- di Rosanna Spadini –
Ci siamo … nel gioco al massacro del “capitalismo dei disastri”, deciso dall’iperuranio dell’Ue, i carnefici iniziano a mietere le loro vittime sacrificali, dove è possibile praticare sciacallaggio sociale, dove trovano governi compiacenti e collaborazionisti … e come l’infestazione degli ascaridi parassitari può aggredire l’uomo, così la rivoluzione del bail-in sta aggredendo l’Italia, ridotta al ruolo di cavia sacrificale, dopo che le alte aristocrazie finanziarie hanno deciso che occorre un vero e proprio cambio di prospettiva per risolvere i problemi dell’insostenibilità delle sofferenze finanziarie sistemiche: considerare i correntisti e gli investitori di una banca come degli “assicuratori/finanziatori”che possano sanare le sofferenze con i loro capitali.
Sembra che la vera matrice del problema non siano mai state le banche che fanno cattivi investimenti, o piani pensionistici ipofinanziati, ma piuttosto la pretesa del correntista/obbligazionista che gli vengano restituiti i propri denari. Quindi, se una grande banca, un fondo pensione o una società finanziaria rischia il fallimento, la risoluzione del problema sarà facilmente rintracciabile in una semplice operazione di bail-in, piuttosto che in un costoso salvataggio governativo (bail-out) … diversamente il fallimento metterebbe in pericolo la stabilità di tutto il sistema finanziario, e ciò è caldamente sconsigliabile.
I cambiamenti epocali del sistema sono stati sanciti al G20 del novembre 2014, che tentava di trovare nuove soluzioni finanziarie, e mentre i rating delle grandi banche sono stati modificati negli Stati Uniti e in Europa, i primi casi di applicazione di queste norme si sono già verificati, con il sistema bancario cipriota e il sistema pensionistico polacco. In più un’oscura “Nota di Discussione interna” del Fondo Monetario Internazionale del 2012 potrebbe avere dato inizio alla “rivoluzione del bail-in”, che sta modificando il valore stesso del risparmio, perché il finanziamento statale dei “SIFI” (Sistemically Important Financial Institution) potrebbe davvero mettere in crisi tutto il sistema finanziario globale.
Inoltre vi è il rischio che il fallimento di uno soltanto di questi giganti “too big to fail” possa compromettere la tenuta dei governi sovrani, quindi meglio ricorrere al metodo “indolore” per le istituzioni del bail-in: i correntisti e gli obbligazionisti si trasformano magicamente, secondo il principio di darwinismo finanziario, in “assicuratori/finanziatori” del sistema … il più forte ha sempre ragione, il pesce più grosso divora il più piccolo, il lupo mangia l’agnello, come impone la teoria evoluzionistica della sopravvivenza del sistema neoliberista globalizzato. Quindi occorre una legge che scavalchi il diritto contrattuale del singolo privato, in favore dell’agenzia (sempre privata), insomma una rapina legalizzata. Infatti le banche troppo grandi per fallire occupano posizioni chiave nell’economia statale e globale e quindi, in caso di rischio di default, devono essere sostenute contro ogni diritto, costituzionale e contrattuale, per non rischiare di aprire una grave crisi di mercato.
Così lo staff del FMI ha escogitato un audace colpo di mano, direttamente nelle tasche dei miseri polli, per far uscire il mondo da questa rischiosa impasse, e la proposta consiste nel prendere classi selezionate di investimenti, e decidere con effetto retroattivo che queste libere scelte non possono essere considerate “libere”, perché correntisti od obbligazionisti di una banca, sottoscrivendo i loro contratti, avrebbero accettato, a loro insaputa, di fornire un’assicurazione al sistema finanziario. Quindi, se si presenta una grave crisi, il sistema finanziario ricorre al semplice intervento di questi ignari “assicuratori” e la crisi è risolta. Insomma è la pietra tombale sulla proprietà privata.
I due casi da confrontare degli ultimi giorni sono quelli del salvataggio delle quattro banche italiane (Banca Marche, Etruria, CariChieti e Cassa Ferrara) e quello della portoghese Banif. In entrambi i casi si è fatto ricorso, come procedura di ultima istanza, a un fondo di risoluzione gestito dalla Banca Centrale nazionale che ha separato una good bank (già ceduta a Santander Totta nel caso di Banif, da cedere in tempi rapidi nel caso italiano) e una bad bank (quella portoghese sostenuta da garanzia pubbliche per 2,2 miliardi). In ottemperanza alla regola del “burden sharing”, definita a livello europeo, con il coinvolgimento in entrambi i casi di azionisti e obbligazionisti subordinati.
