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sabato 30 aprile 2016

Chiara Appendino: “Il ‘sistema Torino’ ha fallito. Ma ora Davide può battere Golia”

La candidata sindaca grillina sfida Fassino e il gruppo di potere che ha governato la città negli ultimi 20 anni: “Serve una nuova classe dirigente onesta e competente”. Nel suo programma più controllo, trasparenza dei conti pubblici e politiche sociali. E a chi l’accusa d’inesperienza replica: “In 5 anni da consigliera ho conosciuto a fondo la macchina comunale e ho già presentato i primi 3 nomi della mia futura giunta”.

intervista a Chiara Appendino di Giacomo Russo Spena


Ha iniziato la campagna elettorale col pancione. La sua Sara è nata il 19 gennaio. “Finisco di allattare e ci risentiamo per l’intervista” ci dice Chiara Appendino, 31 anni, candidata sindaca del M5S a Torino. Già consigliera comunale e protagonista in aula di duri scontri verbali con Piero Fassino. Una sfida a due sotto la Mole. 

Dopo le polemiche su Giorgia Meloni a Roma, non posso tralasciare la questione: governare una città è molto impegnativo, con una bimba così piccola non sarà impresa ancor più ardua?
Ogni donna è libera di scegliere e decidere liberamente. Credo sia possibile conciliare l’essere madre con l’eventuale incarico da prima cittadina. Intorno a me c’è una famiglia splendida e soprattutto una comunità che ha deciso di supportarmi. La mia è una candidatura collettiva. E Sara rappresenta un valore aggiunto.



Lei ha studiato alla Bocconi, la fucina dei quadri dirigenti del Paese. Si è quindi occupata di pianificazione finanziaria presso la Juventus, la squadra di calcio di Gianni Agnelli, quindi della Fiat. Ha ottimi rapporti con il mondo delle imprese. Si sente un po’ figlia dell’establishment? 
Sono state delle grandi opportunità di crescita professionale e umana dove ho avuto modo di occuparmi di gestione del bilancio. E’ grazie a ciò che ho appreso lì che mi sono avvicinata al Movimento 5 Stelle. Mi ricordo ancora la prima riunione alla quale ho partecipato: si parlava dei conti del Comune di Torino. In quell’occasione ho pensato che avrei potuto mettere a disposizione della collettività la mia competenza, così ho fatto.


Piero Fassino ha designato Francesco Profumo come uno dei due componenti che spettano al Comune di Torino nel futuro Consiglio di Indirizzo della Compagnia di San Paolo. Il suo mandato, in generale, è stato caratterizzato dal forte legame con i poteri bancari. Da sindaca riuscirà ad opporsi a tale sistema? 
Il sindaco di una città non deve rappresentare solo una parte politica ma l’intera comunità e credo che effettuare le nomine a 50 giorni dal voto sia lesivo della sovranità democratica. Le istituzioni devono essere indipendenti e neutre indirizzando la propria azione verso il bene comune. Le fondazioni bancarie, in particolare, possono fare molto per la comunità nella quale si trovano, ma tale rapporto deve essere regolamentato. Al momento non è così.

Ma Fassino, secondo lei, si può definire "l'uomo delle banche"?
Rappresenta sicuramente un sistema di potere che noi stiamo cercando di scardinare. Al di là del M5S, vogliamo istituire il semestre bianco in modo che sia impossibile, negli ultimi 6 mesi di mandato, attuare nomine pubbliche. Ristabiliamo le regole, ci vogliono più trasparenza e controlli.

Su Torino pesa un macigno di circa tre miliardi di debito, gestire la situazione sarà complesso. Come replica a chi la accusa di non avere nessuna esperienza di governo? 
In 5 anni di Consiglio Comunale ho avuto modo di conoscere in modo approfondito il funzionamento della macchina comunale e qualche settimana fa ho presentato i primi 3 nomi della mia futura Giunta, si tratta di persone di grande capacità e specchiata onestà, con competenze specifiche per le deleghe che assumeranno. Non chiedo una delega in bianco per la scelta della futura classe dirigente, ma devo poter conoscere le persone che saranno messe nei posti chiave. Torino è ricca di competenze e professionalità in ogni settore e i 350 curricula ricevuti finora per la chiamata pubblica per la futura giunta ne sono la prova lampante.

