Se volessimo dimostrare solo la natura lobbista del Governo italiano ci basterebbe citare il contenuto delle intercettazioni e se volessimo mostrare la collusione dell’intero PD ci basterebbe raccontare gli ultimi vent’anni di storia lucana o le recenti dichiarazioni di un ex Ministro all’Ambiente del governo Prodi (a proposito anche Prodi voterà No il 17 aprile come Bersani) o quello dell'ex assessore all'ambiente della Regione Basilicata e prima ancora ex funzionario della Direzione generale Agricoltura a Bruxelles ed ex Capo Unità di gestione dei mercati agricoli dell’Unione, Michele Ottati.
Pecoraro Acanio, ex Ministro dell’ambiente: http://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/lobby-petrolio-ministero
Michele Ottati ex Assessore all’Agricoltura Regione Basilicata: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04/07/basilicata-ex-assessore-regionale-caso-petrolio-ho-difeso-agricoltori-la-giunta-pittella-mi-ha-chiesto-di-andarmene/2613079/
Ma non ci basta, già altri lo stanno facendo meglio di quanto lo faremmo noi: vogliamo dimostrare lo snaturamento delle istituzioni repubblicane che sta compiendo Renzi e l’ambiguità delle opposizioni interne al Partito Democratico ed anche di quelle esterne, situate in quell’area cosiddetta moderata, cosiffatta pro-fossile, pro-Eni, pro-Total.
Partiamo da noi (noi lucani, noi italiani )
Orfani di cultura politica, di volontà e di memoria storica, incapaci di guardare la realtà per quello che è, bombardati come siamo dagli organi dell’in-formazione deputata alla costruzione di un’opinione che sia pubblica e mai personale, di un pensiero che sia indotto e mai originale, ancora una volta stiamo delegando ogni cosa alla magistratura.
Un rischio non da poco, perché così facendo, non solo la priviamo di quel clima di serenità e riservatezza che le servirebbe per approfondire le indagini, ma le affidiamo anche dei compiti e delle soluzioni che non sono di sua competenza e che mai potrà risolvere.
Attenzione! Si impone una premessa: la tesi che qui si vuole avanzare non è quella dei collusi che invocano il silenzio sui misfatti per ottenere impunità, che invocano serenità nel dibattito per continuare a perpetrare misfatti indisturbati, che vorrebbero impedire le intercettazioni telefoniche per i potenti e i criminali per continuare ad essere dei potenti criminali. Tutt’altro, quì si cerca di individuare responsabilità senza sconti per nessuno e soluzioni e senza balletti retorici, perché la magistratura può perseguire i reati, non può cambiare la storia!
Le inchieste di Potenza
Le inchieste di Potenza hanno già fatto tanto, scoperchiando quel vaso di Pandora, che fino a ieri solo un paio di giornalisti e quei quattro comitatini così invisi a Pittella, all’ENI e a Renzi erano andati a frugare. Dalle intercettazioni che sono trapelate sono usciti allo scoperto tutti i mali che affliggono non solo la Basilicata, ma l’Italia e l’Europa .
Dalle voci degli intercettati (non da altri) e da fatti inequivocabili (non da altro), abbiamo appreso di una lobby di petrolieri e didiplomazie estere che, a dispetto di ogni logica ambientale e produttiva diretta al bene comune, dettano le scelte politiche di governi deboli e corrotti:
- La procura di Potenza ci ha fatto vedere in faccia un intreccio istituzionale che sostanzialmente dà alle lobby il potere di inquinare e di arricchirsi, in barba ad ogni logica di sviluppo e di bene comune e sulla pelle dei poveri cristi.
- Riguardo alle diplomazie estere ci riferiamo nella fattispecie a quella inglese, ma fa bene ricordare anche che l’inchiesta si è fermata in un solo comune della Basilicata, a Roma in un solo ministero e alla quota solo lucana delle “proprietà istituzionali” della famiglia Pittella.
