DI CARLO BERTANI
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Il povero presidente dell’INPS si è visto rigettare la sua ennesima richiesta (1): dare un reddito di 500 euro il mese ai disoccupati 55enni, prelevando il denaro necessario dalle pensioni d’oro di 230.000 persone e da 4.000 vitalizi di parlamentari oltre gli 80.000 euro. Si noti: tutte persone che percepiscono assegni oltre la quota dei versamenti effettuati, vale a dire senza effettiva copertura, un elenco lungo che va dai parlamentari agli amministratori locali fino ai sindacalisti. Insomma, il “cuore” del sistema mafioso di potere.
Qualcuno ha detto “non si può smettere di lavorare a 55 anni”, altri “non si mettono le mani sulle pensioni” ed altre facezie del genere. Il piano di Boeri era ben congegnato, ed a noi interessa il titolo “Non per cassa, ma per equità”: Dio sa di quanta equità distributiva questo Paese abbia bisogno, visto che il 10% della popolazione possiede quasi il 50% della ricchezza. Ma, qual 10%, ha deciso di tenersela (fra di loro ci sono tutti i parlamentari).
Boeri stesso diede il buon esempio: il suo predecessore, Mastrapasqua – quello che aveva falsificato gli esami universitari, e quindi condannato, e dunque non si capisce come potesse occupare quel posto (oggi è stato rinviato a giudizio per altre malversazioni e truffe varie nella sanità) – percepiva, come presidente INPS, la “cifretta” di 1,2 milioni di euro l’anno. Boeri se l’è auto-ridotta a 120.000 euro, ossia un decimo. Non desidero tessere il panegirico di Tito Boeri, però i fatti sono fatti.
Due aspetti della vicenda mi sembrano interessanti. Il primo è che, contrariamente alla normalità, è stato il ministro del lavoro Poletti ad “andarci giù pesante” con la proposta Boeri: stranamente, né Renzi si è pronunciato (oltre le consuete frasi di circostanza ed i soliti slanci d’ottimismo sul futuro) ma, soprattutto, totale silenzio dal suo High Controller, quel bel elemento del ministro dell’Economia Padoan, uno che – se lo fissi per più di 3 secondi – ti fa venire una fitta allo stomaco. A mio parere, è poco credibile che Renzi ed il suo Controller non si siano sentiti: probabilmente, non desideravano uno scontro con Boeri, poiché trovarne un altro non è facile. Oddio sì: le mezze calzette abbondano, sono i veri economisti a scarseggiare. Tutto sommato, meglio tenerselo buono, avranno pensato.
La seconda vicenda riguarda più espressamente la politica economica di questo disgraziato Paese: è lapalissiano che, stornare le cifre eccedenti a quegli altissimi emolumenti per dirottarle su un assegno di disoccupazione (com’è in tutta Europa, salvo Italia e Grecia) avrebbe significato un “travaso” da Wall Street a Main Street, come in gergo sono chiamate la finanza bancaria/industriale/amministrativa (ecc) e l’economia reale. E’ chiaro a tutti che i 500 euro dati ad un disoccupato sarebbero stati “scialacquati” in spaghetti, biscotti, qualche vestito, scarpe...ossia tutti beni che sostengono l’economia reale (ossia la direttrice vendite-lavoro-posti di lavoro, ecc), mentre nelle mani di chi attualmente li detiene significano grandi investimenti esteri in fondi (azionari, sovrani, ecc), ossia soldi che – al comune italiano – non portano nessun beneficio.
La risposta è allora chiara, soprattutto per un uomo intelligente come Boeri: questo Paese non deve “decollare” bensì sarà gradualmente “decollato”, poiché quei poteri non arretrano di un centimetro. Vorrei far notare che questa è tutta una questione italiana, ossia interna al bilancio italiano: difatti, Boeri ha precisato le coperture. Qui non c’entra nessun potentato straniero: una partita di giro interna.
Allora, caro Tito: cosa vogliamo fare? Ommini, mezzi ommini, omminicchi, pigliainculo e quaqquaraquà: cosa scegli? Una lettera di dimissioni sarebbe un bel gesto: per te e per l’Italia.
