di Luca Campolongo
Le prossime settimane si preannunciano dense di avvenimenti per il futuro del IV Reich di Bruxelles e Berlino, al secolo noto come Unione europea.
Nonostante gli alti lai dell’inquilino quirinalizio che non perde occasione di criticare l’Austria perché sta costruendo un muro al confine con l’italico stivale in quanto non vuol ritrovarsi invasa dalla masnada di sedicenti “profughi” che noi pretendiamo di accogliere a braccia aperte in nome di una non ben compresa solidarietà verso i più bisognosi, dimenticandosi dei molti connazionali veramente bisognosi, a partire da anziani e malati che vedono ridursi sempre più le tutele da parte di questo governo non eletto, l’elettorato austriaco il 24 aprile potrebbe dare una potente svolta a destra al governo.
Se il Partito della Libertà, FPOE, con il suo leader Christian Strache dovesse ottenere un importante risultato alle elezioni, dato che i sondaggi da ben nove mesi lo danno in testa, la politica austriaca andrebbe ancora più a collidere con quella della Ue e della moneta unica.
A questo, aggiungiamo l’esito del referendum inglese sull’uscita dalla UE, la cui permanenza è tutt’altro che scontata, e si capisce subito come l’impalcatura Ue creata dalla Germania vacilli sempre più.
Ma guardiamo in casa nostra: abbiamo a che fare con un debito pubblico impazzito, salito proprio oggi 2.214,9 miliardi di euro, ha comunicao Banca d’Italia precisando che è lievitato di 21,5 miliardi di euro nel mese di febbraio (qualcosa come 700 milioni di euro al giorno!) a cui s’aggiunge la crisi sistemica delle banche ben lontana dall’essere risolta, nonostante il famigerato fondo Atlante, una crescita ridicola dell’economia e una decrescita dell’occupazione, senza scordare che l’Italia continua a essere (con tutta l’eurozona) in deflazione e per chiudere il cerchio una tenuta sociale messa sempre più a rischio dall’invasione di orde di clandestini.
Tutto questo fa sì che il futuro della Ue e della moneta unica siano decisamente a rischio, anche perché la BCE ha ormai esaurito qualsiasi intervento per cercare di rianimare un’economia in stato comatoso qual è quella – unicamente – dell’eurozona, affondata dalla deflazione che la Bce non riesce a battere e afflitta dalla stagnazione, con tutti gli indicatori economici in ribasso a partire da quelli della Germania.
Allora, mai come oggi è fondamentale porsi la seguente domanda: cosa fare, in caso di rottura della moneta unica?
La risposta non è affatto difficile da capire: poche e semplici cose: diversificare i propri investimenti, alleggerendo le posizioni in titoli di stato e privilegiando valute estere: dollari, sterline e franchi svizzeri.
Non puntate – dateci retta – su una sola valuta, diversificate per ridurre il rischio e, magari, portare pure a casa un guadagno.
Stesso discorso di diversificazione dovete farlo per quello che riguarda dove mettere i propri soldi: non teneteli solo in banche italiane. Oggi in Italia operano diverse banche straniere, usatene un paio, per attenuare il rischio di bail in del sistema bancario italiano. Chiaramente devono essere banche che non appartengono al perimetro euro, quindi niente banche francesi o peggio tedesche, che sono le più marce d’Europa se non del mondo. Vi rimandiamo agli articoli del nostro quotidiano sulla Deutsche Bank, per capire fino a che punto.
Per concludere, l’ultima mossa opportuna è quella di tenere una riserva di contanti disponibile, per evitare che dalle parti di Bruxelles qualcuno possa decidere di imporre limiti all’uso dei prelievi dagli sportelli bancari.
Se qualcuno ritiene che questo scenario, ovvero la dissoluzione dell’euro e quindi della Ue, sia pura fantascienza, credo farebbe bene ad andare a rileggersi le “meravigliose” profezie dei fautori della moneta unica sul benessere e la ricchezza che quest’ultima avrebbe generato.
Ricordate? Qualcuno fanfaronava di lavorare un giorno in meno guadagnando come se si fosse lavorato un giorno in più; qualcun altro di prosperità e ricchezza per tutti, e specialmente per gli italiani. Ricorderete che venne propalata la menzogna tonante per la quale l’euro avrebbe “salvato” l’Italia dal suo debito pubblico “enorme”.
Già, peccato che all’anno 2000 quando è arrivata la sciagura dell’euro il debito pubblico italiano fosse la metà – la metà! – di quello attuale! Si era a 1.300 miliardi di euro contro i 2.215 di oggi. L’Italia dal 1861 all’anno 2000 ha accumulato, lo ripetiamo, mille e trecento miliardi (espressi in euro) di debito pubblico. Dall’anno 2000 al mese di febbraio del 2016 il debito pubblico italiano è cresciuto di circa di mille miliardi di euro. Vi rendete conto?
L’euro invece di “abbattere” il debito pubblico come i governi di centrosinistra a guida Prodi e D’Alema raccontarono agli italiani dal 1996 al 2000 per convincerli a considerare “meravigliosa” quella che invece era una mostruosa porcata chiamata euro, lo ha raddoppiato in soli 15 anni e due mesi, mentre ce ne vollero 139 – di anni! – per crearlo. Quindi, il colpevole – perchè c’è un colpevole – della stratosferica quantità di debito pubblico italiano è l’euro. Senza l’euro, il debito pubblico sarebbe stato svalutato, non raddoppiato in una valuta dal cambio “tedesco” com’è l’euro.
Ma quando una creatura nasce marcia, è destinata a morire. Si può discutere in quanto tempo, ma l’esito è scontato. Sarà così per l’euro come lo è stato per decine di unioni monetarie abortite nei decenni passati. Prima accadrà, meglio sarà. Per noi italiani di sicuro. Forse meno per i tedeschi, ma hanno già arraffato abbastanza in questi anni.
fonte: StopEuro