In Basilicata è emerso un inquinamento tale che se non acchiappa almeno sfiora l’ipotesi del disastro ambientale, mentre a livello istituzionale è venuto a galla se non proprio il cadavere della Repubblica Italiana, almeno il suo corpo agonizzante e violentato dagli sporchi interessi delle lobbies dell’industria inquinante, di ministri e faccendieri, di sindaci e funzionari.
E se le Istituzioni della Repubblica Italiana sono malate, se la sua terra è inquinata dai suoi virus, ragionare con la sola logica della magistratura non basta e può rivelarsi anzi una trappola. Bisogna ristabilire i temi, gli argomenti e le responsabilità della Politica o qui è finita.
L'anomalia italiana
Al cospetto di quanto è accaduto in qualsiasi Repubblica Democratica si sarebbe imposto sopra ogni altra cosa il dibattito politico che, partendo dalle intercettazioni e dai fatti emersi, avrebbe sovrastato ogni altra argomentazione, nel rispetto della separazione dei poteri dello stato, del ruolo della magistratura e soprattutto nella consapevolezza che la magistratura persegue i reati, ma la volontà dei cittadini e la Politica (quella con P maiuscola) in una Repubblica Democratica compiono le scelte, fanno la storia, in nome del bene comune e non di quello privato.
Avremmo dovuto partecipare ad un dibattito politico che avrebbe messo veramente i Governi (quello dello stato e quello della regione Basilicata) di fronte alle loro responsabilità:
- Dov’è il bene comune, dove sono i diritti alla salute, ad un ambiente sano, ad un potere politico indipendente da quello economico? Dov’è e soprattutto di chi è l’utilità delle opere messe in campo e della Strategia Energetica Nazionale (inesistente) decisa da un governo così “sputtanato”?
- Quali garanzie di indipendenza può ormai fornire questo Governo, che persino sotto la bufera ha continuato (violando i principi costituzionali pur di difendere gli interessi delle compagnie petrolifere) a lavorare per l'astensione dal referendum (dal Premier al Ministro dell'Ambiente)?
A maggior ragione in una Repubblica Parlamentare, si sarebbe affrontato con forza il tema di un parlamento, ormai non solo svuotato dei suoi poteri, ma tenuto ostaggio da un presidente del Consiglio che ha avuto l’arroganza di ammettere di essere stato il maggior artefice di un raggiro istituzionale, mediante il quale un emendamento a favore della Total, già bloccato in Commissione parlamentare e dunque escluso dallo Sblocca Italia, veniva intrufolato nella Legge di Stabilità, passata con un voto di fiducia sul Governo.
Invece, complice l’ignoranza costituzionale degli italiani e un’informazione prezzolata e superficiale che lavora per mantenere questa ignoranza e lasciare che la superficie sia sempre in frastuono e il ragionamento non approfondisca mai la realtà, questi temi sono stati accennati sì, ma sono stati relegati nella periferia del dibattito pubblico. Un dibattito pubblico che ancora una volta si è concentrato sulle inchieste della magistratura e ha imposto una logica di tipo giuridico che sembra un vero assist per il governo.
La stesse terminologia che usa Pittella a Matrix, Renzi nelle sue convention è quella che predomina nei bar: è reato, non è reato.
“E’ iscritto, non è iscritto nel registro degli indagati”: una logica che rivela quanto la democrazia italiana sia rimasta orfana di pensiero e riferimenti ideali. Orfana di Politica.
Come se reato o non reato ormai fossero diventati sinonimo di giusto/ingiusto, di responsabilItà/impunità. Come se possa bastare non aver commesso il reato, non trattarsi di disastro ambientale, non essere iscritti nel registro degli indagati per scagionare la politica dalle sue responsabilità, per mettere al riparo da ogni cambiamento quel sistema criminale istituzionalizzato, che proprio da queste inchieste sta continuando ad emergere, dagli intrighi e dai dossieraggi, coinvolgendo altre regioni, altre organizzazioni, mafie strutturate addirittura.
