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sabato 22 aprile 2017

L'ennesima presa in Giro dell'Abolizione dei Voucher


da Infoaut


Che dietro l'abolizione dei voucher si celasse la più colossale bufala dell'anno si era capito fin da subito. Un colpo di penna in fretta e furia per evitare un referendum non nascondono la necessità (per loro) di abbassare ancora il costo del lavoro, la voglia di averci flessibili e sempre disponibili. E allora ieri il senatore Sacconi (presidente Commissione lavoro del senato) ha pensato che non fosse il caso di lasciare l'Italia neanche un momento senza i preziosi (per loro) voucher.




A poco ore "dall'abrogazione" dei buoni lavoro ha presentato un disegno di legge che li propone praticamente tali e quali. È fondamentale (per loro), dice il senatore, colmare il vuoto normativo lasciato dai voucher, non sia mai che la loro abolizione si possa effettivamente tradurre in maggiori tutele per i dipendenti.



La proposta prevede la re-introduzione dei buoni per le prestazioni "saltuarie" mettendo un tetto di 2000 euro l'anno e l'obbligo di dichiarazione 60 minuti prima dell'inizio della prestazione lavorativa (chi controllerà?) lasciando però la possibilità di usufruirne a tutti i soggetti dalle famiglie alle grandi aziende alle cooperative fino alla pubblica amministrazione. Una proposta insomma che non solo fa rientrare dalla finestra i voucher del jobs act ma che prevede criteri ben meno restrittivi delle proposte di riforma giudicate troppo "blande" e che avevano portato a decidere infine per l'abolizione.

Viene poi direttamente proposta la liberalizzazione dei contratti a chiamata che diventa "lavoro intermittente semplificato" (per loro). Oggi si tratta di una forma contrattuale che può essere applicata soltanto a fasce di età "estreme" (lavoratori che hanno più di 55 anni o meno di 24 anni) e solo all'interno di quanto previsto nei contratti collettivi nazionali. Limitazioni che cadranno lasciando senza alcun paletto un lavoro già iper-precario. Che cosa vuol dire (per loro) il DDL Sacconi sembra abbastanza chiaro, lo sarà anche per noi?

fonte: MegaChip


Di seguito un'esposizione dei provvedimenti del Disegno di Legge Sacconi che prendono il posto dei Voucher


Lavoro breve e lavoro intermittente semplificato: i due nuovi contratti che sostituiscono i voucher.

Arrivano due nuove alternative ai voucher, una dedicata alle prestazioni meramente saltuarie, un’altra dedicata a prestazioni discontinue, ma protratte nel tempo: si tratta del lavoro breve e del lavoro intermittente semplificato. Queste nuove forme contrattuali sono state introdotte dal Ddl sul lavoro breve, presentato ieri dal presidente della commissione Lavoro del Senato Maurizio Sacconi, insieme a Giancarlo Serafini, Hans Berger, Franco Panizza e Roberto Formigoni.

Queste alternative, finalizzate a riempire il vuoto normativo creatosi con l’abolizione dei voucher, dovrebbero superare le principali problematiche esistenti negli attuali contratti di lavoro: in particolare, col lavoro intermittente, o a chiamata, semplificato, sarà abolito il limite di età dei lavoratori (attualmente chi presta lavoro a chiamata deve essere al di sotto dei 24 anni o dai 55 anni in su); il lavoro breve, invece, prevedrà modalità di assunzione e adempimenti estremamente semplificati, in modo da essere gestibile senza difficoltà per le famiglie e per le imprese.

Ma procediamo per ordine e vediamo, in base a quanto attualmente noto, quali saranno le principali novità.
Lavoro breve

Il disegno di legge definisce come “lavoro breve” tutte le prestazioni che, con un singolo committente, danno luogo a compensi non superiori a 900 euro in un anno. La soglia-limite di prestazioni fornite a un singolo committente, dunque, è molto più bassa di quella prevista dai voucher, pari a 2.000 euro netti annui, in caso di prestazione svolta a favore di un’impresa o un professionista.

Anche il limite complessivo annuo relativo ai compensi percepiti da più committenti si abbassa: dai vecchi 7.000 euro netti, difatti, si passa a 2.000 euro annui, se il prestatore è beneficiario di sussidi pubblici.

