A che punto stiamo con la sanatoria sul fracking concessa alle compagnie petrolifere grazie al comma 11 quater del famigerato art. 38 dello "Sblocca Italia" voluto da Renzi? La domanda è stata posta ai ministri dell'Ambiente, Gian Luca Galletti, e dello Sviluppo economico, Federica Guidi, con un'interrogazione al Senato della Repubblica, a prima firma di Vito Petrocelli, e realizzata, come spesso avviene nel M5S, in collaborazione con il territorio. In questo caso, con il Movimento 5 Stelle di Venosa, in Basilicata, regione giustamente preoccupata di ogni libertà o sanatorie varie concesse alle sette sorelle del petrolio.
In Basilicata, infatti, si estrae l'80% del petrolio italiano, che equivale al 6% del fabbisogno energetico nazionale, regione nella quale si sono raggiunte già circa 480 perforazioni (tra pozzi attivi, sterili ed esausti), dove sono in programma un'altra trentina di pozzi, tutti in aree sensibili e delicate per la catena alimentare umana. Ma soprattutto, dove è stata già sicuramente sperimentata la violenta e devastante pratica del fracking, che in Italia non è stata mai consentita né, però, mai direttamente vietata, prima dell'art.38. Non consentire, ma neanche vietare qualcosa, è una condizione ideale, nei Paesi dove la democrazia latita di fronte agli interessi dei potenti, per sviluppare situazioni di arroganza manageriale, illegalità diffusa e un bel Far West operativo, dove vince sempre chi ha il maggior potere persuasivo.Il sospetto del favore alle multinazionali dell'energia da parte di Renzi ci sta tutto, perché la fretta di vietare espressamente il fracking è venuta subito dopo la pubblicazione del report della Commissione scientifica internazionale Ichese, che collega il terremoto di Rivalta in Emilia a una possibile attività di fracking, e subito dopo la pubblicazione da parte della professoressa italo-americana anti trivelle, Maria Rita D'Orsogna, di due studi di riviste scientifiche di settore, nelle quali si citavano tranquillamente nomi e date di una sperimentazione di "acidificazione in orizzontale" fatta negli anni '90 nella Concessione Val d'Agri (Eni/Shell). In Basilicata, appunto. Informazione, quest'ultima, che è stata subito oggetto di una denuncia alla Commissione europea per l'Ambiente, prima firma sempre Vito Petrocelli, seguita da una serie di interrogazioni da parte dell'Europarlamentare Piernicola Pedicini.
Chiaramente, il governo Renzi, anziché perseguire i responsabili e dare ai cittadini la possibilità di rivalersi contro le società, ha introdotto il comma 11 quater, col quale, da un lato vieta ufficialmente il fracking, dall'altro consente una sanatoria sulle responsabilità del ricorso a una pratica comunque non normata in Italia e che avrà prodotto ampie fasce di inquinamento di falde e sottosuolo. Sarà sufficiente dichiarare di aver anche solo sperimentato il fracking prima del 31 dicembre del 2014. Prima, cioè, dell'entrata in vigore della norma anti fracking.
È la stessa tecnica dell'ex ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera: col suo altrettanto famoso art. 35 della finanziaria "Cresci Italia", mentre apparentemente vietava le piattaforme marine entro le 12 miglia, nella realtà dava il via a una gigantesca liberatoria delle Concessioni già assegnate, fino al 2010, entro le 5 miglia marine. Concessioni che vedono lo Jonio, l'Adriatico e il Canale di Sicilia ampiamente lottizzati.
Il M5S, pertanto, ha chiesto ai due ministeri interessati se le compagnie petrolifere abbiano rispettato la normativa vigente e del suo limite del 31 dicembre scorso; se intendano rendere pubblico l'elenco delle eventuali società che hanno fatto ricorso in Italia alle tecniche suddette, e in quali aree del Paese; se intendano intraprendere iniziative di competenza al fine di analizzare, nelle aree coinvolte, gli effetti di eventuali contaminazioni nonché predisporre piani di bonifica con costi da addebitare comunque alle compagnie minerarie eventualmente colpevoli; se ritengano, nei limiti delle proprie attribuzioni, di dover procedere alla revoca della concessione mineraria nei confronti delle società che non abbiano rispettato la normativa dello Stato italiano, non comunicando entro il 31 dicembre 2014 i dati e le informazioni secondo quanto disposto dal comma 11-quater dell'articolo 38 del decreto "Sblocca Italia".
Nessun commento:
Posta un commento