Fassino dice che grazie a lui il debito è calato di 600 milioni. Perché i torinesi dovrebbero votare lei e non il candidato del Pd? 
Innanzitutto il debito non è calato di 600 milioni ma di 450 e poi per ottenere questo risultato ha compiuto operazioni una tantum svendendo partecipazioni o immobili comunali. Certamente noi faremo una immediata ricognizione del debito. In questi cinque anni più volte, con le nostre interpellanze, abbiamo sollevato numerose critiche: serve una nuova visione, nuove energie, nuova classe dirigente che apra la città al merito e alle idee per una nuova grande fase di sviluppo. Sovente infatti alle capacità si è preferita la fedeltà affievolendo lo spirito di partecipazione. Inoltre la sua attività amministrativa e la narrazione di questi 5 anni si è concentrata sul centro città lasciando indietro le zone più in difficoltà, le periferie. Questo ha prodotto un distacco anche nella narrazione tra i cittadini e l’amministrazione alimentando un senso di sfiducia nelle istituzioni.

Queste comunali, anche al di là della volontà dei candidati, si presentano anche come un referendum sul governo Renzi?
Non credo che una elezione amministrativa possa essere interpretata, senza filtri, anche in chiave politica nazionale. Di sicuro, però, ogni momento elettorale può modificare la geografia istituzionale spostando eventualmente anche degli equilibri. È certo che se a Torino e a Roma dovesse vincere il Movimento 5 Stelle, Renzi e il suo governo si troverebbero a dover interloquire con due importanti soggetti istituzionali, la prima e la quarta città d’Italia, amministrati da una forza politica determinata e intransigente.

Nel suo programma insiste molto sul contrasto agli sprechi e sulla razionalizzazione della macchina burocratica. Sono temi sufficienti per rilanciare Torino?
Ripensare e riprogettare l’architettura dei servizi del Comune di Torino costituiscono un prerequisito essenziale per poter poi attuare politiche adeguate. Noi abbiamo una struttura amministrativa che fa molta fatica perché non adeguatamente motivata, formata e incentivata. Per darle qualche dato: il Comune di Torino ha 10.000 dipendenti con un’età media di 51 anni. Nei prossimi 2 anni andranno in pensione circa 2.500 persone. I sistemi informativi che usiamo sono ormai insufficienti e inadeguati. 

E quali sono le politiche sociali pensate per contrastare la piaga della povertà, tra l’altro in forte aumento?
Abbiamo messo al centro della nostra azione tanto le politiche finalizzate a far crescere le occasioni di lavoro, perché la povertà si combatte anzitutto incentivando il lavoro e le piccole e medie imprese, quanto le politiche di sostegno al welfare. Proprio in questa prospettiva si innesta ciò che suggerivo prima: se Torino e Roma facessero pressione sul Governo perché fosse approvato il reddito di cittadinanza, a mio giudizio, si riuscirebbe a raggiungere più rapidamente questo obiettivo non più procrastinabile.

Ha deciso di selezionare i membri della sua giunta tramite chiamata pubblica e, per la prima volta, verranno selezionati in base alle loro competenze. Ma avere un buon curriculum è sinonimo di essere un bravo assessore? In base a questo ragionamento meritocratico dovremmo avere solo governi tecnici mentre la realtà ci racconta che la politica spesso e volentieri va oltre questi schemi, non pensa?
Credo fermamente che esistano due livelli differenti tra le amministrazioni locali e il governo nazionale. È il linguaggio stesso che ci fa percepire come un Sindaco e la sua Giunta siano chiamati anzitutto ad amministrare bene un territorio, e amministrare vuol dire ricevere un bene che non è di nostra proprietà trasferendolo a chi ci succederà in condizioni possibilmente migliori di come lo abbiamo ricevuto. Per me, dunque, essere un buon assessore vuol dire essere competente in materia, avere esperienza, conoscere il territorio e saper lavorare in squadra. Queste sono le linee guida della mia scelta. Scelte innovative e un nuovo modo di interpretare la politica: l’orizzonte è dato dal programma in netta contrapposizione con il “manuale Cencelli” solitamente usato per definire le giunte.

