di CARLO BERTANI
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Renzi è nei guai, inutile raccontarsela, come del resto lo è Mattarella e tutto la compagnia cantante, e pure quelli che fanno finta di cantare. Soprattutto dopo il diktat di Obama: l’Italia deve andare in Libia! A chi lo “scatolone di sabbia”? A noi!
Mi riferisco alla dolorosa e triste vicenda, conclusasi con la morte (almeno, secondo le ultime notizie) dei due tecnici italiani in Libia. Due tecnici rapiti da Daesh (?) lo scorso anno, non una vicenda recentissima. E’ qui la stranezza della vicenda.
Da anni siamo abituati alla Farnesina in versione “cassaforte” e “banca” nei confronti dei rapitori: è una pratica normale, che è sempre esistita.
Dai tempi nei quali ci s’affrontava all’arma bianca, la vita la perdevano i poveracci: appena disarcionato dal suo cavallo, il cavaliere si sentiva fare la domanda di rito “Di quale casata sei?” Il movimento successivo del coltello, infilato fra la corazza e l’elmo, dipendeva da quella risposta.
Oggi, che personale italiano dipendente da aziende petrolifere, o di costruzioni (sempre al servizio delle suddette aziende) si trovi in Libia, nel bel mezzo di una guerra fra bande, è cosa risaputa e normale che stiano lì, nel bel mezzo dei Kalashnikov che cantano. Business as usual, gas e petrolio devono giungere alle nostre case, altrimenti il business si ferma e...non si può!
Qual è la condizione?
L’accordo essenziale, per quelle aziende, è che – su tutto – veglieranno i servizi segreti, se andasse male interverrà il Ministero degli Esteri...lo hanno già fatto, no? Le due ragazze che lavoravano per una ONG in Siria sono state salvate, vero? Basta pagare il riscatto, e allora...
Per i lavoratori, questa dev’essere stata la rassicurazione che hanno ricevuto dalle loro aziende: che, successivamente, li hanno “rivenduti” ai servizi, i quali aspettano ordini. Da chi? Provate ad indovinarlo!
Che i guerriglieri di Daesh non sapessero ci sembra molto strano: Daesh è una holding sempre a caccia di soldi, dal petrolio alle antichità, dal traffico di migranti a quello degli organi dei prigionieri, destinati al trapianto. Su questo turpe mercato, scriverò presto un nuovo articolo, perché – anche se la Malatempora non c’è più – non dare un seguito al mio “Ladri di organi” mi sembra una bestemmia, una perfidia nei confronti di chi viene macellato per le camere operatorie.
Ma torniamo alla vicenda.
C’è una paradossale vicinanza con la storia raccontata ne “Il ponte delle spie” di Spielberg: una storia della mia gioventù, quando i russi abbatterono l’U-2.
Il paradosso fra le due vicende, sta nella visita che l’avvocato difensore della spia russa compie a casa del giudice, prima della sentenza, e gli ricorda “E se domani, per un caso fortuito, prendessero uno dei nostri? Ci converrebbe avere una pedina di scambio”. Difatti, la spia russa fu condannata ad una lunga detenzione e non “fritta” sulla sedia elettrica. Ed il caso dell’U-2, puntualmente, si verificò. E furono scambiati.
Invece, Daesh – che sa d’avere fra le mani qualche milioncino di euro, sicuro sicuro – li porta in prima linea a fare da scudi umani...ma quale furbizia! Chi ha pagato “qualche milioncino + tot” perché l’esito fosse diverso?
Un caso d’analogia all’opposto, con Renzi che deve trovare una pezza giustificativa nei confronti dell’opinione pubblica per andare in Libia ed accontentare il suo padrone Obama...ma non è Andreotti! La fa semplice, il ragazzotto (che solo un presidente padre/padrone ha messo in cattedra, tanto per ricordarlo): passa la pratica all’ufficio...tu sai quale...
Adesso sono partiti 50 incursori – che in Libia sono come un bruscolino in mezzo ad una tempesta di sabbia – ma gli incursori, si sa, possono anche trasformarsi in istruttori...atti alla bisogna, anche se drammaticamente bruscolini.
In ogni modo, italiani, adesso caricatevi bene di rabbia: vendetta! Tremenda vendetta!
Fonte: http://carlobertani.blogspot.it