Dopo tanti mesi di sforamenti, all'improvviso, a febbraio 2014, i reflui petroliferi di Viggiano fatti analizzare, sono tornati nella norma. E questo grazie ad un 'giochino' scoperto dall'Antimafia con l'ausilio delle intercettazioni
Siamo a febbraio 2014. L'Eni è in piena bufera poiché poco prima, il 13 gennaio, c'è stata la fiammata del Centro Oli che ha spinto la Regione Basilicata a diffidare la multinazionale. Le cose vanno male. Tra ottobre e dicembre 2013 i valori delle acque di scarto petrolifero reiniettate nel pozzo Costa Molina 2 hanno mostrato valori di idrocarburi del tutto fuori norma. Altri sforamenti avrebbero violato l'autorizzazione integrata ambientale pena 'lo stop' delle attività.
“Il trucchetto di laboratorio”. E' in questo momento che Cirelli, dirigente Eni ora ai domiciliari, escogita il suo cavallo di Troia.
Parlando con Bianchini, chimico del laboratorio (Co.r.i.) a cui Eni si affidava per i prelievi, gli chiede: “Ma il trattamento con i carboni attivi fa scendere gli idrocarburi?”. Risponde Bianchini: “E certo che li trattiene”, aggiungendo: “Dobbiamo (solo) prendere sta colonnina e portarla in campo. Il campione si versa da sopra e si prende sotto”. A questo punto il dirigente Eni dà precise disposizioni al chimico (Bianchini) specificando che “dopo aver fatto i flitraggi con i carboni attivi” avrebbero dovuto inviare i campioni al laboratorio Chelab (Treviso) deputato alle analisi.
“I dubbi” del laboratorio Chelab. Qualcosa, però nei piani di Eni, provoca intralci. La responsabile del laboratorio di Treviso esprime dubbi, che riferisce al chimico del Gruppo Cori-Criscuolo. “Non condivido la modalità di lavoro che è stata scelta”, si lamenta la dipendente Chelab con Bianchini. Il quale replica: “Eni vuole fare questo trattamento, a voi....”. A loro non doveva interessare, in sintesi. La dipendente Chelab forse aveva fiutato il trucchetto. Ma Bianchini tentava di rassicurarla: “Si tratta solo di sottigliezze”. E la donna: “Alfò, non sono affatto sottigliezze”. Alfò è Bianchini, che il giorno dopo parla con Cirelli (Eni) e gli dice dell'intoppo: “Ma noi dobbiamo mettere sul verbale che il refluo è stato filtrato”. Cirelli lo tranquillizza chiarendo che “il laboratorio Chelab se la deve vedere con me”.
L'accordo: “Sono prove interne”. Il laboratorio Chelab, che aveva deciso di non partecipare al trucchetto per taroccare i dati, contatta il dirigente Eni il 18 febbraio. “Noi abbiamo la nostra preparativa – gli dice – se voi fate una preparativa diversa noi dobbiamo indicarlo”. Il laboratorio paventa un rischio che quelle analisi, e quel trattamento arrivino sulle scrivanie della “Provincia”. Ed è qui che il dirigente Eni perfeziona il suo cavallo di Troia. Chiarisce che “non sono certificati destinati all'esterno”. Ma il laboratorio, per cautelarsi, gli risponde: “Tanto per essere tutelati, allora, mandate un certificato che sono prove interne punto e stop”.
A febbraio, idrocarburi nella norma. Evidentemente non si trattava di “prove interne”, ma di tabelle con le concentrazioni di inquinanti da esibire all'esterno. Infatti dai campionamenti di Eni e Arpab relativi a febbraio 2014, per la prima volta dopo diversi mesi, i valori di idrocarburi (c10, c40 e n-esano) come per magia scendono ben al di sotto della norma. Scendono di un quarto rispetto ai picchi di qualche mese prima. Segno che il taroccamento ha funzionato.
De Scalzi (Eni): “Noi rispettiamo il territorio”. Alla luce di quanto scoperto dall'Antimafia, fa specie ascoltare le parole dell'amministratore delegato dell'Eni, Claudio De Scalzi, che qualche giorno fa, scrivendo ai giornali lucani e riferendosi proprio al trattamento delle acque di reiniezione petrolifera, ha chiosato: “Non vogliamo ombre sull'operato di un'azienda, l'Eni, che è il simbolo dell'ingegno italiano nel mondo e che ha creato valore rispettando ambiente e salute. Senza compromessi”. Discrezione e massima serietà. Stile Eni, Taroccamenti a parte, si intende...
fonte: Basilicata24