Quali sono i suoi progetti in materia di immigrazione e sicurezza?
Gli immigrati non sono di per sé connessi con la delinquenza o con l’aumento dei reati. Sovente si tratta solamente di persone che lasciano la loro terra e affrontano indicibili rischi e sofferenze solo per cercare per se stessi e per i propri cari la speranza di un futuro migliore. Tra l’altro avanzeremo la proposta di chiusura del Cie di Corso Brunelleschi perché quei centri di detenzione vanno superati.

È la per chiusura anche dei campi rom?
Certamente, vogliamo seguire le linee europee. Sicurezza e integrazione devono essere combinate e andare di pari passo. Quindi ci vuole un lavoro di reinserimento scolastico, per i bambini rom, e percorsi socio-lavorativi per gli adulti. Al tempo stesso devono rientrare nei ranghi della legalità. Per questo abbiamo proposto il pagamento della sosta per i sinti itineranti. Stessi diritti e doveri. Noi abbiamo presentato tre aggettivi per Torino: “Sicura, sana e solidale”. E si può avere una città sicura solo quando tutte le zone della città sono vive, vissute e vivibili.

Non pensa di avere posizioni distanti da quelle di Beppe Grillo, il quale ultimamente ha parlato di invasione degli irregolari. Teme sarà bacchettata dall’alto?
Recentemente qui è venuto il deputato Manlio Di Stefano con cui siamo in perfetta sintonia. Ci approcciamo con pragmatismo: non possiamo accogliere tutti, contemporaneamente rifiutiamo la logica delle ruspe. Sono necessarie politiche sociali e serietà su questi temi, non facili slogan come fa Matteo Salvini.

Ripeto, con Grillo ha mai avuto attriti?
Ci siamo sentiti quando è nata la mia bimba ed è venuto a Torino quando abbiamo parlato degli sportelli anti Equitalia. Per il resto seguo poco le dinamiche nazionali del M5S, mi occupo del territorio e del bene della mia città.

Di solito il M5S, dall’opposizione, tende a "strillare" molto, lei invece appare più pacata nei toni e attenta a non fare false promesse elettorali. Si sente una grillina anomala?
Il M5S è una comunità eterogenea e la sua ricchezza sta nell’aver messo insieme persone con storie e peculiarità differenti. Io sono cresciuta politicamente nel M5S e dietro di me c’è un percorso collettivo. Mi sento totalmente a mio agio e integrata nel MoVimento. Siamo l’antidoto all’enorme sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni.

Ha rapporti con i No Tav?
Nel giugno del 2011 fui presente durante lo sgombero del presidio di Chiomonte e in tutti questi anni ho partecipato a diverse manifestazioni di contrasto all’opera. La posizione del M5S contraria alla Torino-Lione è chiara da sempre e ne condivido le motivazioni ambientalistiche così come quelle economiche, anche e soprattutto per deformazione professionale: conti alla mano, i costi sono nettamente superiori ai benefici. Le ingenti risorse necessarie per la realizzazione dovrebbero essere utilizzate per tante piccole opere utili alla collettività. 

Che idea si è fatta del processo allo scrittore Erri De Luca?
Credo che purtroppo la vicenda sia uscita dai binari del buon senso e sia diventata un’arma ideologica. Le opinioni, anche e soprattutto quando sono opposte a ciò che noi pensiamo, rappresentano una ricchezza e non devono essere un problema o peggio un reato. Confidavo nella sua assoluzione e sono felice che la vicenda si sia conclusa come si è conclusa.

In una precedente intervista si è definita “progressista”. In caso di ballottaggio, cercherà di stringere un accordo elettorale con la sinistra radicale capitanata al primo turno da Giorgio Airaudo?
Il ballottaggio sarà tra mantenimento dello status quo contro cambiamento. Continuità contro nuove energie. E in questa sfida chiederò il voto non per me o per la mia squadra ma per le proposte e i progetti che vorremo attuare. Mi rivolgerò a tutti i cittadini, Airaudo compreso.

Vincerà?
Ci sto mettendo anima e corpo. Sono ottimista. Noi ci crediamo. Davide può sconfiggere Golia.