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sabato 6 giugno 2015

Mafia Capitale: l'indignazione è il minimo

di Angelo Cannatà

“La verità è che lo sapevamo da tempo, rubavano tutti; si fa fatica ad accettarlo ma così stanno le cose nella Capitale”. Ormai è sulla bocca di ogni persona, lo senti appena entri in un bar sull’Appia, sulla Tuscolana, ovunque: la condanna è unanime: mafia capitale si stava mangiando Roma. Le parole di Salvatore Buzzi – ascoltate e recepite – passano di bocca in bocca ed esplodono nell’espressione massima di sdegno: “è un magna magna, uno schifo”. 

Come dare torto al barista, allo studente, all’impiegato, alla gente comune: sono indignati. E sorpresi: non per le mazzette in sé (di quelle si sapeva già), ma per l’entità, l’organizzazione capillare, il sistema. Ascolto: “Hai sentito Buzzi: a mucca deve magnà pe esse munta”. Un altro: “Mi ha colpito la frase: Siamo un taxi da cui non si scende”. Non si parla d’altro a Roma. Esco dal bar. Attraverso l’Appia e rientro a casa. Decido. Scrivo qualcosa per il giornale. Non ho l’incipit. Vabbè. Intanto metto giù qualche appunto.

1. Inutile che Orfini, Marino, Zingaretti facciano quadrato e si giustifichino: il Pd ha le sue responsabilità in questa lurida storia. Va detto. Ho votato questo partito più volte, ma le responsabilità oggettive – quelle soggettive le stabilirà il giudice – ci sono e non possono essere eluse. Prima si fa pulizia – veramente – dentro il Pd meglio è per tutti. Anche per il livello di democrazia del Paese visto che stiamo parlando del partito (ancora) più votato dagli italiani.

2. Quando la magistratura indaga con serietà e competenza – è il caso del procuratore Pignatone e del vice Prestipino – i risultati delle indagini arrivano. La magistratura va rafforzata, dotata di strumenti adeguati e messa in condizione di agire. Il marcio che ci circonda non si estirpa con l’uso sfrenato di twitter e discorsi in televisione di cui Renzi è maestro, ma con l’azione: chi, in qualche modo, la ostacola, è corresponsabile, se non colluso.

3. Le dichiarazioni dei politici le conosciamo, inutile ripeterle; le opposizioni (Salvini, Grillo…) chiedono le dimissioni di Marino. C’è un elemento di razionalità in questa richiesta, nonostante – direbbe Sciascia – il sindaco “sia il meno coinvolto di tutti”. Vedremo gli sviluppi. Intanto registriamo la proposta meno condivisibile (perché improduttiva) di Giorgia Meloni. Afferma: “Serve una commissione d’inchiesta”. Risibile. Quando non si vuole affrontare un problema si nomina una commissione d’inchiesta, e si rinvia. All’infinito.


4. Vediamola da vicino, comunque, una delle “perle” intercettate. Serve a capire. Insomma. Per Andrea Tassone – dice Buzzi – bastano 30 mila euro, “anche se quello m’ha chiesto il 10 per cento in nero dell’appalto. Te rendi conto? Nun se vergognano de gnente”. È incredibile e decisamente rivelatrice, questa frase. Pensateci, Buzzi è al centro del crimine, incarnazione dell’affarismo, corruttore assoluto, eppure vede e a suo modo “denuncia” (virgolette, prego) l’ingordigia schifosa di certi politici (“Nun se vergognano de gnente”). Dice più di mille editoriali.

5. La cosa che fa vomitare, inoltre, è che il malaffare, con Mafia Capitale, giri intorno al welfare, alla solidarietà. Per dirla in breve: ormai si fa fatica, anche nelle scuole – pur riconoscendo l’eticità dell’accoglienza – a parlare di centri di soccorso e immigrati, perché l’argomento è stato “sporcato” dalle sanguisughe del welfare, dall’immoralità criminale, da questi assatanati di denaro che conoscono il prezzo di ogni cosa e il valore di nessuna.

6. La corruzione e la mafia sono ormai saldamente insediate nelle grandi città d’Italia – da Milano a Roma –, qualcuno pensa ancora che sia possibile annientarle senza recidere, davvero, il legame con la politica? Il magistrato Di Matteo ricorda l’incontro decisivo col collaboratore di giustizia Cancemi: “Dottore, lo sa cosa mi ripeteva Riina? ‘Senza i rapporti con il potere, Cosa nostra sarebbe solo una banda di sciacalli’. Se non lo capite, non potrete mai contrastarla”. Parole decisive. Ho scoperto in quella occasione – dice Di Matteo – ‘il vero volto della mafia’: la sua potenza sta nel legame con la politica.” Vale anche oggi: al Sud, al Centro, al Nord. Ovunque. La potenza del crimine sta nel rapporto con le istituzioni.

7. Infine. Il Premier ha le sue responsabilità: con le sue leggi ha reso più difficile il contrasto alla corruzione politica, alle mafie e all’intreccio tra i due fenomeni (la legge sulla responsabilità civile dei giudici – per dire – non rafforza la posizione dei magistrati); sul tema della prescrizione ha “giocato” e fatto solo demagogia: ci vuole chiarezza: è un istituto che va seccamente abrogato dopo il rinvio a giudizio; e ancora: ha annunciato una stretta sulla pubblicazione delle conversazioni registrate dagli investigatori (chi verrà favorito se diventasse legge?). Eccetera. Quanto alle responsabilità passate del Pd, non va dimenticato che un pivot del sistema è quell’Odevaine che è stato il braccio destro e anzi l’ombra di Veltroni in tutti i lunghi anni in cui è stato sindaco.

Insomma. Se non si affrontano questi nodi (e in profondità il rapporto mafia-politica) tutto è destinato a ripetersi. Eternamente. Cambieranno i nomi dei protagonisti, ma la mafia, a Palermo, Reggio Calabria, Roma, Milano, continuerà a dominare. Si dice: “Chi ruba vada in galera.” Giusto. Ma la strada della giustizia è ancora molto lunga se il Pd – è inaudito! – attacca, con gli esponenti più alti, Rosy Bindi. A questo siamo. Terre di mafia e ‘ndrangheta e camorra non sono più solo Sicilia, Calabria, Campania ma anche le grandi città del Paese, in questo, ahimè, l’Italia è davvero unita. Non basta saperlo, occorre agire di conseguenza: innanzitutto non attaccando la presidente dell’antimafia. Ci sono temi sui quali la demagogia perde, smascherata dalla realtà. Presidente Renzi, la campana dell’indignazione popolare suona anche per lei.

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