Eppure la gravità della situazione è parecchio chiara anche alla maggioranza
Roberto Speranza si è detto spaventato dall’intreccio di poteri e di lobbies che le inchieste hanno portato a galla e dallo sbandamentoistituzionale che il raggiro Tempa Rossa ha fatto emergere:
“Non si capisce più che ruolo abbiano e istituzioni a tutti i livelli […] l problema fra noi è come si decide […] Non possiamo immaginare che la ricostruzione delle regole autorizzative in materia petrolifera si faccia nel cuore di una notte, sostanzialmente contraddicendo una scelta che era stata fatta in maniera consapevole in Commissione ambientale poche settimane prima”
Cuperlo ha denunciato “una concentrazione di potere nelle mani di pochi e di una concezione del potere che asseconda l’intolleranza"; ha definito il comportamento del Governo “il germe di una malattia”, ha parlato di “un partito piegato ad una disciplina di potere”
Bersani, dalle pagine del Corriere della Sera, ha parlato di
“un sistema di decisioni in circuiti troppo stretti e troppo spesso extracorporei”; ha parlato di come ormai sia saltato “il ruolo dellefunzioni istituzionali” e dell’impossibilità ormai di poter arginare il conflitto di interessi in seno al Governo con delle norme (“è come fermare l’acqua con le mani” ha detto); ha denunciato “l’abitudine ad assumere decisioni non lineari, senza il rispetto dei ruoli istituzionali”.
E se il problema della minoranza PD è che si limita a parlare di politica, ma è incapace di farla, il problema per l’Italia è che si trova in balia di lobbies e dei loro disegni ingordi e distruttivi, in pieno sbandamento istituzionale e prossima ad un regime di autoritarismo effettivo.
La presa delle istituzioni non è solo a Roma
E magari il problema istituzionale riguardasse solo il parlamento!
Dall’inchiesta di Potenza è affiorato un sistema che coinvolge in pieno comuni e Regione: “un funzionario dell’Ufficio ciclo dell’acqua della Regione Basilicata, Paolo Baffari, aveva riscontrato evidenti «illegittimità» e dunque aveva negato l’autorizzazione ad ENI di reiniettare le acque di lavorazione petrolifera nel pozzo Costa Molina 2. "Un chiaro «no»" (commentava l'Avvenire virgolettando), come Baffari ha spiegato il 18 giugno 2014 ai carabinieri del Noe, ma si trattava di un "no"che era stato ignorato. "Anzi peggio. Infatti ne era stata data un’interpretazione opposta da altri uffici regionali e poi nascosto”. Un atteggiamento amministrativo che sarebbe pericolosamente riduttivo ricondurre al solo dirigente indagato, quel Salvatore Lambiase, già coinvolto nello scandalo dell’inceneritore Fenice di Melfi, eppure confermato nel suo ruolo dirigenziale al Dipartimento Ambiente. Un Dipartimento Ambiente, a quanto pare attivissimo, se solo poche settimane prima era stato accusato (nell’interezza della composizione del Comitato Tecnico Regionale per l’ambiente) da un’altra sentenza, del TAR questa volta, che aveva scongiurato il progetto nel metapontino di un altro ecomostro legato al ciclo dei rifiuti.
La sentenza parlava di “omissioni importanti, perpetrate attuando un ingiustificato e pericoloso eccesso di potere e un “ingiustificato e irragionevole sacrificio che viene imposto agli interessi ambientali, ecologici, paesaggistici, sociali ed economici del territorio”.
A quella sentenza si era arrivati solo grazie allo sforzo sovrumano di qualche comitato di cittadini, che alla fine era riuscito a ricorrere al Tar, dopo aver implorato per mesi le amministrazioni comunali del territorio ed aver incassato un rifiuto dopo l’altro. Ma, oltre al sindaco di Corleto, nessun altro sindaco è stato mai intercettato, e l'atteggiamento di quei sindaci non è certo un reato: nessuno di loro è iscritto in nessun registro degli indagati, dunque nessuno di loro ha responsabilità?
