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venerdì 26 giugno 2015

Un Sindacato che deve urgentemente dare risposte ai lavoratori


di Vincenzo Cirigliano 

Con la discussione aperta dal Governo in tema di Demansionamenti e Controllo a distanza dei lavoratori, nel contesto delle deleghe concesse dal Parlamento Italiano, seppur attraverso il ricorso alla ormai consueta Fiducia,  Renzi si appresta ad assestare un colpo durissimo all’ormai sconquassato mondo del Lavoro. Purtroppo ciò a cui oggi noi stiamo assistendo non è che lo strascico di una storia che viene da lontano e che nasce dall’inserimento nel lessico comune di un termine che allorquando è stato introdotto ci suonava come una locuzione simbolo di modernità, ma che con il passare del tempo si è sempre più rivelata la porta d’accesso verso il baratro del mondo del Lavoro: la Globalizzazione.




Qualche decennio fa,  con la Globalizzazione si è cercato di far coesistere e mettere in competizione più aree del globo, con culture, tradizioni , stili di vita enormemente differenti gli uni dagli altri, con la pretesa di uniformarne in pochi anni i fondamentali, ma non proiettandoli verso l’alto conseguendo condizioni di vita migliorative, ma al contrario proiettandoli verso il basso e verso condizioni certamente peggiorative.

