di Vincenzo Cirigliano
Con la discussione aperta dal
Governo in tema di Demansionamenti e Controllo a distanza dei lavoratori, nel
contesto delle deleghe concesse dal Parlamento Italiano, seppur attraverso il
ricorso alla ormai consueta Fiducia,
Renzi si appresta ad assestare un colpo durissimo all’ormai sconquassato
mondo del Lavoro. Purtroppo ciò a cui oggi noi stiamo assistendo non è che lo
strascico di una storia che viene da lontano e che nasce dall’inserimento nel
lessico comune di un termine che allorquando è stato introdotto ci suonava come
una locuzione simbolo di modernità, ma che con il passare del tempo si è sempre
più rivelata la porta d’accesso verso il baratro del mondo del Lavoro: la
Globalizzazione.
Qualche decennio fa, con la Globalizzazione si è cercato di far coesistere e mettere in competizione più aree del globo, con culture, tradizioni , stili di vita enormemente differenti gli uni dagli altri, con la pretesa di uniformarne in pochi anni i fondamentali, ma non proiettandoli verso l’alto conseguendo condizioni di vita migliorative, ma al contrario proiettandoli verso il basso e verso condizioni certamente peggiorative.
Qualche decennio fa, con la Globalizzazione si è cercato di far coesistere e mettere in competizione più aree del globo, con culture, tradizioni , stili di vita enormemente differenti gli uni dagli altri, con la pretesa di uniformarne in pochi anni i fondamentali, ma non proiettandoli verso l’alto conseguendo condizioni di vita migliorative, ma al contrario proiettandoli verso il basso e verso condizioni certamente peggiorative.
Una Panacea per le elitè
finanziarie Italiane che scorgevano già la possibilità e l’occasione di
demolire un quarantennio di lotte sociali che avevano avuto il grande merito di
aver elevato al grado di classe media una fascia di popolazione marginale del
periodo post fascista. Questo perché mettendoci in competizione con una fetta
di mondo, dove grazie all’assenza della cultura giuslavorista, grazie
all’assenza dei principi basilari in tema sicurezza, e ad un costo del lavoro
stagnante su livelli irrisori se rapportato ai nostri territori, si creava un
problema direttamente collegato alla sopravvivenza dei singoli individui dei
paesi Europei.
Per competere con il nuovo
mondo dei paesi cosiddetti “ Emergenti “ un paese moderno, ma soprattutto
sovrano, come gli Stati Uniti, ha avuto modo di accettare e di rispondere adeguatamente alla sfida ricorrendo
ad una svalutazione competitiva della propria moneta ed ad un massiccio
intervento pubblico a sostegno delle Imprese Nazionali, il caso Fiat / Chrysler,
con consistenti interventi dello Stato Americano, è un caso emblematico di ciò.
In Europa si poteva fare lo
stesso , se non fossero nel frattempo intervenuti dei notevoli Cambiamenti a
livello geopolitico. Si era costituita la Comunità Europea, che non erano però
gli Stati Uniti d’Europa, con una politica fiscale , Industriale e finanziaria comune, ma un insieme di paesi
accomunati solo ed unicamente da una moneta : l’Euro, gestita da una Banca che
non era prestatrice di ultima istanza, come lo era la Federal Reserve Americana,
che immetteva cioè liquidità nel sistema economico senza chiederne la
restituzione ai cittadini, ma una semplice Banca che concedeva prestiti ai
Paesi della Comunità attraverso il sistema bancario e che originava interessi
per nulla trascurabili.
La BCE avrebbe potuto copiare
la Federal Reserve, ma chiaramente un paese come la Germania non aveva nessun
interesse a finanziare l’attività economica di un paese come l’Italia
notoriamente spendaccione, caricandone il peso sulle spalle dei propri
concittadini Teutonici.
Cosa c’era quindi dietro al progetto Europeo è facile intuirlo. La
costituzione di un’area geografica a trazione tedesca in cui si dovevano
realizzare un’ Europa del Nord la cui economia doveva essere predominante e ad
alto valore aggiunto, ed un’area del Sud che doveva competere con i mercati
euro asiatici con attività a basso valore aggiunto e a basso costo del lavoro.
Capite bene che con un cambio
fisso tra Italia ( che aveva una tassazione sulle Imprese al 48 % ) e Germania ( che aveva una tassazione sulle
Imprese al 35% ), mettendoli insieme, si finiva automaticamente con il favorire
apertamente e volontariamente le esportazioni Tedesche a discapito delle
Aziende Italiane, che, bisogna ricordare, prima del 2000, costituivano il sistema produttivo trainante
in Europa.
