I sostenitori della UE dichiarano una illimitata fiducia nelle istituzioni comunitarie proprio nel momento in cui in tutto il continente cresce la ribellione e la contestazione alle politiche economiche ed al sistema di regole imposto dall’Unione Europea.
Viene detto che, per curare le carenze delle varie situazioni di crisi e di sfiducia generate dalla politica neoliberista attuata dalle istituzioni comunitarie e fatta propria dai governi, “occorre più Europa”, ovvero maggiore sottomissione all’oligarchia tecnocratica europea e cessione di sempre maggiori quote di sovranità.
Sono i discorsi che in Italia facevano ad ogni piè sospinto i Giorgio Napolitano, i Mario Monti, i Letta ed ogni giorno ce lo ripete la Laura Boldrini e tanti altri, accompagnati dal coro dei grandi media e dei loro opinionisti (a libro paga delle centrali finanziarie) salvo qualcuno che adesso inizia a vergognarsi di questo servilismo verso le istituzioni europee.
Non è permesso dissentire dal “pensiero unico” eurosostenitore del neoliberismo e della preminenza dei mercati, prova ne sia che, quando in un paese emerge un partito o un movimento con una forte connotazione sovrana di anti eurocrazia ed anti immigrazione, immediatamente tutte le altre forze si coalizzano fra di loro per sbarrare il passo a quelli che vengono definiti “populisti”, nazionalisti “retrogradi” ed antiglobalisti. E’ successo in Francia con il Front National della Le Pen, in Italia con il Movimento 5 Stelle ed è analogo a quanto accaduto in precedenza in Portogallo come a quanto sta per avvenire in Spagna, con le dovute differenze. Di fronte al pericolo rappresentato dalle forze anti eurocrazia ed al risorgere del nazionalismo, cadono tutte le maschere che facevano la differenza fra conservatori e socialisti, fra socialdemocratici e liberisti e le forze del sistema di coalizzano fra loro in una unica coalizione. Questo rende l’idea di come i vecchi schemi destra e sinistra siano del tutto obsoleti e funzionali al sistema di potere eurocratico.
L’interrogativo che molti si pongono è quello di chiedere perchè mai i cittadini vengono trattati alla stregua del popolo bue da una classe politica e tecnocratica di persone che, una volta ottenuti i posti di comando nelle Istituzioni europee, lavora in modo opaco in commissioni ristrette e prende tutte le decisioni alle spalle delle esigenze reali delle popolazioni e sulla base di interessi esterni ed estranei alle nazioni ed alla stragrande maggioranza dei cittadini comuni. Si tratta di interessi che sono appannaggio di grandi organismi finanziari, di grandi multinazionali (corporations) che, grazie alle direttive ed alle normative emanate dalla UE, riescono a capitalizzare enormi profitti ed a trarre benefici dal mercato dell’Unione Europea, mentre questo avviene quasi sempre a scapito dei paesi più deboli e delle imprese locali di piccola e media dimensione che non sono in grado di competere con i grandi colossi multinazionali.
Si potrebbe andare a verificare quali sono i personaggi che occupano le poltrone più importanti nella Commissione Europea ed allora forse qualche cosa si capirebbe dai trascorsi e dai conflitti di interesse che hanno questi personaggi e dal seguito delle loro carriere che, in buona parte dei casi, passano per le porte girevoli che, dalla Commissione Europea, portano ad occupare incarichi direttivi, ben remunerati, in grandi multinazionali o entità bancarie e finanziarie.
Si può esaminare il caso ad esempio dell’attuale presidente della Commissione Europea, il lussemburghese Jean Claude Junker, come anche quello del presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem. Personaggi che siedono ai vertici delle massime istituzioni della UE.
Entrambi questi illustri personaggi, quando ricoprivano alte cariche di governo nei loro paesi (rispettivamente ministro delle finanze del Lussemburgo uno e dell’Olanda, l’altro) risulta che si sono adoperati personalmente per proteggere le grandi corporations (multinazionali) ed aiutarle ad evadere le imposte, con pregiudizio degli altri paesi della UE ed a beneficio del Lussemburgo e dell’Olanda (dove avevano una imposizione di comodo allo 0,1% degli utili dichiarati) e successivamente avevano bloccato tutti i tentativi fatti dalle precedenti autorità europee per correggere il sistema impositivo che aveva fatto sottrarre migliaia di milioni di euro dalle casse pubbliche degli altri Stati Europei.