Questo perché un compenso maggiore sarebbe “sintomo” di una prestazione strutturata, con un minimo di continuità, non rientrante, dunque, nel lavoro breve perché non meramente occasionale.
Lavoro breve: adempimenti

Gli adempimenti relativi ai rapporti rientranti nel lavoro breve saranno estremamente semplificati. È difatti prevista una piattaforma telematica gestita interamente dall’Inps, alla quale dovranno essere iscritti i lavoratori e comunicate le prestazioni lavorative, con almeno 60 minuti di anticipo. La comunicazione preventiva sarà simile a quella prevista per i voucher, che si inviava all’Ispettorato del lavoro: dovrà infatti contenere i dati del lavoratore, il luogo, il giorno e l’orario della prestazione.

La prestazione lavorativa, ad ogni modo, non dovrà avere una qualificazione specifica.

Il pagamento della prestazione avverrà direttamente tramite la piattaforma, contestualmente alla comunicazione preventiva dei dati del lavoratore, comunque attraverso modalità tracciabili, assieme ai contributi previdenziali e assicurativi, dovuti in forma ridotta. In parallelo a quanto già previsto per i voucher, i compensi saranno esenti da tassazione.
Lavoro breve: costo e contributi

Il valore orario della prestazione sarà pari a 10 euro, come per i vecchi voucher: il 7% del compenso sarà versato all’Inail per l’assicurazione contro gli infortuni, mentre il 13%sarà destinato all’Inps, Gestione Separata, per la pensione (contributi per invalidità, vecchiaia e superstiti).

Si ipotizza, comunque, una contribuzione ridotta a carico delle famiglie, pari al 4%. Alcune ipotesi prospettate, invece, prevedono una contribuzione previdenziale, a favore dei lavoratori, pari almeno al 25%, cioè all’attuale aliquota prevista per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata, o al 33%, l’attuale aliquota a favore dei dipendenti.

L’innalzamento dell’aliquota contributiva, tuttavia, farebbe crescere in modo eccessivo il valore della prestazione oraria: si tratterebbe di una crescita ingiustificata, peraltro, considerando che il lavoro breve sarà rivolto alle prestazioni meramente occasionali, con soglie notevolmente più basse rispetto ai voucher e con rischio di abusi, quindi, molto limitato.
Lavoro intermittente semplificato

Per le prestazioni discontinue, invece, ma connotate da una maggiore stabilità, la nuova forma contrattuale da utilizzare sarà, secondo il Ddl Sacconi, il lavoro intermittente semplificato, o lavoro a chiamata semplificato.

Ricordiamo che nel lavoro a chiamata il dipendente non presta la propria opera continuativamente, ma soltanto dietro espressa richiesta del datore di lavoro; nei periodi di inattività può percepire un’indennità di disponibilità, se a disposizione, mentre non percepisce nulla nel caso in cui non sia tenuto a rendersi disponibile.

Il lavoro a chiamata è ammesso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, secondo le esigenze individuate:
dai contratti collettivi (nazionali, territoriali o aziendali);
da appositi decreti ministeriali;
dalla normativa sull’orario di lavoro, che definisce determinate attività come discontinue (attività dei commessi di negozio, dei receptionist degli alberghi, degli addetti alle pompe di carburante, etc).

Il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un massimo di 400 giornate effettive nell’arco di 3 anni, ad eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.

Se il numero di giornate viene superato il contratto a chiamata si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

Inoltre, il contratto intermittente può essere stipulato solo da lavoratori:
con almeno 55 anni di età, anche pensionati;
che non abbiano ancora compiuto 24 anni; in questo caso le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro i 25 anni.

L’assunzione del lavoratore a chiamata deve essere comunicata nelle forme ordinarie ai servizi per l’impiego della propria Regione. Inoltre, prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo di prestazioni inferiori a 30 giorni, il datore di lavoro è tenuto a inviare una comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro (Itl) competente per territorio, utilizzando il modello “Uni-intermittente“, via web, mail, app o sms.

La regolamentazione contrattuale del lavoro a chiamata semplificato sarà molto simile a quella del lavoro a chiamata, ma cadranno i “paletti” posti dalla contrattazione collettiva e i limiti legati alle fasce di età: in pratica, potranno svolgere lavoro a chiamata le persone di tutte le età, nono soltanto gli over 55 o i giovani con meno di 24 anni.

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