Il Governo Renzi ha recentemente revisionato al ribasso i coefficienti per il calcolo delle quote contributive delle pensioni a partire dal 2016.
- di Marco Muscillo -
L’hanno già definito come una sorta di quindicesima il rimborso che il Governo Renzi ha dovuto corrispondere ai pensionati italiani dopo che la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la norma sancita all’art.24 del decreto legge 201/2012, più comunemente conosciuta come norma Fornero e contenuta nel pacchetto “salva Italia” del Governo Monti, che per il biennio 2012-2013 aveva stabilito che sui trattamenti pensionistici di importo superiore a tre volte il minimo Inps, quindi circa 1500 euro lordi, scattasse il blocco della perequazione, ossia il meccanismo che regola la pensione al costo della vita. L’Avvocatura dello Stato aveva stabilito che l’impatto della sentenza sui conti pubblici sarebbe stato di circa 1,8 miliardi per quanto riguarda il 2012 e 3 miliardi per il 2013, per un totale di circa 5 miliardi di euro.
Il Governo Renzi ha poi recepito la sentenza della Consulta emanando il decreto legge 65/2015 pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 21 maggio e nel quale sono stabiliti i seguenti rimborsi: per le pensioni fino a tre volte il minimo la rivalutazione è rimborsata al 100%, per quelle tra quattro e cinque volte il minimo la rivalutazione è stabilita al 20%, per quelle tra cinque e sei volte il minimo la rivalutazione è del 10%. Per le pensioni superiori a sei volte il minimo non è prevista alcuna rivalutazione. Per il 2014 e il 2015 poi le pensioni sono state rivalutale al 20% e per il 2016 saranno rivalutate al 50%.
Il rimborso corrisposto dal 3 agosto 2015 non rispecchia interamente la sentenza della Corte Costituzionale. Il Governo “nel rispetto del principio dell’equilibri di bilancio e degli obiettivi di finanza pubblica”, ha preferito restituire solo 2,8 miliardi lordi rispetto ai 5 miliardi dovuti , privilegiando i pensionati di fascia più bassa. Inoltre, tale rimborso rischia di essere cancellato da un altro provvedimento: non tutti sanno infatti che il Governo Renzi ha recentemente revisionato al ribasso i coefficienti per il calcolo delle quote contributive delle pensioni a partire dal 2016. Questi coefficienti erano già diminuiti con la riforma Damiano del 2007. Nel 2010 poi era stato stabilito che i coefficienti di trasformazione andavano adeguati ad ogni variazione dell’aspettativa di vita.
Come può allora Renzi promettere una riduzione delle tasse in 3 anni di 50 miliardi se il suo Governo non riesce nemmeno a garantire 5 miliardi di rivalutazione alle pensioni degli Italiani? Questo provvedimento, insieme alle recenti dichiarazioni sui tagli alla spesa sanitaria pari al 10% ha già cancellato ogni speranza in coloro che avevano creduto alle parole del Premier. E di solito i primi creduloni sono proprio i pensionati, i quali, credendo che il PD sia ancora l’erede del Partito Comunista Italiano, corrono a votare i loro leader senza tenere conto del fatto che questi non faranno mai gli interessi dei pensionati ma al contrario, saranno i primi (piangendo come la Fornero) ad offrire le loro pensioni, insieme agli stipendi dei loro figli e dei loro nipoti, sull’altare europeo delle “riforme”.
Fonte: Opinione Pubblica
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