Juncker y Dijsselbloem, questi autorevoli dirigenti della UE non soltanto hanno mentito ma hanno anche fornito aiuto alle grandi multinazionali per frodare massicciamente i contribuenti di tutta Europa, realizzando il più grande reticolo di frode fiscale che abbia conosciuto l’Europa che ha permesso ad un numero di circa 300 grandi corporations transnazionali di evadere le imposte a larga scala con pregiudizio dei bilanci fiscali degli altri stati europei.
La loro ricompensa è stata quella di essere stati nominati alle più alte cariche della UE e sono loro che fanno parte della Troika ed impongono le misure draconiane alla Grecia, alla Spagna, all’Italia ed agli altri paesi, per obbligarli a pagare interessi
Si è scoperto il loro coinvolgimento in questa gigantesca trama, soltanto dopo la filtrazione di centinaia di documenti che mantenevano nascosti sotto varie chiavi; così come l’esistenza di queste operazioni è stata portata alla luce grazie alla confessione di un ex impiegato della PWC che ha fotocopiato e diffuso un centinaio di questi accordi (tax rulings) inconfessabili, suscitando lo scandalo denominato “Luxleaks”.
Attualmente, dopo oltre un anno dalla scoperta dello scandalo, l’unica persona che ha pagato è stato l’auditor Antoine Deltour, colui che aveva denunciato lo scandalo.
Quello che adesso è filtrato tramite informazioni diffuse da alcuni grandi media (Der Spiegel e Le Monde) sono gli atti delle riunioni a porta chiusa che hanno svolto nel corso degli anni il Gruppo di Codice di Condotta (Business Taxation) ed il Gruppo di Lavoro sulle questioni Impositive, entrambi appartenenti alla Commissione Europea. Il contenuto di questi atti non solo è stato negato agli europarlamentari che lo hanno richiesto, ma si continua ad occultarlo anche alla stessa Commissione Speciale TAXE, creata precisamente per indagare sulle ramificazioni del LuxLeaks.
Ernest Urtasun, europarlamentare del Grupo Verde e membro di questa comissioneTAXE, sottolinea che “la pubblicazione di queste informazioni, fino ad ora confidenziali e quelle a cui i deputati europei non hanno tenuto accesso, costituisce una importante caduta in questo capitolo dei negoziati segreti sulla fiscalità”. Queste nuove rivelazioni implicano direttamente a Juncker e Dijsselbloem, come titolari delle Finanze dei propri rispettivi paesi, per cui adesso dovranno risponderne davanti al Parlamento Europeo.
Quello che viene rivelato dal contenuto di questi atti è che i due massimi responsabili della UE si erano dedicati per anni ad ostacolare tutti i tentativi per portare alla luce la trama della massiccia frode fiscale, grazie alla quale centinaia di multinazionali pagavano imposte bassissime al Lussemburgo ed all’Olanda per gli utili che avevano realizzato in altri paesi dalla fiscalità molto elevata. Entrambi avevano negato di essere implicati personalmente in questa macchinazione, tuttavia risulta che detti documenti dimostrano il contrario, visto che il gruppo del Codice di Condotta -creato nel 1998-, ma la cui esistenza non era stata scoperta dagli eurodeputati fino al 2014- lavorava in totale segretezza e stava sotto il diretto controllo dei ministri delle Finanze dei paesi membri.
Sia Junker che Dijsselbloem erano titolari del Ministero delle Finanze (Junker era anche primo ministro) quando bloccarono ripetutamente il lavoro di questo gruppo e tutti i tentativi di modificare la massiccia frode fiscale in corso. Di più, Belgio, Olanda e Lussemburgo ostacolarono le iniziative degli altri paesi per porre fine a questa trama. Inoltre, mentre Dijsselbloem era stato già nominato a capo dell’Eurogruppo (l’organismo che coordina le politiche fiscali e finanziarie dei paesi UE), l’Olanda oppose una “riserva di natura politica “, nel corso di una riunione segreta per bloccare un piano di riforma britannico e tedesco, approvato da esperti fiscali della OCDE, che avrebbe posto fine alla trama. Il che significa che l’olandese operava in segreto contro gli interessi dei paesi membri che lui stesso presiedeva.
