Salvare il clima non vuol dire sacrificare posti di lavoro, ma crearne. Questa la riflessione centrale portata a Parigi dai sindacati riuniti nel network Trade Unions for Energy Democracy: pensare a come ridurre le emissioni non può prescindere da una riflessione, urgente, sul lavoro e i diritti del lavoro. Sono circa cinquanta le reti sindacali che partecipano al network, provenienti da 17 paesi: Argentina, Australia, Brasile, Canada, India, Italia (ne è partner la CGIL), Corea, Nepal, Norvegia, Filippine, Perú, Sud Africa, Russia, Svizzera, Trinidad e Tobago, Regno Unito, Usa.
Il focus: mettere in piedi un'iniziativa globale e multi settoriale con l'obiettivo di promuovere il controllo democratico dell'energia e in questo modo trovare soluzioni per la crisi climatica, la povertà energetica, l'attacco ai diritti dei lavoratori.
Nonostante nel mondo si produca ogni anno più energia, infatti, l'accesso ai servizi energetici è ancora negato al 20% della popolazione mondiale. Per rispondere a questa esigenza, la rete mira a costruire e rafforzare una comunità sindacale mondiale e un piano di lavoro complessivo che tenga al suo interno battaglie sociali, campagne sindacali e iniziative politiche utili a rafforzare la battaglia comune.
Un'esigenza, quella di una alleanza ampia e inclusiva, sentita e ripresa anche dalla Campagna Mondiale per il Lavoro in Difesa del Clima, che raccoglie al suo interno realtà organizzate di diversi paesi: Bridge to the future (Norvegia), Campaign against Climate Change (Regno Unito), Climate Works for All (Usa), Climaximo (Portogallo), Green Economy Network (Canada), One Million Climate Jobs Campaign (Sud Africa) e il Work Centre (Filippine).
Per fermare la febbre del pianeta, secondo il documento presentato dalla Campagna, servirà a livello globale e per i prossimi venti anni, l'impegno di 120 milioni di lavoratori impiegati ogni anno in attività a difesa del clima. Tra esse, l'efficientamento energetico degli edifici; l'implementazione massiva e diffusa di fonti di energia rinnovabile; la transizione verso forme di trasporto sostenibili; la conversione ecologica dei processi di produzione industriale.
Ma non solo. Secondo Naomi Klein, attivista e scrittrice canadese, divenuta riferimento mondiale dei movimenti per la giustizia climatica grazie al suo ultimo best seller This Change Everthing, Capitalism VS The Climate, non sono questi gli unici impieghi da definire "verdi". Accanto ad essi occorre valorizzare e capillarizzare la pluralità dei lavori ad alto valore umano: educazione, sanità, assistenza sociale, cura. La Klein è stata invitata a discuterne assieme a Jeremy Corbyn, segretario dei Labour inglesi: nella gremita Salle Olympe de Gouge, nel XI arrondissement di Parigi, i due hanno dato vita ad un dibattito denso di spunti interessanti.
"Sono stato un sindacalista, resto convinto della centralità delle organizzazioni dei lavoratori nell'individuazione di risposte efficaci alle crisi che abbiamo di fronte" ha detto Corbyn nell'incipit del suo lungo intervento. Dopo aver citato Chico Mendez - riscattandone il grande impegno a difesa dell'Amazzonia - e Evo Morales - circa l'importanza di ristabilire, nelle dinamiche economiche, una situazione di equilibrio tra uomo e natura - Corbyn si è soffermato sul catastrofico alluvione che sta colpendo in queste ore Scozia e nord dell'Inghilterra, denunciando l'insufficienza delle misure preventive messe in campo dal governo di Cameron. "Conviene riflettere a fondo sulle decisioni che i leader mondiali prenderanno qui a Parigi. La questione non è più neppure soltanto ecologica: ormai FMI, istituti bancari e grandi istituzioni finanziarie ci avvertono che il Cambiamento climatico è una concreta minaccia anche per la stabilità finanziaria globale". "Per questo - ha aggiunto - abbiamo il dovere di immaginare un mondo diverso. Abbiamo bisogno non solo di leader politici, ma di attivisti, sindacalisti, leader sociali, comunità in prima linea nella lotta per il cambiamento".
