Si chiama ‘Registro per la Trasparenza’. Istituito dalla Commissione europea, ad oggi 5 aprile questo prezioso data base conta 9.555 lobbies dei paesi membri, Italia inclusa, regolarmente registrate presso le istituzioni di Bruxelles. Una cifra per nulla irrilevante se consideriamo che dalle direttive comunitarie oggi dipende circa l’80% delle leggi nazionali.
Un potere quello delle lobbies in senso stretto o in senso lato tornato alla ribalta della cronaca con l’inchiesta sul petrolio che ha portato alle dimissioni del ministro per lo Sviluppo economico Federica Guidi. Tralasciando il caso specifico italiano è interessante notare la crescita di lobbies e simili presso le istituzioni di Bruxelles, con una media di 50 nuove iscrizioni a settimana nel registro Ue. Solo nella giornata di oggi si segnalano 7 new entries.
Una folta galassia di organizzazioni o gruppi di pressione la cui attività è volta a “influenzare direttamente o indirettamente la formulazione e l’implementazione delle politiche e del processo decisionale delle istituzioni Ue”, si legge sul sito, in nome della “trasparenza” e della “partecipazione dei cittadini”. Troviamo uffici di consulenza, gruppi di categoria, di settore, dell’industria persino studi legali, liberi professionisti, associazioni professionali, charity, ong, organizzazioni religiose e accademiche e tutte quelle autorità pubbliche che hanno un ufficio a Bruxelles con la dichiarata missione di fare valere gli interessi di chi rappresentano.
Nel dettaglio dei 9.555 gruppi registrati, 4.812 sono lobbisti interni, associazioni di categoria, commerciali e professionali; 2.446 sono organizzazioni non governative; 1.129 sono società di consulenza specializzate, studi legali, consulenti indipendenti; 673 centri di studio, istituti accademici e di ricerca; 454 sono rappresentanze di amministrazioni regioni, locali e comunali, enti pubblici o misti e 41 sono organizzazioni che rappresentano chiese e comunità religiose.
Dall’industria (energia e tabacco tra le più attive) agli interessi nazionali questo potere ‘ombra’ secondo alcune stime fornite dal Guardian inciderebbero sul 75% della legislazione comunitaria. Un influenza molto forte che dovrebbe prevedere adeguati contrappesi nelle associazioni dei consumatori. Peccato che a Bruxelles ci sia solo un’unica organizzazione in nome degli interessi dei consumatori europei, il Beuc, Bureau of european consumer organisations: 35 impiegati al 2014 e metà del budget soggetto a difficili negoziati con l’Ue.
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