Movimento 5 Stelle Europa
L'Europa, il gruppo dei socialisti e il Partito Democratico si sono accorti che al mondo esistono i paradisi fiscali. Oggi Gianni Pittella si dice in prima linea nel combattere l'elusione delle tasse verso i paradisi off-shore, proponendo un'altra commissione speciale d'inchiesta dedicata ai "Panama Papers".
Peccato che dallo scandalo LuxLeaks in poi, nulla è stato fatto per istituire un sistema corretto di tassazione delle multinazionali. Ma nulla è stato fatto perché anche i Socialisti e Democratici, gruppo politico a cui appartiene Gianni Pittella, non hanno voluto impegnarsi seriamente e concretamente per risolvere il problema.
Proprio lui, in qualità di presidente dei Socialisti e Democratici, il 5 febbraio 2015 in Conferenza dei Presidenti al Parlamento europeo bocciò la richiesta del Movimento 5 Stelle e dei Verdi di istituire una vera commissione con poteri d'inchiesta sullo scandalo Luxleaks, ma propose - e ottenne - una sterile commissione senza alcun vero potere.
Ora ne istituisce un'altra solo per fare un po' di rumore sulla stampa.
Grazie a Pittella non è stato possibile per i parlamentari europei consultare i documenti più importanti che avrebbero inequivocabilmente sancito la responsabilità diretta, tra gli altri, di Juncker. Ex premier del Lussemburgo e autore di quelle pratiche che Pittella oggi critica, ma che hanno voluto, sostenuto e votato a capo della Commissione europea, che è proprio quell'organo che dovrebbe proporre proposte legislative per debellare il problema. Cosa che, ovviamente, sta evitando di fare.
Il Movimento 5 Stelle ha già le idee chiare su come risolvere il problema dell'elusione fiscale internazionale. Sta già collaborando con numerosi esperti, lottando in ogni sede istituzionale e tutelando al contempo whistleblower come Hervé Falciani.
"Sono stato condannato in Svizzera per spionaggio economico. Secondo loro ho attentato agli interessi fondamentali della nazione elvetica. Peccato che per molti altri Paesi è stato un fatto positivo; ora tutte le volte che voglio andare in un altro Paese devo chiedere l'autorizzazione. Un Governo o un dipartimento di giustizia che rifiuta di ospitarmi ammette implicitamente di proteggere un segreto bancario, quindi ogni volta che decido di spostarmi è l'occasione giusta per capire cosa sta succedendo in quel Paese".
Cosa ne pensi dei "Panama Papers"?
"L'occasione di raggiungere più cittadini e di informarli è sempre una buona cosa. Ma non stiamo parlando di nulla di nuovo o di uno scandalo che non si conosceva. Semplicemente riusciamo a mettere qualche faccia sugli scandali finanziari. È incredibile pensare a tutta l'IVA che perdiamo ogni anno sulle frodi delle grandi imprese, ma nessuno ne parla perché non fa notizia come l'attacco a un capo di Stato".
Da quanti anni stai ripetendo queste cose?
"Sono almeno dieci anni che ci lavoro, ma se ne parla da molti di più".
Perché nessun americano è stato coinvolto?
"Ufficialmente perché gli Stati Uniti hanno già firmato un trattato di collaborazione con Panama. È proprio grazie a quest'ultimo che l'America sta diventando il luogo ideale in cui evadere, perché gli investitori si sentono più sicuri (pensiamo al Delaware o a Miami). La cosa più pericolosa è il livello d'intelligenza economica: tutte le informazioni sensibili risiederanno in un solo luogo e si andrà verso la centralizzazione. Esattamente come già avviene con i servizi Paypal o Amazon, che hanno sedi fiscali in Lussemburgo. Ecco, ogni volta che c'è una centralizzazione, per i cittadini si prospettano grandi problemi".
Quale sarà il prossimo paradiso fiscale?
"Nel Medio Oriente, tra Dubai e Abu Dabi. Speriamo che i coinvolti non abbiano troppe implicazioni, così che le notizie fluiscano più velocemente".