Per Corbyn la ricetta c'è già: ripensare a cosa e come produrre; tassare il trasporto di merci, costringere le imprese a pagare la loro impronta in termini di emissioni; sottrarre il controllo dell'energia al cartello di quattro multinazionali che ne governano i destini lavorando da subito per la democrazia energetica, che porterebbe grandi vantaggi in termini non solo climatici, ma anche occupazionali e redistributivi. E, ancor prima, avere chiaro che occorre agire sulle diseguaglianze a livello mondiale che, assieme al cambiamento climatico, sono conseguenza di un modello economico ingiusto e rapace: "Una minoranza di ricchi consuma gran parte delle risorse a danno del resto della popolazione mondiale che oltre a vivere in situazione di povertà paga il prezzo più alto per gli impatti del caos climatico".
Dopo l'accorato applauso che ha sottolineato il discorso di Corbyn, è toccato alla Klein che si è soffermata a lungo sul ruolo della società civile nella sfida climatica, condannando il sostanziale isolamento dalle negoziazioni delle proposte della società civile: "Dobbiamo rivendicare con forza il ruolo dei movimenti sociali e sindacali nella lotta al cambiamenti climatico, del tutto ignorato nelle negoziazioni ufficiali. Quello che stanno discutendo le delegazioni governative blindate a Le Bourget è davvero pericoloso: stando a quanto vi è sul tavolo negoziale, si preanuncia un futuro con 3 o 4 gradi in più di temperatura entro fine secolo. Non possiamo contare sul business as usual per rispondere all'emergenza ambientale: la direzione che prendono le negoziazioni, ovvero indirizzare i futuri investimenti del settore privato, non è efficace né in alcun modo condivisibile".
La Klein ha raccontato l'esperienza canadese, dove nel settembre scorso è stato lanciato un Manifesto politico chiamato Leap, che vuol dire balzo, per rimandare al salto in avanti necessario per abbandonare quanto prima i combustibili fossili. Un manifesto che, si augura la Klein, possa essere quanto prima adottato da altri paesi e che individua strategie di transizione verso un futuro decarbonizzato a partire da pochi ma chiari precetti: rispetto dei diritti collettivi delle comunità locali e dei popoli indigeni, controllo delle comunità sulle proprie risorse rinnovabili, rafforzamento delle economie locali, stop ai progetti estrattivi e ai sussidi ai combustibili fossili, costruzione di infrastrutture in ottica low carbon, investimento sui lavori a bassa densità emissiva, tassazione sulle transazioni finanziarie, istituzione di una carbon tax globale, taglio delle spese militari in favore del sostegno alle politiche di adattamento.
"Un piano complessivo - continua la Klein - che deve necessariamente tenere dentro movimenti ecologisti, forze sindacali, movimenti anti austerity, per i diritti civili o l'uguaglianza di genere. Il documento canadese è stato redatto da sessanta rappresentanti di popoli indigeni, gruppi religiosi, organizzazioni ambientaliste e organizzazioni dei lavoratori". Ha lanciato poi un appuntamento di mobilitazione per sabato: "La linea rossa del grado e mezzo di aumento di temperatura sarà purtroppo ampiamente superata se ci fermeremo al risultato della Cop, per questo il 12 dicembre alle 12 dovremo manifestare contro la violazione di questa linea rossa, che ha già preso migliaia di vite, in Nigeria, Bangledesh, nelle Filippine, a New Orleans etc.".
In Italia il dibattito sul ruolo del sindacato nella transizione ecologica è purtroppo ancora residuale nell'agenda politica nonostante le forze sindacali abbiano iniziato da alcuni anni a riflettere in questa direzione. Le politiche varate negli ultimi anni dai diversi governi succedutisi hanno spinto i sindacati sulla linea difensiva per evitare l'erosione continua di diritti e garanzie acquisite. Ma un rilancio del dibattito sul ruolo del lavoro nel cambiamento di paradigma economico è urgente e necessario. Per aiutare a fissare i termini della discussione, sarà in libreria dal 10 dicembre, edita dall'Ediesse - casa editrice della Cgil - una rassegna sulla conversione ecologica con contributi teorici ed esperienze pratiche in corso in Italia. Il testo, che contiene una prefazione della stessa Naomi Klein è curato dall'Associazione A Sud e raccoglie contributi che spaziano da Viale a Baranes, da Pianta ad Agostinelli. Il titolo: Riconversione, un'utopia concreta. Idee, proposte e prospettive per una conversione ecologica e sociale dell'economia. Un omaggio a un grande pensatore, Alex Langer, a 20 anni dalla sua morte, di cui in questi giorni più che mai si sente terribilmente la mancanza. Per continuare, per dirla con le sue parole, in ciò che è giusto.