Una Panacea per le elitè finanziarie Italiane che scorgevano già la possibilità e l’occasione di demolire un quarantennio di lotte sociali che avevano avuto il grande merito di aver elevato al grado di classe media una fascia di popolazione marginale del periodo post fascista. Questo perché mettendoci in competizione con una fetta di mondo, dove grazie all’assenza della cultura giuslavorista, grazie all’assenza dei principi basilari in tema sicurezza, e ad un costo del lavoro stagnante su livelli irrisori se rapportato ai nostri territori, si creava un problema direttamente collegato alla sopravvivenza dei singoli individui dei paesi Europei.
Per competere con il nuovo mondo dei paesi cosiddetti “ Emergenti “ un paese moderno, ma soprattutto sovrano, come gli Stati Uniti, ha avuto modo di accettare  e di rispondere adeguatamente alla sfida ricorrendo ad una svalutazione competitiva della propria moneta ed ad un massiccio intervento pubblico a sostegno delle Imprese Nazionali, il caso Fiat / Chrysler, con consistenti interventi dello Stato Americano, è un caso emblematico di ciò.
In Europa si poteva fare lo stesso , se non fossero nel frattempo intervenuti dei notevoli Cambiamenti a livello geopolitico. Si era costituita la Comunità Europea, che non erano però gli Stati Uniti d’Europa, con una politica fiscale , Industriale e  finanziaria comune, ma un insieme di paesi accomunati solo ed unicamente da una moneta : l’Euro, gestita da una Banca che non era prestatrice di ultima istanza, come lo era la Federal Reserve Americana, che immetteva cioè liquidità nel sistema economico senza chiederne la restituzione ai cittadini, ma una semplice Banca che concedeva prestiti ai Paesi della Comunità attraverso il sistema bancario e che originava interessi per nulla trascurabili.
La BCE avrebbe potuto copiare la Federal Reserve, ma chiaramente un paese come la Germania non aveva nessun interesse a finanziare l’attività economica di un paese come l’Italia notoriamente spendaccione, caricandone il peso sulle spalle dei propri concittadini Teutonici.
Cosa c’era quindi dietro  al progetto Europeo è facile intuirlo. La costituzione di un’area geografica a trazione tedesca in cui si dovevano realizzare un’ Europa del Nord la cui economia doveva essere predominante e ad alto valore aggiunto, ed un’area del Sud che doveva competere con i mercati euro asiatici con attività a basso valore aggiunto e a basso costo del lavoro.
Capite bene che con un cambio fisso tra Italia ( che aveva una tassazione sulle Imprese al 48 % ) e  Germania ( che aveva una tassazione sulle Imprese al 35% ), mettendoli insieme, si finiva automaticamente con il favorire apertamente e volontariamente le esportazioni Tedesche a discapito delle Aziende Italiane, che, bisogna ricordare,  prima del 2000,  costituivano il sistema produttivo trainante in Europa.
Accettando di aderire alla U.E. e all’operazione Euro con il cambio fisso a lei favorevole, la Germania si assicurava la leadership produttiva economica nell’UE relegando  il sistema produttivo italiano  in posizione ben lontane  nella classifica Europea. Acquisita la leadership della UE, per la Germania ed  i Paesi del Nord Europa, si prospettava la necessità di creare un’area Europea in grado di poter competere con il costo del lavoro e con i bassi salari dei Paesi Euro Asiatici.
Per l’Italia a questa esigenza si aggiungeva anche l’impellenza di recuperare competitività nei confronti dell’industria Europea in particolare quella tedesca. L’Italia poteva attuare una svalutazione competitiva della Moneta, ma l’euro con il cambio fisso non consentiva questo tipo di intervento. Non potendo ricorrere alla svalutazione Monetaria, l’unico percorso attuabile era quello di svalutare i salari. Ma come fare ciò senza alimentare disordini sociali?
Semplicemente alimentando disoccupazione di massa, rendendo più difficile l’accesso al credito alle Imprese, aumentando la tassazione sulle Attività Produttive del Paese dopo aver fatto diventare il Debito Pubblico un debito effettivo degli Stati che doveva essere ripagato dai cittadini e dalle imprese, bloccando il margine di spesa dello Stato al 3% con il Patto di Stabilità inserito in Costituzione. ( Vorrei ricordare che quando c’era la Banca d’Italia il Debito dello Stato non doveva essere ripagato dai cittadini, ma anzi era la ricchezza della Nazione, perchè rappresentava gli investimenti dello Stato ). Il risultato è stato quello di Aziende strozzate dalle Tasse e dalle Banche, suicidi, disoccupazione. Dinanzi a questi flagelli ed in particolare a  una sopraggiunta difficoltà nel trovare lavoro, è stato facile per le Imprese imporre un rapido smantellamento dello Stato Sociale con l’allineamento verso il basso dei salari, con una rapida perdita dei diritti sul lavoro ( la disintegrazione dell’Art.18 e le ampie deleghe sul lavoro previste dal Job Acts ne sono un esempio lampante ). Un disegno Europeo ben congeniato che ha inciso con cinismo, senza pietà, sulla vita dei cittadini. Un po’ di tempo fa, chi avrebbe fatto un’analisi del genere, sarebbe stato tacciato di “complottismo “ o perlomeno gli si sarebbe affibiata la nomea di “ Gufo “. Ma oggi a sollevare questi argomenti e ad affrontarli  in maniera approfondita ed attenta è stato niente meno che Papa Francesco con la sua ultima enciclica “ Laudato si “, in cui senza mezzi termini descrive un mondo che si muove dietro gli interessi della grande finanza ed in cui l’uomo ha un ruolo marginale e totalmente asservito agli obiettivi di questa minoranza della popolazione mondiale. Non si può più parlare di complottismo. 
Questi meccanismi, essendo io un RSU Vibac, ho avuto modo di sperimentarli personalmente, allorquando alla fine del 2014 l’Azienda in cui lavoro ha minacciato la chiusura degli Impianti costringendoci ad un Tour de Force che ci ha portato ad un’estenuante trattativa svolta nelle sedi della Regione Basilicata e del Ministero dello Sviluppo Economico, a Roma e che alla fine ha confermato lo scopo di queste politiche sostenute a livello italiano ed Europeo, che hanno determinato una drastica riduzione dei salari. La domanda che sorge spontanea e che io oggi vorrei rivolgere ai vertici sindacali, a nome di tutti i lavoratori da me rappresentati è questa :
in questi contesti e in questi meccanismi, il Sindacato ha avuto un ruolo di attore che suo malgrado si è trovato a recitare in un film la cui trama era ignota o è stato parte attiva di questo disegno e di questo piano che si è consumato ai danni dei cittadini e dei lavoratori?
Io voglio pensare ad un Sindacato in buona fede , ma devo dire che di fronte agli ultimi avvenimenti che hanno chiamato in causa il Sindacato in Italia, un’attimo di sconcerto l’ho avuto, allorquando dinanzi ad una Riforma pesantissima del sistema previdenziale si è risposto con quattro misere ore di sciopero e quando dinanzi ad uno sciopero riuscitissimo contro il Job Acts che ha portato a Roma un milione e mezzo di persone non si è dato inspiegabilmente seguito ad altre iniziative di lotta per bloccare questo disegno di legge, cosa che sarebbe dovuta nascere in modo naturale e conseguenziale.

Ora non è più facile recuperare gli errori fatti, ma oggi delle risposte adeguate ed un filo di speranza, ai lavoratori, il Sindacato ha il dovere di darle. Che sia la verità però.

Dal documento che avrei dovuto esporre alla Conferenza Organizzativa della CGIL Basilicata del 26 Giugno 2015, intervento saltato per motivi tecnico - organizzativi.

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