La strategia renziana
Presidenti di Regione, ministri, deputati, senatori e premier non hanno commesso reato, non sono iscritti nel registro degli indagati, dunque tutto a posto.
Ecco, si tratta di una logica che serve solo ai colpevoli: sacrificare la Guidi e bruciare al rogo Gemelli, la sindaca fallita di un paesino dell’entroterra lucano e qualche dirigente ragionale è stata la strategia Eni-renziana fin dall’inizio. Una strategia che si realizza ogni giorno con nuove offensive sempre più aggressive:
1- col vento favorevole di un dibattito esclusivamente concentrato su temi giuridici e non sugli approfondimenti politici, economici esociali, Renzi ha potuto tranquillamente iniziare la sua controffensiva mediatica e politica, spostando l’attenzione da unprovvedimento a favore della Total, ad una necessità di sviluppo, al suo ruolo politico di “sbloccatore” d’Italia: il terreno politico infatti era quasi sgombro di contenuti approfonditi, che ha potuto riempire a suo piacimento), assumendosi indisturbato addirittura la responsabilità di un emendamento ad interesse privato e altamente impattante, nato da un raggiro istituzionale.
Tanto chi eccepisce le regole dei più alti organi della Repubblica italiana? Non è reato e non sono iscritto nel registro degli indagati; lo ha ripetuto ovunque:
“Se sbloccare l’Italia è reato, ebbene ho commesso un reato”
2- Poi, mentre Marcello Pittella era in giro per un tour televisivo a vantare le gesta di una Regione descritta addirittura come virtuosa, a negare ogni inquinamento, a izzare i produttori lucani contro chi denuncia l'inquinamento e diffonde un'immagine negativa della regione, a confidare nel lavoro della magistratura affinchè assicuri alla giustizia i delinquenti (“Io non ho commesso reati e non sono iscritto nel registro degli indagati”), ad invitare i giornalisti a vedere com’è bella la Basilicata, com’è tutto apposto quì, com’è tutto pulito quì, sopra il tappeto sotto il quale si annida lo sporco che uccide, le televisioni inventavano la favola di una regione sottosviluppatache sopravvive grazie al petrolio:
Bisogna solo arrestare chi ha commesso reato, ma le estrazioni petrolifere e il sistema che le produce non si toccano, è logico che l’industrializzazione energetica qualche impatto ambientale lo crei, ma non si può avere tutto, agli zulù portiamo il lavoro
Certo, in assenza di dibattito politico, mica si poteva replicare al fatto che la Basilicata non è povera, ma la tengono povera proprio i governi e i petrolieri per poterla ricattare;
3- Poi esce fuori che anche il ministro Guidi diventa “parte lesa”, come Pittella e Renzi, (non hanno commesso reati, non sono iscritti nel registro degli indagati);
4- Poi qualcuno fa filtrare la proposta (subito smentita ma non esorcizzata) di un giro di vite sulle intercettazioni telefoniche ;
5- Poi Renzi può spingere il dibattito un passo ancora più in là parlando di “offensiva mediatica” contro il governo e manca ancora una settimana al voto di sfiducia. C’è da scommettere che se il polverone non si quieta, uscirà con qualche altra affermazione, sempre sullo stesso argomento: non siamo inquisiti, non siamo iscritti nel registro degli indagati. Che volete?
Naturalmente la scelta della data per la discussione della sfiducia al senato non è casuale
Stiamo cadendo tutti come delle pere nella rete di Renzi.