Il focus: mettere in piedi un'iniziativa globale e multi settoriale con l'obiettivo di promuovere il controllo democratico dell'energia e in questo modo trovare soluzioni per la crisi climatica, la povertà energetica, l'attacco ai diritti dei lavoratori.
Nonostante nel mondo si produca ogni anno più energia, infatti, l'accesso ai servizi energetici è ancora negato al 20% della popolazione mondiale. Per rispondere a questa esigenza, la rete mira a costruire e rafforzare una comunità sindacale mondiale e un piano di lavoro complessivo che tenga al suo interno battaglie sociali, campagne sindacali e iniziative politiche utili a rafforzare la battaglia comune.
Un'esigenza, quella di una alleanza ampia e inclusiva, sentita e ripresa anche dalla Campagna Mondiale per il Lavoro in Difesa del Clima, che raccoglie al suo interno realtà organizzate di diversi paesi: Bridge to the future (Norvegia), Campaign against Climate Change (Regno Unito), Climate Works for All (Usa), Climaximo (Portogallo), Green Economy Network (Canada), One Million Climate Jobs Campaign (Sud Africa) e il Work Centre (Filippine).
Per fermare la febbre del pianeta, secondo il documento presentato dalla Campagna, servirà a livello globale e per i prossimi venti anni, l'impegno di 120 milioni di lavoratori impiegati ogni anno in attività a difesa del clima. Tra esse, l'efficientamento energetico degli edifici; l'implementazione massiva e diffusa di fonti di energia rinnovabile; la transizione verso forme di trasporto sostenibili; la conversione ecologica dei processi di produzione industriale.
Ma non solo. Secondo Naomi Klein, attivista e scrittrice canadese, divenuta riferimento mondiale dei movimenti per la giustizia climatica grazie al suo ultimo best seller This Change Everthing, Capitalism VS The Climate, non sono questi gli unici impieghi da definire "verdi". Accanto ad essi occorre valorizzare e capillarizzare la pluralità dei lavori ad alto valore umano: educazione, sanità, assistenza sociale, cura. La Klein è stata invitata a discuterne assieme a Jeremy Corbyn, segretario dei Labour inglesi: nella gremita Salle Olympe de Gouge, nel XI arrondissement di Parigi, i due hanno dato vita ad un dibattito denso di spunti interessanti.
"Sono stato un sindacalista, resto convinto della centralità delle organizzazioni dei lavoratori nell'individuazione di risposte efficaci alle crisi che abbiamo di fronte" ha detto Corbyn nell'incipit del suo lungo intervento. Dopo aver citato Chico Mendez - riscattandone il grande impegno a difesa dell'Amazzonia - e Evo Morales - circa l'importanza di ristabilire, nelle dinamiche economiche, una situazione di equilibrio tra uomo e natura - Corbyn si è soffermato sul catastrofico alluvione che sta colpendo in queste ore Scozia e nord dell'Inghilterra, denunciando l'insufficienza delle misure preventive messe in campo dal governo di Cameron. "Conviene riflettere a fondo sulle decisioni che i leader mondiali prenderanno qui a Parigi. La questione non è più neppure soltanto ecologica: ormai FMI, istituti bancari e grandi istituzioni finanziarie ci avvertono che il Cambiamento climatico è una concreta minaccia anche per la stabilità finanziaria globale". "Per questo - ha aggiunto - abbiamo il dovere di immaginare un mondo diverso. Abbiamo bisogno non solo di leader politici, ma di attivisti, sindacalisti, leader sociali, comunità in prima linea nella lotta per il cambiamento".
Per Corbyn la ricetta c'è già: ripensare a cosa e come produrre; tassare il trasporto di merci, costringere le imprese a pagare la loro impronta in termini di emissioni; sottrarre il controllo dell'energia al cartello di quattro multinazionali che ne governano i destini lavorando da subito per la democrazia energetica, che porterebbe grandi vantaggi in termini non solo climatici, ma anche occupazionali e redistributivi. E, ancor prima, avere chiaro che occorre agire sulle diseguaglianze a livello mondiale che, assieme al cambiamento climatico, sono conseguenza di un modello economico ingiusto e rapace: "Una minoranza di ricchi consuma gran parte delle risorse a danno del resto della popolazione mondiale che oltre a vivere in situazione di povertà paga il prezzo più alto per gli impatti del caos climatico".