Nessuno dei plenipotenziari europei fece nulla per fermare questo comportamento, nonostante le riunioni continue che si svolsero nel corso degli anni, mentre alcuni paesi traevano vantaggi enormi a scapito degli altri membri dell’Unione Europea.
Nonostante fosse emerso già in buona parte questo comportamento, Junker è stato eletto come prediente della Commissione Europea (l’incarico più importante della UE) con i voti della Grande Coalizione (popolari, socialisti e liberali ). Junker a suo tempo aveva sostenuto che si assumeva la responsabilità dei fatti come capo del Governo ma che non era stato lui a tessere la trama e non la conosceva.
I documenti tuttavia adesso svelano che egli era al corrente di tutta la trama, per cui emerge chiaramente il perchè lo stesso Junker aveva ordinato di occultare tutta la documentazione agli stessi eurodeputati.
Sven Giegold, un anziano europarlamentare tedesco dei Verdi, aveva cercato di consultare questi documenti delle riunioni dell’Eurogruppo ma aveva trovato ostacolato qualsiasi tentativo di accedere ad una sala blindata dove non era permesso di entrare nè tanto meno di consultare i documenti. Successivamente lo stesso Junker è stato segnalato come direttamente implicato nei negoziati svolti con le multinazionali dall’ex capo delle questioni fiscali del gigante multinazionale Amazon, Bon Confort, che ha rivelato di aver avuto due riunioni personali con Junker per risolvere le questioni fiscali della sua azienda ed ha dichiarato che, l’attuale presidente della Commissione, si era comportato allora come un “socio di affari”, aiutando la società a risolvere i sui problemi fiscali.
Tanto era vantaggioso per le multinazionali stabilire la sede in Lussemburgo che la società di consulting statunitense “Ernst&Young” raccomandava ai suoi investitori tanto americani che russi e di altri paesi, di fare business in Lussemburgo perchè “i funzionari del governo di quel paese sono accessibili ed implicano una relazione molto stretta con le società”. Impossibile essere più chiari.
Questo spiega perchè le più grandi multinazionali avevano scelto di porre la loro sede in Lussemburgo.
Tralasciando i molti altri particolari, queste rivelazioni, che sono pubblicate con molti dettagli, lasciano in chiaro quello che si sospettava da lungo tempo: che le politiche finanziarie e fiscali delle autorità europee erano dirette ad avvantaggiare le grandi corporations ed i grandi gruppi finanziari transnazionali, che alcuni paesi si sono beneficiati di queste politiche e del dumping fiscale ed hanno sempre bloccato ogni possibile forma di armonizzazione fiscale in ambito europeo da cui avrebbero perso le loro posizioni di vantaggio a danno degli altri paesi.
Si comprende da queste rivelazioni anche il fatto incontrovertibile che l’oligarchia europea ha sempre lavorato per favorire gli interessi dei grandi gruppi monopolistici e transnazionali, creando gravi pregiudizi concorrenziali ai settori industriali locali dei paesi europei più esposti, come l’Italia, la Spagna ed il Portogallo, non soltanto in ambito industriale ma anche nell’ambito agricolo, delle produzioni alimentari, dell’artigianato, della pesca, ecc…
Questo dimostra che l’opposizione dei molti movimenti sorti in questi anni contro lo strapotere dell’Eurocrazia di Bruxelles e di Francoforte ha ben ragione di esistere e di mettere a nudo il sistema di potere e di groviglio di interessi che tiene in piedi l’Unione Europea, una congregazione predisposta e pianificata per sottomettere i popoli europei, espropriare la sovranità degli Stati, trattare i cittadini come un parco buoi, incapace di risolvere i problemi reali delle nazioni europee, da quelli dello sviluppo, della giustizia sociale , impotente di fronte a fenomeni come le questioni sull’immigrazione, oltre alla dimostrata e totale subordinazione agli interessi nord americani.
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