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Anche il Papa a Piazza S.Pietro interviene sulle pensioni con parole sagge ed incisive.
La pensione è un diritto che va sempre salvaguardato. E’ quanto affermato da Papa Francesco nel discorso, in Piazza San Pietro, ai dirigenti e dipendenti dell’Inps, l’Istituto italiano della Previdenza sociale. Il Pontefice ha quindi nuovamente criticato un modello economico che “macina risorse per ottenere profitti sempre maggiori”, a discapito della dignità delle persone.
Tutelare i lavoratori e il loro riposo, custodire la maternità e il lavoro femminile, non far mancare mai il diritto alla pensione. Papa Francesco ha sintetizzato così le priorità che devono guidare l’Inps e subito ha voluto sottolineare che il riposo non è una “semplice astensione dalla fatica e dall’impegno ordinario”, ma “un’occasione per vivere pienamente” la propria umanità, aperta all’incontro “vivo con Dio e con gli altri”.
Vergognoso lavoro nero, garantire esigenze assistenziali
E qui, a braccio, ha avvertito che è vergognoso “il lavoro nero” come anche la precarietà e “l’ingiustizia sociale” che negano a tutti il diritto al lavoro e al riposo. Francesco ha così rilevato che “l’eventualità del riposo è stata anticipata, a volte diluita nel tempo, a volte rinegoziata fino ad estremismi aberranti”, come quello che arriva “a snaturare l’ipotesi stessa di una cessazione lavorativa”:
“Dall’altro lato, non sono venute meno le esigenze assistenziali, tanto per chi ha perso o non ha mai avuto lavoro, quanto per chi è costretto a interromperlo per i motivi più diversi. Tu interrompi il lavoro e l’assistenza sanitaria cade”.
Non manchi mai il diritto alla pensione
Il Papa ha quindi chiesto all’Inps di non far mai mancare le sovvenzioni indispensabili per la “sussistenza dei lavoratori disoccupati e delle loro famiglie” e ha indicato una serie di priorità, tra cui il lavoro femminile e “l’assistenza alla maternità che deve sempre tutelare la vita che nasce e chi la serve quotidianamente”:
“Non manchi mai l’assicurazione per la vecchiaia, la malattia, gli infortuni legati al lavoro. Non manchi il diritto alla pensione, e sottolineo: il diritto – la pensione è un diritto! – perché di questo si tratta. Siate consapevoli dell’altissima dignità di ciascun lavoratore, al cui servizio voi prestate la vostra opera”.
No a economia che pensa solo a massimizzare i profitti
Ancora, il Papa ha ribadito che lavorare “vuol dire prolungare l’opera di Dio nella storia” e per questo l’Inps deve garantire “una sussistenza dignitosa a chi deve lasciare l’attività lavorativa”:
“Il lavoro, infatti, non può essere un mero ingranaggio nel meccanismo perverso che macina risorse per ottenere profitti sempre maggiori; non può dunque essere prolungato o ridotto in funzione del guadagno di pochi e di forme produttive che sacrificano valori, relazioni e princìpi. Questo vale per l’economia in generale, che non può più ricorrere a rimedi che sono un nuovo veleno, come quando si pretende di aumentare la redditività riducendo il mercato del lavoro e creando in tal modo nuovi esclusi”.
Lavorare per chi lavora, non dimenticare l’uomo
Papa Francesco ha dunque affermato che “il vero riposo viene proprio dal lavoro”, ribadendo che uno può riposare quando è “sicuro di avere un lavoro sicuro” che dà dignità. “Tu - ha soggiunto - puoi riposare quando nella vecchiaia sei sicuro di avere la pensione che è un diritto”:
“Non dimenticare l’uomo: questo è l’imperativo. Amare e servire l’uomo con coscienza, responsabilità, disponibilità. Lavorare per chi lavora, e non ultimo per chi vorrebbe farlo ma non può. Farlo non come opera di solidarietà, ma come dovere di giustizia e di sussidiarietà. Sostenere i più deboli, perché a nessuno manchi la dignità e la libertà di vivere una vita autenticamente umana”.
Fonte: http://carlobertani.blogspot
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