Dopo l'accorato applauso che ha sottolineato il discorso di Corbyn, è toccato alla Klein che si è soffermata a lungo sul ruolo della società civile nella sfida climatica, condannando il sostanziale isolamento dalle negoziazioni delle proposte della società civile: "Dobbiamo rivendicare con forza il ruolo dei movimenti sociali e sindacali nella lotta al cambiamenti climatico, del tutto ignorato nelle negoziazioni ufficiali. Quello che stanno discutendo le delegazioni governative blindate a Le Bourget è davvero pericoloso: stando a quanto vi è sul tavolo negoziale, si preanuncia un futuro con 3 o 4 gradi in più di temperatura entro fine secolo. Non possiamo contare sul business as usual per rispondere all'emergenza ambientale: la direzione che prendono le negoziazioni, ovvero indirizzare i futuri investimenti del settore privato, non è efficace né in alcun modo condivisibile".
La Klein ha raccontato l'esperienza canadese, dove nel settembre scorso è stato lanciato un Manifesto politico chiamato Leap, che vuol dire balzo, per rimandare al salto in avanti necessario per abbandonare quanto prima i combustibili fossili. Un manifesto che, si augura la Klein, possa essere quanto prima adottato da altri paesi e che individua strategie di transizione verso un futuro decarbonizzato a partire da pochi ma chiari precetti: rispetto dei diritti collettivi delle comunità locali e dei popoli indigeni, controllo delle comunità sulle proprie risorse rinnovabili, rafforzamento delle economie locali, stop ai progetti estrattivi e ai sussidi ai combustibili fossili, costruzione di infrastrutture in ottica low carbon, investimento sui lavori a bassa densità emissiva, tassazione sulle transazioni finanziarie, istituzione di una carbon tax globale, taglio delle spese militari in favore del sostegno alle politiche di adattamento.
"Un piano complessivo - continua la Klein - che deve necessariamente tenere dentro movimenti ecologisti, forze sindacali, movimenti anti austerity, per i diritti civili o l'uguaglianza di genere. Il documento canadese è stato redatto da sessanta rappresentanti di popoli indigeni, gruppi religiosi, organizzazioni ambientaliste e organizzazioni dei lavoratori". Ha lanciato poi un appuntamento di mobilitazione per sabato: "La linea rossa del grado e mezzo di aumento di temperatura sarà purtroppo ampiamente superata se ci fermeremo al risultato della Cop, per questo il 12 dicembre alle 12 dovremo manifestare contro la violazione di questa linea rossa, che ha già preso migliaia di vite, in Nigeria, Bangledesh, nelle Filippine, a New Orleans etc.".
In Italia il dibattito sul ruolo del sindacato nella transizione ecologica è purtroppo ancora residuale nell'agenda politica nonostante le forze sindacali abbiano iniziato da alcuni anni a riflettere in questa direzione. Le politiche varate negli ultimi anni dai diversi governi succedutisi hanno spinto i sindacati sulla linea difensiva per evitare l'erosione continua di diritti e garanzie acquisite. Ma un rilancio del dibattito sul ruolo del lavoro nel cambiamento di paradigma economico è urgente e necessario. Per aiutare a fissare i termini della discussione, sarà in libreria dal 10 dicembre, edita dall'Ediesse - casa editrice della Cgil - una rassegna sulla conversione ecologica con contributi teorici ed esperienze pratiche in corso in Italia. Il testo, che contiene una prefazione della stessa Naomi Klein è curato dall'Associazione A Sud e raccoglie contributi che spaziano da Viale a Baranes, da Pianta ad Agostinelli. Il titolo: Riconversione, un'utopia concreta. Idee, proposte e prospettive per una conversione ecologica e sociale dell'economia. Un omaggio a un grande pensatore, Alex Langer, a 20 anni dalla sua morte, di cui in questi giorni più che mai si sente terribilmente la mancanza. Per continuare, per dirla con le sue parole, in ciò che è giusto.
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