di Giovanni Fez
Siamo alle solite. Debito pubblico che ci sovrasta, quindi stringiamo la cinghia, austerità, tagli a servizi, tasse. Un circolo vizioso in cui l'Italia è invischiata da un pezzo. E ci dicono che per non farsi schiacciare del tutto e per non andare in bancarotta occorre spremere ancor più il paese. Ma non ce lo dicono forse da troppo tempo? E tutti i tagli a servizi, sociale, scuola e sanità di questi ultimi 30 anni a cosa sono serviti? E' questa la strada giusta? O è forse il momento di una trasformazione radicale e strutturale non solo delle azioni, ma anche del paradigma?
A dare la sua risposta è Francesco Gesualdi, coordinatore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo.
«Bisogna aver chiaro che, nonostante i sacrifici che sosteniamo da anni, l'Italia continua ad indebitarsi perché non riesce a tenere il passo con gli interessi del debito. Ogni anno risparmiamo fra i 30 e i 40 miliardi, ma non sono sufficienti a coprire gli interessi, per cui apriamo ogni anno nuovo debito per coprire la quota che rimane scoperta. Il risultato è che nonostante i 700 miliardi di risparmio accantonati dal 1992, nello stesso periodo abbiamo contratto nuovo debito per circa 1000 miliardi di euro solo per gli interessi. A mio avviso non se ne ne esce se non si ha il coraggio di colpire il mondo della finanza, autoriducendo gli interessi e tassando come si deve i grandi patrimoni».