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martedì 23 giugno 2015

LE TRE VITTORIE DEL GOVERNO GRECO

DI JACQUES SAPIR

russeurope.hypotheses.org

Al di là degli esiti dell’Eurogruppo che si riunirà lunedì 22 giugno (oggi, ndr), è ormai chiaro che il governo greco, a sproposito definito il «governo della sinistra radicale» o «governo SYRIZA», quando in realtà si tratta di un governo di unità nazionale (ed è significativo il fatto che di questa unione faccia parte anche il partito sovranista ANEL), ha ottenuto alcuni notevoli successi. Tali successi riguardano sia la Grecia, il cui popolo ha ritrovato la propria dignità, sia i paesi europei, per i quali l’esempio di questo governo sta ormai a indicare la strada da seguire. Ancor più importante, nella lotta senza quartiere che ha condotto contro quelle che con un eufemismo si definiscono le «istituzioni» europee, ovvero il nucleo dell’architettura politico-economica dell’UE (Eurogruppo, Commissione Europea, BCE), il governo greco ha dimostrato che «il re è nudo».

Tutta la complessa e poco trasparente struttura di questo apparato politico-economico è stata sfidata a rispondere a una domanda politica, e si è rivelata incapace di farlo. L’immagine dell’Unione Europea ne è uscita profondamente cambiata.
Qualunque cosa esca dalla riunione di lunedì prossimo [oggi N.d.T.], che si tratti di uno scacco o di una capitolazione della Germania e della linea dell’austerità oppure, cosa che non si può escludere, di una disfatta del governo greco, l’apparato politico-economico dell’UE avrà dato prova della sua pericolosità, della sua incompetenza, e della sua avidità. I popoli dei paesi europei sanno ormai dove si trova il loro peggior nemico.

L’Unione Europea senza strategia
Nel corso del negoziato cominciato alla fine del gennaio scorso, il governo greco si è confrontato con la posizione inflessibile di tali «istituzioni». Tuttavia più che una reale volontà politica, questa inflessibilità ha rivelato una tragica mancanza di strategia, oltre che il perseguimento di obiettivi contraddittori. Si è infatti compreso che queste «istituzioni» non intendevano cedere di un millimetro sul principio dell’Euro-austerità, ovvero una politica di austerità a scala europea messa in atto con il pretesto di «salvare l’Euro». È per questo che si sono imposte di non concedere nulla al governo greco, benché le sue proposte fossero ragionevoli, come molti economisti hanno fatto rilevare [1]. Le proposte avanzate da queste «istituzioni» sono invece state definite come l’equivalente economico dell’invasione dell’Iraq nel 2003 da un editorialista che non è per nulla ascrivibile allo schieramento politico di sinistra [2]. Tutto ciò va interpretato come una terribile ammissione di sconfitta. I rappresentanti dell’Unione Europea hanno pubblicamente sostenuto una posizione che non era minimamente fondata sulla realtà e che, in sua difesa, non aveva altro che la più ottusa ideologia. Questi rappresentanti sono stati incapaci di schiodarsi dalle loro posizioni e si sono trincerati con argomenti spesso falsi, così come il governo americano si era barricato sulla questione delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein.

Allo stesso tempo queste «istituzioni» hanno sempre proclamato la volontà di mantenere la Grecia nella zona Euro. È bene soffermarsi qui sull’immensità del paradosso: si afferma una cosa e allo stesso tempo di fa di tutto perché accada il contrario. Perché se i paesi dell’Eurogruppo avessero davvero voluto che la Grecia restasse nella zona Euro, avrebbero dovuto riconoscere che era necessario un importante sforzo in termini di investimenti su diversi anni e avrebbero dovuto riconoscere che l’Eurogruppo doveva finanziare tale piano di investimenti. Perseguendo questi due obiettivi contraddittori, ovvero l’austerità e al contempo la volontà di mantenere la Grecia in zona Euro, è assai più probabile che le «istituzioni» perderanno su entrambi i fronti. Di fatto la Grecia sta per uscire dalla zona Euro, e la politica di Euro-austerità sarà messa sotto accusa, con conseguenze politiche sia in Spagna sia in Italia.

Nel tener testa alle richieste delle «istituzioni» europee, fino ad oggi il governo greco è riuscito a mettere a nudo la contraddizione della politica dell’Unione Europea. Con il suo atteggiamento ne ha sottolineato l’incoerenza. Ma mette in evidenza anche un’altra cosa: la malformazione congenita della zona Euro.

L’euro, pericoloso aborto monetario
Si pone allora il problema di capire perché le «istituzioni», e al loro interno personalità politiche del calibro di Angela Merkel, Jean-Claude Juncker, François Hollande, sono state incapaci di vedere che, in mancanza di un grande piano di investimenti capace di ridare competitività all’apparato produttivo greco in rapporto all’Euro, la Grecia non avrebbe potuto sopravvivere nell’eurozona. La risposta è abbastanza semplice: è a causa della fragilità intrinseca della zona Euro, alla quale si combina l’importanza politica e simbolica che questi dirigenti le hanno dato.

