di Luigi Pecchioli
“L’azienda ci aveva sempre detto di stare tranquilli, e che per tre anni stavamo sicuri. Poi non sono un tipo politicizzato, mai fatto uno sciopero in vita mia, non sono di sinistra. Vedevo Renzi in tv, parlavano tutti di ‘tutele crescenti’… Ecco sulla mie pelle ho visto che quella dizione è una barzelletta”
In questa frase, nello stupore sincero del lavoratore licenziato, nella amara consapevolezza che “quella dizione (contratto a tutele crescenti) è una barzelletta” sta tutto il reale volto del nuovo contratto a tempo indeterminato nato dal Jobs Act di Renzi e Poletti.
Qualcuno ha scritto su Twitter, commentando la notizia, “il Jobs Act ha messo il suo primo dentino“: sì, e con quello ha dato il primo maligno morso.
Ma qual’è la notizia? Presto detto: tre lavoratori della Pigna Envelopes sul di Tolmezzo, una controllata delle Cartiere Paolo Pigna spa – una fabbrica storica nella produzione di carta ora ammessa al concordato per essere ristrutturata – assunti otto mesi fa con il nuovo contratto a tempo indeterminato, sono stati licenziati dall’azienda, con effetto immediato, con una lettera di poche righe che giustifica la cessazione del rapporto con il motivo della “riorganizzazione della turnistica dovuta ad un persistente calo di lavoro“.
L’ironia è data dal fatto che l’assunzione era stata effettuata perché le commesse che l’azienda aveva da soddisfare le imponevano un aumento dell’organico. Questo accadeva otto mesi fa. Oggi non c’è più bisogno di loro.
Uno di loro, sposato con due figli piccoli, che per farsi assumere si era licenziato da camionista con la prospettiva finalmente di un lavoro stabile vicino alla sua famiglia, racconta la sua reazione al licenziamento improvviso: “Non ci credevo. Se sei precario, te lo puoi aspettare. Se sai di essere a tempo indeterminato, no. E invece ho scoperto così che ero precario lo stesso. Da un momento all’altro a casa, l’ho trovato ingiusto, una mancanza di rispetto dal punto di vista umano.”.
L’azienda assumendo questi lavoratori aveva avuto il beneficio dello sgravio contributivo e non dovrà neppure riversarlo. Come segnala Massimo Albanesi, segretario regionale della Fistel Cisl, il sindacato di riferimento per il settore dei cartai, che ha portato alla luce il fatto, “abbiamo un’azienda che ha beneficiato della decontribuzione prevista dalla legge per aver assunto un lavoratore a tempo indeterminato e che oggi scarica sulla collettività lo stesso lavoratore che dovrà fare domanda per accedere agli ammortizzatori sociali. Per l’azienda nessun conto da pagare; per il sistema Paese un doppio costo sociale“.
A questo effetto, largamente previsto da chi fin dall’inizio aveva osteggiato la legge, segnalando anche il problema del guadagno dell’impresa in caso di assunzione e licenziamento entro i primi tre anni, si aggiunge anche l’altro altrettanto grave del licenziamento di lavoratori con vecchi contratti stabili per assumere con il nuovo: è quello che è successo ad aprile al call center Call&Call srl di Milano. Per approfittare dei contributi all’assunzione e degli sgravi contributivi la società ha chiuso per difficoltà economiche la sede di Cinisello Balsamo mandando a casa 186 persone e dirottando il lavoro nelle sue altre sedi al Centro ed al Sud. Ciò è stato possibile in quanto ogni sede è una società autonoma, quindi la chiusura per difficoltà economica ed il relativo licenziamento collettivo a Milano non ha ostacolato l’assunzione (col nuovo contratto a tutele crescenti) nelle altre sedi ed il godimento dei relativi benefici.
Sarà anche un caso limite, ma unito a quello che è accaduto due giorni fa ai lavoratori della Pigna Envelopes dimostra che le preoccupazioni per la precarietà mascherata del nuovo contratto a tempo indeterminato non erano voci di “gufi” contro il Governo Renzi. Ciò unito ai modesti risultati occupazionali netti, dei quali in questo blog abbiamo già dato conto, permette di dire che il Jobs Act è un vero e proprio fallimento per lo sviluppo del lavoro, ma uno strumento perfetto per “mettere in riga” i lavoratori.
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