla potrebbe risultare meglio della disputa emersa per la realizzazione del gasdotto russo South Stream, pianificato per estendersi attraverso Bulgaria, Serbia, Ungheria e Italia.
Il gasdotto produrrebbe un largo numero di vantaggi per ognuna delle nazioni attraversate, nonché al mercato dell’energia degli Stati che si trovano al suo inizio e fine. Per le popolazioni e i governi di queste nazioni in posizione di maggior beneficio rispetto al gasdotto, l’affare si presenta come un attraente investimento a lungo termine.


Dall’altro lato, però, questo affare rappresenta una minaccia diretta per i gruppi di potere che hanno creato e attualmente comandano la UE: una minaccia ai loro disegni di persistente espansione ed egemonia della finanza d'impresa oltre i confini collettivi dell’attuale UE.
Per la forza dominante, la coesistenza e la collaborazione non sono nemmeno prese in considerazione tra le opzioni possibili, proprio per questo i vantaggi del gasdotto South Stream sfuggono a questa logica. Invece, questi gruppi di potere egemonici cercano di controllare i loro stessi gasdotti e mercati dell’energia da entrambi i lati, e questa tendenza può essere riscontrata su diversi fronti in sviluppo, incluso il progetto del gasdotto Southern Corridor, che avrebbe origine in Azerbaijan lungo il Mar Caspio
Sinan Ulgen, esperto in tema di energia e politiche estere del think tank Carnegie Europe (e supportato dal Governo degli Stati Uniti e da finanziamenti d’impresa), si è lamentato della disparità di atteggiamento tra la Commissione UE ed altri singoli stati membri UE; nell’articolo della Anadolu Agency (AA) titolato Russian South Stream gas pipeline divides EU”, [“Il gasdotto russo South Stream divide l’Unione Europea”, ndt] dichiara:
“…la maggiore preoccupazione della UE riguardo al South Stream è che il progetto possa incrementare la sua dipendenza dal gas russo. Lo scorso anno un terzo del gas consumato è stato fornito dalla Russia."

giovedì 17 luglio 2014

Le Riforme di Renzi: Made in P2

DI MARCO TRAVAGLIO
ilfattoquotidiano.it   

“Nei confronti del mondo politico occorre… usare gli strumenti finanziari… per l’immediata nascita di due movimenti: l’uno sulla sinistra… e l’altro sulla destra… fondati da altrettanti clubs promotori composti da uomini politici ed esponenti della società civile. Tutti i promotori debbono essere inattaccabili per rigore morale, capacità, onestà e tendenzialmente disponibili per un’azione politica pragmatistica, con rinuncia alle consuete e fruste chiavi ideologiche”. Così scriveva Licio Gelli nel Piano di Rinascita Democratica, elaborato intorno al 1976 con l’aiuto di alcuni “saggi” e sequestrato nell’82 a Fiumicino nel doppiofondo della valigia della figlia Maria Grazia. Ora, se andrà in porto la controriforma elettorale e costituzionale, sarà accontentato: a parte il rigore morale, la capacità e l’onestà, ormai fuori moda, avremo finalmente due partiti generalisti e “pragmatisti” – il Pd fa la sinistra e FI la destra – con programmi simili e molto “disponibili” (infatti governano e “riformano” insieme da tre anni; peccato per l’imprevisto dei 5Stelle). 


Quanto al Parlamento, il capo della P2 sfoderava una gamma di proposte davvero profetiche. “Ripartizione di competenze fra le due Camere” con due “nuove leggi elettorali diverse: per la Camera di tipo misto (uninominale e proporzionale secondo il modello tedesco)”; e – udite udite –“per il Senato di rappresentanza di 2° grado, regionale, degli interessi economici, sociali e culturali”. Uno spettacolare caso di telepatia vuole che proprio questo sia il “Senato delle Autonomie” inventato da Renzi & B: Camera elettiva, ma fino a un certo punto (l’Italicum, con le liste bloccate dei deputati nominati, rende il Piano di Gelli un tantino troppo democratico); e Senato con elezione di “secondo grado”, cioè con i consigli regionali che nominano senatori 95 fra consiglieri e sindaci. 

Riforme, la Resistenza tradita

Nella settimana appena iniziata si giocherà una partita decisiva per la Repubblica. Quel progetto di scompaginare l’architettura dei poteri come disegnata dai costituenti, che è stato il chiodo fisso della grande riforma propugnata da Berlusconi, sfociata nella riforma della II parte della Costituzione che il popolo italiano ha bocciato con il referendum del 25/26 giugno del 2006, sta per andare in porto con nuove forme e grazie ad un nuovo attore politico. Per quanto articolato diversamente, si tratta dello stesso progetto politico-istituzionale.
Esso si sviluppa su due fronti: la riforma elettorale e la riforma costituzionale. Questi due cantieri interagiscono fra loro e puntano a realizzare il medesimo obiettivo: cambiare i connotati alla democrazia italiana realizzando un sistema politico che il compianto prof. Elia qualificò come “premierato assoluto”. Quel sistema di pesi e contrappesi che i costituenti, memori dell’esperienza fascista, avevano delineato per scongiurare il pericolo della dittatura della maggioranza, sarà profondamente squilibrato per realizzare un nuovo modello istituzionale che persegue la concentrazione dei poteri nelle mani del capo dell’esecutivo, a scapito del Parlamento e delle istituzioni di garanzia.

“La Riforma di Renzi? Peggio della P2”. Intervista a Pancho Pardi

Per il professore con la modifica al Titolo V della Costituzione in Italia si instaurerà “una dittatura della maggioranza”, per questo invita a partecipare domani alla manifestazione davanti al Senato: “E’ ora il momento di far sentire la nostra voce, settembre può essere troppo tardi. E’ il benvenuto chiunque abbia a cuore i valori della nostra Carta”

Intervista a Pancho Pardi di Giacomo Russo Spena

“E’ peggio della riforma della P2”, “vogliono instaurare la dittatura della maggioranza”, “Renzi sta applicando il programma di Berlusconi”. Netto ed inequivocabile. Pancho Pardi, da giorni, sta lavorando per la riuscita della manifestazione in difesa della Costituzione e per fermare la modifica del Titolo V. L’appuntamento è per domani, 15 luglio, alle ore 10 davanti al Senato: “Invito tutti a partecipare, è in ballo il nostro futuro”.

Professor Pancho Pardi, quali sono gli aspetti della riforma che tanto la spaventano?
In primis, questo Parlamento non ha alcuna legittimità a legiferare sulla Costituzione essendo composto da nominati in base a una legge elettorale, il Porcellum, ritenuta incostituzionale dalla Consulta. Di cosa stiamo parlando? Abbiano il buon gusto e la serietà di legiferare su temi come lo sviluppo, il lavoro, l’economia, i diritti civili ma si astengano rigorosamente dal toccare la nostra Carta. È un’anomalia pericolosissima. Il soggetto promotore è senza diritto: solo Camere elette con una legge che restauri il principio dell'articolo 48 (il voto è personale ed eguale) potranno modificare la Costituzione. In secondo luogo, ci vogliono far credere che il bicameralismo sia la causa di tutti i mali. Una bugia. Da tempo il Parlamento è esautorato dai propri compiti: si governa il Paese tramite decreti leggi con le Aule relegate al solo compito di votare la fiducia. I disegni di legge sono rarissimi e il potere legislativo è di fatto nelle mani dell’esecutivo. Il vero problema è che la maggioranza non è compatta e i leader non riescono a gestire i propri partiti.