Molti sono però ancora i punti da chiarire: nel caso italiano, azionisti e possessori di obbligazioni subordinate hanno perso tutto. Nel caso portoghese, stando alle comunicazioni ufficiali della Commissione Ue, non è ancora chiaro se ai possessori di bond subordinati sarà concessa la facoltà di convertire le obbligazioni in azioni della bad bank. La differenza non è irrilevante perché, a fronte di un azzeramento immediato dei bond, potrebbe corrispondere una futura ripresa di valore nel caso di plusvalenze derivanti dalla cessione dei crediti in sofferenza. (ilsole24ore.com)
Quindi nella beautiful delle banche nostrane, la nuova “rivoluzione” del bail-in sta seminando panico tra gli italiani, tanto da provocare un possibile rischio di bank run. E mentre la “finanza creativa” del Fmi sembra relegata nel background di un confuso ambito internazionale, in realtà comincia a iniettare dissesti sociali anche tra di noi: obbligazionisti truffati, genitori smemorati che dimenticano di dichiarare proprietà patrimoniali, figlie angelicate con mastodontici conflitti d’interesse (e magari qualche flirt galeotto), premier sbruffoni che infinocchiano i cittadini a suon di leggi truffa … ecc.
Per esempio i genitori smemorati del premier, Tiziano e Laura Renzi, forti del fatto che viviamo in questo scenario così confusamente creativo, sembra che abbiano trascurato di dichiarare nuove proprietà patrimoniali nel 2015, eppure sono diventati socio e amministratrice di una società associata con Nikila Invest, ovvero quella che si è comprata (a un ottimo prezzo) il teatro comunale di Firenze, e per cui lavora anche Lorenzo Rosi, patron (cacciato da Bankitalia) di Etruria …quindinelle dichiarazioni patrimoniali pubblicate sul sito di palazzo Chigi del 2014 (relative al 2013) e confermate senza variazioni nell’agosto 2015, avrebbero giurato «sul proprio onore», simulando un alzheimer patrimoniale nella perdita di memoria, circa gli affari con il presidente di Banca Etruria prima del commissariamento, oggi nell’indagine della Procura di Arezzo.
Tutto è consentito al capitalismo casinò, che si alimenta necessariamente dei persistenti conflitti d’interessi, una Banca che operava come loggia aretina di un Giglio magico, dove agiva indisturbato un microcosmo di professionisti della truffa diversamente aguzzini, attori della commedia dell’arte contemporanea, che bivaccavano allegramente alle spalle dei soliti gonzi caduti nella rete, o per servilismo congenito o per vigliaccheria professionale o per interesse di bandiera. Giornalisti generosamente corrisposti, amici e parenti dei babbi storici Renzi e Boschi, generatori di ricchezza fiat, truffe agli anziani/pensionati risparmiatori, affari in società ratificate e condivise, un premier arlecchino servitore di tanti padroni, minacciato dalla sindrome anomala del cazzaro, una giovane colombina dagli occhi azzurri, che incanta gli animi col suo aspetto ipoteticamente verginale … e infine un amico degli amici, finanziatore disinteressato, che gestisce un fondo d’investimento con sede a Londra, e divenuto anche commendatore per grazia ricevuta da Napolitano (desaparecido all’ultima edizione della Leopolda-show).
Insomma una specie di eden finanziario, una banca progettata e realizzata dai gran visir della finanza nostrana, come bancomat del Pd e deposito di truffa e malaffare ai danni dei cittadini, inesperti e facilmente aggredibili, derubati dei risparmi di una vita e poi abbandonati al loro destino di gonzi predestinati. Tra i responsabili c’erano fratelli, cognati, dirigenti e funzionari bancari, un vero e proprio comitato d’affari dalle mani impastate in losche faccende, nucleo fondante del primo partito al governo. Proprio Davide Serra poi sembra essere stato uno dei maggiori beneficiari della trasformazione in Spa delle Banche popolari, avendo acquistato azioni di Banca Etruria a prezzo stracciato e rivendute poi a peso d’oro. Infatti il Decreto sulle banche popolari del 20 gennaio scorso, le ha trasformate in società per azioni, facendo lievitare del 60% di incremento i titoli dell’Etruria, una banca ormai in stato comatoso. Con un semplice emendamento dell’Investment compact, si è abrogato l’intero articolo 30 del Testo unico bancario, cioè è saltato il voto capitario, quel meccanismo che prevede che ogni azionista abbia un voto in assemblea, indipendentemente dal numero di titoli posseduti.
Con la riforma voluta e varata da Matteo Renzi, «Mettiamo le Banche Popolari nelle mani di speculatori, fondi esteri. Svendiamo loro il 25% dell’attività bancaria italiana», ha detto al Giornale il presidente della Banca Popolare di Vicenza, Gianni Zonin. E tra questi c’è anche il fondo Algebris, il gruppo finanziario londinese di Serra, noto anche per una holding alle Cayman Island e per aver inneggiato all’abolizione del diritto di sciopero. Ebbene lo stesso Serra ha dichiarato da Londra, al Sole 24 Ore , che «investiamo sulle banche popolari» e in modo particolare «dal marzo 2014», aggiungendo successivamente, tramite un portavoce, che «Algebris Investments non ha fatto alcun acquisto di banche popolari nel 2015». Corollario particolarmente necessario perché il punto è che la Consob sta indagando su alcuni ordini di acquisto partiti da Londra appena prima del 16 gennaio scorso su alcune banche popolari appunto.
