di Marco Mori
In questi giorni ho ovviamente assistito, come molti, ad alcune delle trasmissioni televisive che commentano il dramma dei risparmiatori che hanno perso tutto nel tracollo di alcune banche, tra cui Banca Etruria, quella in cui lavorava il papà del ministro Elena Boschi. Il sacrificio dei piccoli risparmiatori che avevano acquistato le obbligazioni e le azioni delle banche coinvolte è stato imposto dalle regole UE che, in caso di crisi bancaria, prevedono che la finanza non subisca mai il costo della crisi, che invece deve riguardare unicamente i clienti dell’istituto.
Norma giustamente ritenuta criminale dai commentatori più attenti, ma difesa dai soloni più cocciuti attraverso la solita becera propaganda. In particolare si è detto che non c’era scelta “o pagano i Clienti della banca o paghiamo tutti tramite tasse aggiuntive”. Insomma come sempre cercano di metterci l’uno contro l’altro. Ovviamente di fronte a tali due opzioni i politici fanno fatica a replicare, perché dire “aumento le tasse” è fortemente impopolare.
Fermo restando che non è l’aumento delle tasse la soluzione (e ora vi dirò perché) è ovvio che se davvero ci fossero solo quelle due opzioni non ci sarebbe alcun dubbio. Gli inderogabili doveri di solidarietà economica politica e sociale di cui all’art. 2 Cost. imporrebbero di socializzare i costi del salvataggio. Ma la via davvero da praticare in situazioni simili, fermo il necessario giro di vite alla vendita di spazzatura finanziaria, è quella più elementare e semplice: la banca centrale, ovvero l’istituto (purtroppo oggi privato) che crea moneta dal nulla senza alcun limite quantitativo, deve garantire integralmente i risparmiatori che non avevano intenti speculativi. Per la banca centrale basta un semplice click che non produrrebbe alcun problema macroeconomico, ovvero non ci sarebbe iper inflazione per un intervento di questo tipo, sia perché l’importo è irrilevante, sia perché non si aumenterebbe di un centesimo la moneta che era in mano ai risparmiatori. Si darebbe a loro esattamente ciò che avevano prima del dissesto della banca.
Purtroppo la soluzione più semplice è sempre quella meno discussa. Il sistema bancario è l’unico che dovrebbe essere interessato da una riforma strutturale che nazionalizzi la banca centrale al fine che essa possa intervenire in casi come questi ed, a livello più generale, funga da prestatrice illimitata di ultima istanza degli Stati onde finanziare tutta la spesa pubblica sovranamente voluta dalla democrazia. I diritti fondamentali non sono subordinati o subordinabili agli interessi di stabilità dei prezzi delle grandi multinazionali. Se per garantirli serve inflazione, così sia.
Peraltro, lo sappiamo benissimo, quella dell’inflazione è una grandissima sciocchezza. I prezzi salgono se la produzione è inferiore alla domanda, è ovvio. Se c’è crisi di domanda, esattamente come avvenuto con l’austerità, l’emissione di moneta in favore dell’economia reale non determinerebbe alcuno scenario apocalittico. Anzi più moneta stimolerebbe la domanda con effetti estremamente benefici sull’economia. La crisi finirebbe in un battito di ciglia. L’inflazione è possibile solo immettendo “carta” in assenza di produzione, visto che la ricchezza reale è chiaramente il frutto materiale del nostro lavoro e non il suo equivalente valore monetario.
Perché dunque si sceglie la strada opposta, perché non si segue questa via a livello generale e in riferimento alle crisi bancarie? Si sono codificate norme europee criminali per scelta, è stata una scelta politica, non compresa da masse abituate ad ascoltare le sciocchezze dei soliti invitati nei salotti televisivi.
La scelta politica è quella dell’ideologia neoliberista che, ben lungi dal voler portare libertà nel settore economico e sociale (il nome è fuorviante) teorizza semplicemente il monopolio su tutta la società in capo a chi detiene il capitale. Il rafforzamento del potere dell’oligarchia finanziaria passa attraverso la cancellazione di Stati, democrazie e diritti. Si vuole che l’uomo (la plebe nella testa di questi fanatici) torni ad assaporare la durezza del vivere.
Molta gente ha purtroppo la memoria corta e non crede a chi racconta queste cose, benché siano alla luce del sole ed addirittura codificate nei trattati (per legge in Europa la stabilità dei prezzi viene prima della pace e del benessere dei cittadini – art. 3 tue e 127 tfue). Incredibilmente non crede neppure davanti alle affermazione confessorie più spudorate. Non crede a questo quando sente un Mario Monti dire che le gravi crisi sono lo strumento con cui costringerci a cedere sovranità e non ci crede nemmeno quando la confessione è ancora più estrema come quella di Padoa Schioppa:
“Nell’Europa continentale un programma completo di riforme strutturali deve oggi spaziare nei campi delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola e in altri ancora”. Obiettivo, letteralmente: “Attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l’individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna”.
Ecco come, nel 2003, dalle colonne del Corriere della Sera, venivano annunciate le riforme oggi in corso e anche i loro scopi reali, ovvero farci tornare a soffrire per vivere, benché questo non sia affatto necessario. Se non vi basta tutto ciò non so davvero cosa dirvi di più. Probabilmente se non vi scandalizzate per questo siete definitivamente perduti. Più dannosi che inutili.
Penso ad esempio all’inutilità dei poveracci, spesso piddini, che lobotomizzati dal pensiero mainstream, talvolta si prendono il disturbo di commentare sui social in difesa del neoliberismo e della criminale dittatura finanziaria UE. Esprimono la follia di una moneta che non può essere immessa nell’economia reale a pena inflazione immediata (fatto privo di evidenze scientifiche e smentito dagli effetti nulli sull’inflazione del QE di Draghi con cui, se avessimo voluto, avremmo eliminato la povertà in tutta Europa come minimo) o con la delirante tesi che le tasse servano per pagare integralmente la spesa pubblica, quando è ovvio che sono invece uno strumento di politica monetaria. Pagando le tasse si redistribuiscono equamente i redditi tra cittadini per evitare squilibri e drenare la moneta in eccesso (con le tasse si impone anche l’utilizzo di una specifica moneta su un dato territorio).
Certamente, e qui chiudo, se chiunque di noi paga una tassa è perché gli è stata prima fornita la moneta per farlo e questa moneta arriva proprio nelle nostre tasche partendo dalla spesa pubblica. Uno Stato, all’anno zero dell’introduzione della sua moneta, prima provvede a metterla in circolazione con la spesa e poi la recupera con le tasse, il contrario è fisicamente impossibile. Tutto ciò è disarmante, svegliamo i dormienti, anche con fermezza, altrimenti a noi non resterà che assaporare quella durezza del vivere che ha ucciso il povero risparmiatore di banca Etruria.
Condoglianze da tutti gli autori di SE alla famiglia e che il terribile sacrificio almeno non sia vano, che serva ad aprire gli occhi sul sistema bancario criminale attualmente in essere.
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