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lunedì 10 aprile 2017

Tutte le false notizie che hanno causato disastri e morti. E ancora continuano!

Post-verità e Fake News. Un tema su cui il giornalismo odierno s’interroga costantemente.
Questa è la cronaca di alcuni avvenimenti importanti che hanno cambiato il mondo negli ultimi 20 anni, o almeno così come sono stati raccontati al tempo secondo una narrazione giornalistica che ha sposato delle tesi senza svolgere i dovuti approfondimenti e senza porsi troppi dubbi.





Iraq, 2003. Le armi di distruzione di massa
La cronaca. 
Al Consiglio di Sicurezza dell’Onu il Segretario di Stato americano Colin Powell presenta le prove trovate dagli Stati Uniti delle violazioni alla risoluzione 1441 dell’Onu e del possesso di armi di distruzione di massa da parte dell’Iraq di Saddam Hussein. «L’Iraq ha già precedentemente violato i suoi impegni, violando 16 passate risoluzioni durante gli ultimi 12 anni.
La Risoluzione 1441 non aveva a che fare con una parte innocente, bensì con un regime che questo stesso consiglio ha condannato ripetutamente nel corso degli anni. La risoluzione 1441 ha dato all’Iraq un’ultima opportunità, l’ultima opportunità di collaborare o affrontare serie conseguenze.Nessun membro del Consiglio presente durante la votazione quel giorno ebbe nessuna illusione sulla natura e gli scopi della risoluzione o su quali sarebbero state le serie conseguenze se l’Iraq non avesse collaborato».

Nonostante i dubbi sulle prove fornite da Powell, il 20 marzo la coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti invade l’Iraq e dà inizio alla Seconda Guerra del Golfo.Il 1º maggio 2003 il presidente Bush atterra sulla portaerei Abraham Lincoln, quella che aveva partecipato alle operazioni nel Paese, e annuncia la vittoria degli Stati Uniti. Il 30 dicembre 2006, l’ex Presidente e leader del partito Partito Baʿth, Saddam Hussein, viene giustiziato da un tribunale speciale iracheno. La stragrande maggioranza della stampa e dell’opinione pubblica celebra la vittoria angloamericana e la caduta del dittatore.

La realtà. 
Le armi di distruzione di massa irachene non esistevano e Colin Powell mentì davanti al mondo intero. Nel primo rapporto pubblicato dalla CIA nel 2004, che ha coinvolto circa 1200 ispettori, lo si evince chiaramente. Un dato confermato da tutte le inchieste successive. L’ultima è stato presentato lo scorso luglio dalla commissione d’inchiesta inglese presieduta da Sir John Chilcot. Bush e Blair trascinarono l’Occidente in Iraq sulla base di prove inesistenti, destabilizzando un Paese e causando la morte di migliaia di civili e militari. Inoltre, molti ex ufficiali di Saddam Hussein, hanno sposato la causa del Califfato e si sono riciclati nelle file dell’ISIS.

2011, la Libia, la “Primavera Araba” e le fosse comuni

La cronaca. 
Nel febbraio del 2011, sull’onda di quello che stava accadendo in Tunisia e in Egitto, in Libia esplode l’insurrezione contro il Colonello Gheddafi. Francia e Gran Bretagna si dichiarano immediatamente disponibili a un coinvolgimento diretto nel conflitto a fianco dei ribelli. Nel primavera del 2011 iniziano i pesanti bombardamenti della NATO: decisivo l’apporto degli Stati Uniti, spinti dall’allora Segretario di Stato americano Hillary Clinton, che convince un restio Presidente Barack Obama a intervenire. Sui media, nel frattempo, circolano le terribili immagini di fosse comuni e di altri massacri, che vengono imputati al ràis.

Il colonnello, assediato a Tripoli, è costretto alla fuga, prima di essere scovato a Sirte nell’ottobre dello stesso anno e assassinato senza un regolare processo. La narrazione giornalistica generale del tempo è a favore della rimozione di Gheddafi, nonostante qualche voce fuori dal coro sostenga che le rivolte siano eterodirette e che l’intervento NATO sia stato pianificato prima. Oltre alle catastrofiche conseguenze, che oggi conosciamo, sul piano geopolitico.

La realtà. 
Fulvio Scaglione, già vicedirettore di Famiglia Cristiana, analizzò tutte le fake news divulgate al tempo sulla Libia. «La madre di tutte le bugie: 10 mila morti e 55 mila feriti. Il pretesto per un intervento dalle vere ragioni geostrategiche è stato fabbricato a febbraio. Lo scorso 23 febbraio, pochi giorni dopo l’inizio della rivolta, la tivù satellitare Al Arabyia denuncia via Twitter un massacro: “10mila morti e 50mila feriti in Libia”, con bombardamenti aerei su Tripoli e Bengasi e fosse comuni. La fonte è Sayed Al Shanuka, che parla da Parigi come membro libico della Corte penale internazionale – Cpi . La “notizia” fa il giro del mondo e offre la principale giustificazione all’intervento del Consiglio di Sicurezza e poi della Nato: per “proteggere i civili”. Non fa il giro del mondo invece la smentita da parte della stessa Corte Penale internazionale: “Il signor Sayed Al Shanuka – o El Hadi Shallouf – non è in alcun modo membro o consulente della Corte”.

2013, Siria. L’attacco chimico di Goutha

La cronaca. 
La mattina del 21 agosto 2013, nella zona sud-est di Damasco, nel quartiere di Ghuta controllato dai ribelli, un numero imprecisato di civili – si parla di alcune centinaia, fino al migliaio – muoiono a causa di un attacco chimico. NATO, Stati Uniti, Unione Europea e Paesi del Golfo accusano il governo di Bashar al-Assad. E’ l’inizio di una crisi internazionale . La Siria, su spinta della Federazione Russa, firma la convenzione sulle armi chimiche e distrugge il proprio arsenale, che avviene sotto la stretta supervisione dell’ONU e degli Stati Uniti.

La realtà.
Furono i ribelli e non Damasco, secondo l’inchiesta condotta da Seymour Hersh, ad usare le armi chimiche in Siria. Una ricostruzione, quella del giornalista Premio Pulitzer, che potete leggere qui in versione integrale.

Fonte: Occhi della Guerra

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