Lo snodo dell’indagine è partito dal documento degli ispettori di Bankitalia, che con le contestazioni del febbraio 2015 hanno portato al commissariamento della banca.
Nelle carte degli ispettori si legge: “L’accordo per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro con l’ex direttore generale Luca Bronchi, che aveva ricoperto la carica da luglio 2008, non è risultato in linea con le disposizioni in materia di politiche e prassi di remunerazione e incentivazione, vigenti all’epoca dei fatti, che prevedevano, in caso di risoluzione anticipata del rapporto, il collegamento dei compensi alla performance realizzata e ai rischi assunti”.
La svolta – Quel che quindi ha portato alla formazione dell’accusa è stata una deliberazione di quel Cda: “Il Cda del 30 giugno 2014 ha approvato detto accordo (che prevedeva per Bronchi un indennizzo di un milione e duecentomila euro) nonostante il grave deterioramento della situazione tecnica della banca e non ha vagliato l’ipotesi di contestare al dirigente responsabilità specifiche. L’organo, infine – contuinavano gli ispettori – non ha tenuto conto del ‘documento sulle politiche di remunerazione e incentivazione’ approvato dall’Assemblea dei soci di Banca Etruria nel maggio 2014 che non consentiva la corresponsione di alcuna forma di incentivazione al ‘personale più rilevante'”. Dai documenti sequestrati dalla Procura emergerebbe che il consenso dei vertici della banca per l’elargizione del compenso sia stato unanime, così la Procura ha fatto propri i sospetti degli ispettori di Bankitalia.
fonte: ControInformazione