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mercoledì 31 luglio 2019

L'illusione del Cambiamento in cui è cascata l'Italia dei SI a tutti i costi

di Marco Travaglio

Soltanto in un Paese smemorato come il nostro poteva avere successo lo slogan di Salvini, che l’ha copiato da Renzi, che l’ha copiato da Berlusconi, sull’ “Italia dei Sì” (bella) contro l’ “Italia dei No” (brutta). Chi scrive si è sempre identificato nel motto di Longanesi “Sono un conservatore in un Paese in cui non c’è nulla da conservare”. E da almeno trent’anni constata che – salvo rare eccezioni, da contare sulla dita delle mani di un monco – le cosiddette “riforme” di una classe politica perlopiù indecente hanno regolarmente peggiorato le cose. Eppure tutti quelli che, a ogni “riforma” strillavano come ossessi il loro “sì”, dovrebbero chiedere scusa e possibilmente pagare i danni a chi, inascoltato, diceva “no”.




Anche nella forma più educata e un po’ surreale di Bartleby lo scrivano del famoso racconto di Herman Melville: “Preferirei di no”. L’ultima volta che un bel No ci salvò da guai incalcolabili fu al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, quando respingemmo la schiforma Renzi-Boschi-Verdini e preservammo la nostra Carta fondamentale.


sabato 20 luglio 2019

Borsellino: la strage, il depistaggio e i Giuda

di Lorenzo Baldo

“Questo palcoscenico è Palermo, gli attori sul banco degli imputati sono capimafia e uomini delle istituzioni. Questo è il palcoscenico di una tragedia, un palcoscenico di intrighi, misteri, morte. Ma anche un palcoscenico di vita, passione, lotta. Palcoscenico di una storia straordinaria, comunque, in cui il bene e il male si confrontano al massimo livello”. Con le maestose immagini del Teatro Massimo di Palermo iniziava il film “A very sicilian justice” che vedeva protagonista il pm Nino Di Matteo e il processo sulla trattativa Stato-mafia. Nel giorno dell’anniversario della strage di via D’Amelio quelle parole volano alte sopra questa città dove realmente il bene e il male si confrontano al massimo livello. E si confrontano in maniera sempre più subdola, con il bianco e il nero spesso confusi tra loro.




Ma quel palcoscenico è sempre lì: cambiano gli attori, le maschere, le comparse, ma il copione deve essere recitato all’infinito. Un copione ibrido, che a volte lascia basiti, disorientati, svuotati, disillusi: chi è il nemico e perché arriva il fuoco amico? Mera retorica, si dirà.


sabato 13 luglio 2019

La forza dell'Italia è che se uscisse dall'Euro l'intero Sistema crollerebbe

Marina Tantushyan

Dopo mesi di minacce e intesi negoziati l’Italia ha miracolosamente trovato l’intesa con Bruxelles – la procedura per debito eccessivo non verrà avviata.

Secondo la versione ufficiale, il governo italiano ha dimostrato di poter ridurre il debito e rientrare nei parametri europei in maniera concreta e rapida rispettando i vincoli del Patto di Stabilità per il 2020.

Come l’Italia ha convinto l’Europa? In che modo il governo intende muoversi per aumentare il potenziale dell’Italia di crescita? Cosa succede adesso? La partita negoziale con l’Ue è definitivamente chiusa oppure si tratta della quiete prima la tempesta? Per parlarne Sputnik Italia ha raggiunto il noto economista e analista tedesco Marc Friedrich.

– Dott. Friedrich, a Suo avviso, come il governo italiano è riuscito a convincere l’Europa e evitare la procedura di infrazione? Perché l’Ue ha deciso di fare retromarcia?

– Il problema è che l’Italia ha una grande leva. L’Italia può ricattare l’Unione europea e Bruxelles perché sa perfettamente che il destino dell’Unione europea e dell’euro dipende da lei per una semplice ragione – l’Italia è la terza economia europea per grandezza, è un paese molto importante per l’euro e per l’Unione europea in generale, e se dovesse uscire dal sistema monetario dell’Unione europea, l’euro e l’intero sistema collasserebbero.




Ecco perché Bruxelles non vuole inasprire l’intera situazione. Nonostante tutti i problemi, l’UE non ha avviato l’azione disciplinare contro Italia e cosi l’Italia ha di nuovo guadagnato tempo.