Marco Sarti
Il Movimento Cinque Stelle è una realtà della politica italiana, analisti e commentatori se ne facciano una ragione. Le Regionali appena concluse sono solo l’ennesima conferma. Nonostante l’annunciato crollo - non è la prima volta che accade - i candidati grillini conquistano ovunque ottime percentuali. Mentre terminano gli scrutini, il Movimento diventa la seconda forza politica in Liguria, Puglia e Campania. Alla faccia del bipolarismo. Ad eccezione del Veneto, dove il leghista Luca Zaia ha letteralmente cannibalizzato il voto, i candidati pentastellati conquistano risultati per molti inattesi, stabili tra il 15 e il 20 per cento. Nelle Marche il candidato Giovanni Maggi sfiora il 22 per cento, in Liguria Alice Salvatore arriva addirittura al 25 per cento.
Beppe Grillo può ritenersi soddisfatto. Il suo Movimento sembra aver raggiunto un punto di svolta. Storicamente i Cinque Stelle hanno sempre sofferto le elezioni amministrative, stavolta l’esito del voto certifica il contrario. Sempre in difficoltà nelle consultazioni locali - dove più forti sono gli apparati dei partiti meglio strutturati - ora la tendenza si inverte. Per molti è un miracolo, in realtà è l’evoluzione del progetto politico. Ormai anche sul territorio i poco noti candidati grillini riescono a imporsi sui più conosciuti avversari. Quasi sempre dopo aver condotto campagne elettorali costate poche centinaia di euro.
Intanto l’elettorato pentastellato si consolida. Prima del voto, in molti avevano scommesso sull’effetto calamita di Matteo Salvini. Tanti elettori grillini, si diceva, erano pronti a sposare il progetto leghista attratti dai toni di protesta del leader padano. A conti fatti non è andata così. Il Carroccio cresce, come era largamente atteso e si conferma una delle grandi sorprese delle Regionali. Ma non aumenta i propri consensi solo a scapito del Movimento Cinque Stelle. E non sembra attrarre troppi elettori grillini neppure il segretario del Pd Matteo Renzi, che pure si è spesso rivolto proprio ai delusi pentastellati. La spiegazione è semplice. Il M5S non è un fenomeno politico passeggero, come qualcuno racconta forse con troppa sufficienza. Può piacere o meno, ma ormai i Cinque Stelle hanno un proprio elettorato di riferimento.
Soprattutto, i voti del Movimento Cinque Stelle non esprimono solo protesta. Non tutti almeno. Le percentuali raggiunte in queste ore sono legate alle battaglie che i parlamentari grillini portano avanti da tempo. A partire dalla campagna per il microcredito alle imprese - finanziato con gli stipendi dei deputati e senatori - e a favore del reddito di cittadinanza. Ma la maturità del movimento viene confermata anche da un altro dato. I Cinque Stelle prendono voti ovunque, in maniera omogenea. A Nord e Sud, in Liguria come in Puglia e Campania.
Senza dimenticare la vera novità di questa campagna elettorale. Al netto del comizio di chiusura a Genova e di alcuni interventi pubblici, stavolta Beppe Grillo si è fatto da parte. Stanco, forse disilluso, mesi fa il blogger genovese ha lasciato la ribalta ad alcuni dei più promettenti parlamentari. Dopo il veto sulle presenze in tv, alcuni di loro hanno iniziato a frequentare con assiduità talk show e salotti televisivi. Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio, Roberto Fico oggi sono personaggi pubblici, noti al grande pubblico. Il risultato è evidente: oggi il movimento sembra essersi emancipato dal suo leader e fondatore, un tempo unico volto riconosciuto del progetto.
Abbastanza per governare il Paese? È ancora presto per dirlo. Di certo la nuova legge elettorale, l’Italicum, permette ai Cinque Stelle di sognare. Stando ai dati delle Regionali, sembra probabile che alle prossime Politiche il vincitore sarà scelto al ballottaggio. A sfidare il Partito democratico potrebbero essere proprio i grillini, oggi seconda forza politica in Italia. Molto dipenderà dalle capacità di sintesi del centrodestra a trazione leghista.
Nessun commento:
Posta un commento