Se il referendum del 17 aprile non raggiunge il quorum ( e raggiungerlo non è affatto impresa facile) sarà una vittoria del governo e dei petrolieri, ci verrà detto che gli italiani hanno capito l' importanza del fossile e non hanno capito che il governo è in mano ai petrolieri. Inizierà allora la vera e programmata rivincita comunicativa di Renzi, che troverà il suo apice due giorni dopo, dal 19 aprile in poi, quando il governo, incassata una nuova fiducia, ne uscirà rafforzato: qualche altro giorno di clamore mediatico, il Cova di Viaggiano avrà riaperto, gli avvisi di garanzia avranno consegnato i colpevoli di reato e l’inchiesta che poteva aprire uno spiraglio di cambiamento nel sistema italiano, corre il rischio di trasformarsi in una bolla di sapone, anzi di petrolio.
La strategia dalemiana
Dall'altra parte, invischiati fino al collo sui temi petroliferi anche loro, la minoranza Dem abbaia e abbaia ma che morda ormai nessuno lo teme più. Tramano, intrigano, attendono, cospirano, ma aspettarsi una reazione da loro è improbabile. I dalemiani aspettano: il logorio è la loro vecchia tattica (sempre perdente dal punto di vista politico, ma premiante in poltrone sempre prenotate - chi s'accontenta gode! è la filosofia parassitaria che li guida). Aspettano il Referendum del 17 aprile, poi daranno la fiducia nonostante il dissesto istituzionale, i conclamati conflitti di interesse e l'autoritarismo di un governo nei confronti del quale non nutrono alcuna fiducia. Poi aspettano le amministrative, poi il referendum costituzionale e forse allora...allora aspetteranno ancora qualcos'altro, fino all'avvenuto disastro, quando non ci sarà più niente da aspettare e quindi si adegueranno semplicemente, rinunciando anche ad abbaiare.
Ma la politica dov'è?
In un Paese occidentale ci si sarebbe aspettati un'insurrezione della ragione da parte non solo dalle sinistre democratiche, ma anche dalle destre liberali, dalle forze repubblicane. Ma dove sono tutti questi? Dov’è l’Italia? Dov’è l’informazione, che dopo questa faccenda meriterebbe di passare dal 73° posto per libertà di stampa all’ultimo?
A sfiduciare un governo così "sputtanato" ci hanno pensato l'estrema destra di Salvini per chiari motivi di opportunismo (non ci si verrà a dire che amano la democrazia e detestano l'autoritarismo o che Salvini tiene a cuore le sorti della Basilicata) e il Movimento 5 Stelle, che il PD deve assolutamente relegare in una posizione di dilettantismo e di populismo. Non ha altra strada, eppure con la loro mozione di sfiducia i 5 stelle si presentano come gli unici eredi rimasti dei valori della Repubblica Italiana. Scomodare il Presidente della Repubblica, in una situazione del genere, è d'obbligo. Eppure lo hanno fatto solo loro. Tacere da parte sua non è reato, Mattarella non sarà iscritto per questo in alcun registro degli indagati, tuttavia è una pugnalata al cuore della Repubblica Italiana e ai valori costituzionali, che i nostri padri costituenti hanno conquistato con una guerra di liberazione e col sangue degli italiani, dopo che un'altra classe politica molto simile a questa ha aspettato che fosse troppo tardi, dopo che conflitti di interessi simili a quelli messi in luce dall'inchiesta di Potenza hanno lasciato scivolare lo stivale nella melma, nella guerra, nell'obbedienza ai capi.
La politica è nel Referendum del 17 aprile, nel voto di sfiducia del 19, nelle azioni che gli italiani, l'informazione e i quattro comitatini lucani, ora che i riflettori sono ancora accesi su questa terra (non vi rimarranno ancora per molto) dovrebbero intraprendere:
1) Chiedere a gran voce a tutti i deputati lucani, di qualsiasi partito, di votare la sfiducia al senato il 19 aprile;
2) In caso di silenzio o risposta negativa sputtanare in anticipo le ipocrisie e le comodità con le quali barattano il nostro destino;
3) Studiare la possibilità di citare in giudizio Matteo Renzi per il raggiro istituzionale riguardante l'emendamento Tempa Rossa.
fonte: Karakteria