L’Euro si configura come «moneta unica» per i paesi che ne fanno uso. La cosa si riverbera nella struttura tecnica dell’Euro. L’esistenza di contitarget 2 e delle compensazioni fra Euro «tedesco», «francese», «italiano», o «greco» mostra molto bene che non siamo affatto davanti ad un’autentica «moneta unica» ma ad un sistema nel quale vige una regola ferrea in merito alla parità delle relative monete [3]. In realtà l’Euro è un regime di cambio fisso (come lo era il Gold Standard) spacciato per moneta unica perché non esiste alcun federalismo budgetario, fiscale o sociale. La costruzione del federalismo economico è una delle condizioni necessarie affinché una moneta unica possa funzionare su territori così eterogenei [4].

L’idea che l’avvento dell’Euro, in virtù dell’assenza delle istituzioni federali, avrebbe messo in moto il processo politico destinato a costruirle si è rivelata un’idea falsa. Ho un grande rispetto per tutti quegli economisti che continuano a perorare la causa della costruzione delle istituzioni federali, ma si tratta di un rispetto determinato dalla loro ostinazione ben più che per la loro intelligenza. Sono davvero ostinati, ma la realtà è un’altra. Non ci sarà alcuna nascita delle istituzioni federali, e l’Euro sarà condannato ad essere un aborto monetario, la cui sopravvivenza non farà altro che provocare crisi a ripetizione. E la dimostrazione di tutto ciò la dobbiamo al governo greco.

L’Euro, una falsa «moneta unica»
Ma il governo greco ha dimostrato una terza cosa, ovvero la fragilità intrinseca dell’Euro. Se c’è una persona che è ben consapevole di questa fragilità, cosa che avevo già sottolineato in un articolo del 2006 [5], è lo stesso Presidente della BCE Mario Draghi. Bisognerebbe sentire e leggere quello che ha detto nel corso di una conferenza stampa del novembre 2014: “Perciò dovrebbe essere chiaro che il successo dell’unione monetaria, in qualsivoglia paese, dipende dal suo successo in tutti i paesi. L’Euro è, e deve essere, irrevocabile per tutti i suoi stati membri, non solo perché lo dicono i Trattati, ma perché senza di questo non ci potrà nemmeno essere una autentica moneta unica”. Si tratta di una dichiarazione di estrema importanza. Draghi afferma che un fallimento locale dell’Euro implicherebbe un suo fallimento globale. Ora, nella teoria economica nulla è assoluto. Quando l’Irlanda si separò dal Regno Unito non ci fu una crisi della sterlina. Se domani il Kashmir dovesse separarsi dall’Unione Indiana adottando una propria moneta, ciò non metterebbe in discussione la Rupia per gli altri stati dell’Unione. Ma quello che dice Draghi, anche se non risponde alle regole della teoria e della prassi delle unioni monetarie, è effettivamente vero per il caso dell’Euro. Ed è vero perché l’Euro non è una completa unione monetaria, non lo può essere nel mondo reale, perché non è altro che un sotterfugio per obbligare i paesi europei ad adottare una regola di stabilità monetaria della quale la Germania aveva urgente bisogno per sviluppare appieno il proprio commercio e la propria economia.

In mancanza di meccanismi che assicurino il pieno funzionamento dell’unione monetaria, ed è noto che questo implicherebbe massicci trasferimenti dai paesi dell’Europa del Nord (essenzialmente dalla Germania) verso paesi dell’Europa del Sud, l’Euro resterà una moneta incompleta, di fatto un aborto monetario. Questo è il motivo per cui i dirigenti europei sono così spaventati dalla prospettiva di un Grexit. Non si tratterebbe di una prospettiva apocalittica, come la presenta il Presidente della Banca Centrale Greca, del quale si conoscono fin troppo bene gli interessi politici. Diverse voci, sempre più numerose, cominciano a sostenere che l’uscita dall’Euro potrebbe essere per la Grecia il minore dei mali [6]. Anche questo lo dobbiamo al governo greco, verso il quale saremo ampiamente debitori per gli anni a venire.

Su questi tre aspetti è dunque evidente che il governo greco ha già ottenuto le sue vittorie. Queste vittorie, così come l’esempio che ha dato sia in politica interna – con la decisione dei dirigenti di SYRIZA di allearsi con i sovranisti di ANEL – sia in politica estera – con il suo atteggiamento nei confronti delle «istituzioni» europee – saranno una delle acquisizioni più preziose della crisi greca, quale ne sia l’esito finale.

Jacques Sapir

Fonte: http://russeurope.hypotheses.org

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