Stesso ciuffo alla Fonzie e stesso sguardo cialtrone, Davide Serra è l’amico-finanziere che oggi è immerso fino al collo nel caso Banche Popolari, per acquisti che sembrano partiti proprio da Londra e dal Lussemburgo e hanno fatto incetta con straordinario tempismo di titoli preziosi. L’amico degli amici, fenomeno della City, non ha mai nascosto il suo diritto a fare operazioni spregiudicate, come shortare sui titoli di Mps, dopo averne criticato le mosse effettuate per salvarla, ed è anche un generoso finanziatore (225mila euro) della “Fondazione Open”, la cassaforte delle fondazioni renziane, di cui segretario generale è proprio Maria Elena Boschi insieme al sottosegretario Luca lotti e al fidato Marco Carrai.
Certo … strani fenomeni paranormali.
E mentre la miseria sociale è in aumento, certe fondazioni politiche hanno bilanci sempre più milionari, come appunto la “Fondazione Open”, che ha chiuso il proprio bilancio con un incremento di fatturato del 50% rispetto all’anno precedente e con entrate pari a 1,2 milioni di euro, da parte di finanziatori ignoti.
Così dietro l’ipocrisia della privacy, il Presidente del Consiglio di uno stato che si dice democratico, e che dovrebbe rappresentare solo gli interessi del popolo, ha ottenuto complessivamente dal 2007 finanziamenti per circa 5 milioni di euro.
Intanto la Banca d’Italia sta cercando di far luce sui prestiti della Banca Etruria in conflitto di interessi, in uno sporco groviglio, che riconduce direttamente a Spa e cooperative vicine a Rosi. Alcuni nomi sono già venuti fuori, perché, come ricostruisce Valentina Errante sul Messaggero, Rosi è “amministratore anche della Egnazia Shopping Mall, controllata al 12% dalla Castelnuovese e al 31% dalla Nikila Invest, che, a sua volta, insieme a Tiziano Renzi, padre del premier Matteo, detiene il 40% della Party srl, mentre Laura Bovoli, madre del presidente del Consiglio, è l’amministratore unico della società”.
Quindi parafrasando Lenin in chiave postmoderna, il bail-in è questo … la fase suprema del capitalismo dei disastri e dei conflitti d’interesse … non è altro che la naturale evoluzione, estremizzata, del principio secondo il quale il risparmio cambia veste e identità … non più libera e sacra proprietà privata, quanto possibile investimento … volontario o facoltativo … ma comunque soggetto al prelievo forzoso.
Però il capitalismo è un sistema economico retto dal credito bancario, linfa vitale del sistema per consentirgli di funzionare e produrre, ecco perché i moderni ordinamenti costituzionali hanno adottato la tutela del risparmio quale obiettivo per garantire il corretto funzionamento del sistema economico nazionale. L’articolo 47 della Costituzione infatti “la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio, in tutte le sue forme, disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito”, è fortemente protettivo nei riguardi del valore morale, politico ed economico del risparmio.
Dunque la tutela costituzionale si occupava di garantire tutto il ciclo economico della moneta, dalla formazione del risparmio fino al momento dell’investimento nelle aziende creditizie e nella loro funzione di erogazione del credito. Addirittura l’art.42 della Costituzione dava maggior peso alla tutela del risparmio che alla stabilità della moneta … invece dopo l’approvazione italiana del Trattato di Maastricht, il rapporto “costituzionale” tra tutela del risparmio e stabilità dei prezzi è mutato, innalzando la seconda a livello della prima, e trasformando senso e valore del risparmio privato, e di conseguenza della proprietà privata, ridotti a semplice tessera di sostegno del castello capitalistico.
In conclusione ciò che sorprende in questo gioco al massacro, è la metamorfosi del termine “risparmiatore” in quello di “investitore” … è il rovesciamento delle fondamentali regole che governano il funzionamento del capitalismo, infatti non si capisce come un organismo, quale l’Unione Europea, possa acconsentire che venga minato uno dei pilastri del sistema capitalistico costituito dalla sicurezza del risparmio, da sempre ritenuto un elemento imprescindibile dell’economia di mercato e rappresentato dal concetto stesso di “fiducia” nei mercati finanziari. Ma il capitalismo dei massacri sociali è appena iniziato … gestito da non-persone … che forse non hanno più nemmeno bisogno della nostra fiducia …
Fonte: www.comedonchiscitte.org
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