Accettando di aderire alla
U.E. e all’operazione Euro con il cambio fisso a lei favorevole, la Germania si
assicurava la leadership produttiva economica nell’UE relegando il sistema produttivo italiano in posizione ben lontane nella classifica Europea. Acquisita la
leadership della UE, per la Germania ed
i Paesi del Nord Europa, si prospettava la necessità di creare un’area
Europea in grado di poter competere con il costo del lavoro e con i bassi
salari dei Paesi Euro Asiatici.
Per l’Italia a questa
esigenza si aggiungeva anche l’impellenza di recuperare competitività nei
confronti dell’industria Europea in particolare quella tedesca. L’Italia poteva
attuare una svalutazione competitiva della Moneta, ma l’euro con il cambio
fisso non consentiva questo tipo di intervento. Non potendo ricorrere alla
svalutazione Monetaria, l’unico percorso attuabile era quello di svalutare i
salari. Ma come fare ciò senza alimentare disordini sociali?
Semplicemente alimentando
disoccupazione di massa, rendendo più difficile l’accesso al credito alle
Imprese, aumentando la tassazione sulle Attività Produttive del Paese dopo aver
fatto diventare il Debito Pubblico un debito effettivo degli Stati che doveva
essere ripagato dai cittadini e dalle imprese, bloccando il margine di spesa
dello Stato al 3% con il Patto di Stabilità inserito in Costituzione. ( Vorrei
ricordare che quando c’era la Banca d’Italia il Debito dello Stato non doveva
essere ripagato dai cittadini, ma anzi era la ricchezza della Nazione, perchè rappresentava gli investimenti dello Stato ). Il risultato è stato quello di
Aziende strozzate dalle Tasse e dalle Banche, suicidi, disoccupazione. Dinanzi
a questi flagelli ed in particolare a
una sopraggiunta difficoltà nel trovare lavoro, è stato facile per le
Imprese imporre un rapido smantellamento dello Stato Sociale con l’allineamento
verso il basso dei salari, con una rapida perdita dei diritti sul lavoro ( la disintegrazione dell’Art.18 e le ampie deleghe sul lavoro previste dal Job Acts
ne sono un esempio lampante ). Un disegno Europeo ben congeniato che ha inciso
con cinismo, senza pietà, sulla vita dei cittadini. Un po’ di tempo fa, chi
avrebbe fatto un’analisi del genere, sarebbe stato tacciato di “complottismo “ o
perlomeno gli si sarebbe affibiata la nomea di “ Gufo “. Ma oggi a sollevare
questi argomenti e ad affrontarli in
maniera approfondita ed attenta è stato niente meno che Papa Francesco con la
sua ultima enciclica “ Laudato si “, in cui senza mezzi termini descrive un
mondo che si muove dietro gli interessi della grande finanza ed in cui l’uomo
ha un ruolo marginale e totalmente asservito agli obiettivi di questa minoranza
della popolazione mondiale. Non si può più parlare di complottismo.
Questi meccanismi, essendo io
un RSU Vibac, ho avuto modo di sperimentarli personalmente, allorquando alla
fine del 2014 l’Azienda in cui lavoro ha minacciato la chiusura degli Impianti
costringendoci ad un Tour de Force che ci ha portato ad un’estenuante
trattativa svolta nelle sedi della Regione Basilicata e del Ministero dello
Sviluppo Economico, a Roma e che alla fine ha confermato lo scopo di queste
politiche sostenute a livello italiano ed Europeo, che hanno determinato una
drastica riduzione dei salari. La domanda che sorge spontanea e che io oggi
vorrei rivolgere ai vertici sindacali, a nome di tutti i lavoratori da me
rappresentati è questa :
in questi contesti e in questi
meccanismi, il Sindacato ha avuto un ruolo di attore che suo malgrado si è
trovato a recitare in un film la cui trama era ignota o è stato parte attiva di
questo disegno e di questo piano che si è consumato ai danni dei cittadini e
dei lavoratori?
Io voglio pensare ad un Sindacato in
buona fede , ma devo dire che di fronte agli ultimi avvenimenti che hanno
chiamato in causa il Sindacato in Italia, un’attimo di sconcerto l’ho avuto, allorquando
dinanzi ad una Riforma pesantissima del sistema previdenziale si è risposto con
quattro misere ore di sciopero e quando dinanzi ad uno sciopero riuscitissimo
contro il Job Acts che ha portato a Roma un milione e mezzo di persone non si è
dato inspiegabilmente seguito ad altre iniziative di lotta per bloccare questo
disegno di legge, cosa che sarebbe dovuta nascere in modo naturale e
conseguenziale.
Ora non è più facile
recuperare gli errori fatti, ma oggi delle risposte adeguate ed un filo di
speranza, ai lavoratori, il Sindacato ha il dovere di darle. Che sia la verità
però.
Dal documento che avrei dovuto esporre alla Conferenza Organizzativa della CGIL Basilicata del 26 Giugno 2015, intervento saltato per motivi tecnico - organizzativi.
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