LETTERA/APPELLO AL PRESIDENTE U.S.A. BARACK OBAMA DA PARTE DEI PREMI NOBEL PER L’ECONOMIA CONTRO LA NORMA COSTITUZIONALE DEL PAREGGIO DI BILANCIO. PARALLELISMI CON L’UE E L’ITALIA
“Cari presidente Obama, presidente Boehner, capogruppo della minoranza Pelosi, capogruppo della maggioranza Reid, capogruppo della minoranza al Senato McConnell, noi sottoscritti economisti sollecitiamo che venga respinta qualunque proposta volta ad emendare la Costituzione degli Stati Uniti inserendo un vincolo in materia di pareggio del bilancio.
1 Un emendamento sul pareggio di bilancio avrebbe effetti perversi in caso di recessione. Nei momenti di difficoltà economica diminuisce il gettito fiscale e aumentano alcune spese tra cui i sussidi di disoccupazione. Questi ammortizzatori sociali fanno aumentare il deficit, ma limitano la contrazione del reddito disponibile e del potere di acquisto. Chiudere ogni anno il bilancio in pareggio aggraverebbe le eventuali recessioni.
2 A differenza delle costituzioni di molti stati che consentono di ricorrere al credito per finanziare la spesa in conto capitale, il bilancio federale non prevede alcuna differenza tra investimenti e spesa corrente. Le aziende private e le famiglie ricorrono continuamente al credito per finanziare le loro spese. Un emendamento che introducesse il vincolo del pareggio di bilancio impedirebbe al governo federale di ricorrere al credito per finanziare il costo delle infrastrutture, dell’istruzione, della ricerca e sviluppo, della tutela dell’ambiente e di altri investimenti vitali per il futuro benessere della Nazione.
3 Un emendamento che introducesse il vincolo del pareggio di bilancio incoraggerebbe il Congresso ad approvare provvedimenti privi di copertura finanziaria delegando gli stati, gli enti locali e le aziende private trovare le risorse finanziarie al posto del governo federale. Inoltre favorirebbe dubbie manovre finanziarie (quali la vendita di terreni demaniali e di altri beni pubblici contabilizzando i ricavi come introiti destinati alla riduzione del deficit) e altri espedienti contabili. Le controversie derivanti dall’interpretazione del concetto di pareggio di bilancio finirebbero probabilmente dinanzi ai tribunali con il risultato di affidare alla magistratura il compito di decidere la politica economica. E altrettanto si verificherebbe in caso di controversie riguardanti il modo in cui rimettere in equilibrio un bilancio dissestato nei casi in cui il Congresso non disponesse dei voti necessari per approvare tagli dolorosi.
4 Quasi sempre le proposte di introduzione per via costituzionale del vincolo di pareggio di bilancio prevedono delle scappatoie, ma in tempo di pace sono necessarie in entrambi i rami del Congresso maggioranze molto ampie per approvare un bilancio non in ordine o per innalzare il tetto del debito. Sono disposizioni che tendono a paralizzare l’attività dell’esecutivo.
5 Un tetto di spesa, previsto da alcune delle proposte di emendamento, limiterebbe ulteriormente la capacità del Congresso di contrastare eventuali recessioni vuoi con gli ammortizzatori già previsti vuoi con apposite modifiche della politica in materia di bilancio. Anche nei periodi di espansione dell’economia, un tetto rigido di spesa potrebbe danneggiare la crescita economica perché gli incrementi degli investimenti ad elevata remunerazione – anche quelli interamente finanziati dall’aumento del gettito – sarebbero ritenuti incostituzionali se non controbilanciati da riduzioni della spesa di pari importo. Un tetto vincolante di spesa comporterebbe la necessità, in caso di spese di emergenza (per esempio in caso di disastri naturali), di tagliare altri capitoli del bilancio mettendo in pericolo il finanziamento dei programmi non di emergenza.
6 Per pareggiare il bilancio non è necessario un emendamento costituzionale. Il bilancio non solo si chiuse in pareggio, ma fece registrare un avanzo e una riduzione del debito per quattro anni consecutivi dopo l’approvazione da parte del Congresso negli anni ’90 di alcuni provvedimenti che riducevano la crescita della spesa pubblica e incrementavano le entrate. Lo si fece con l’attuale Costituzione e senza modificarla e lo si può fare ancora. Nessun altro Paese importante ostacola la propria economia con il vincolo di pareggio di bilancio. Non c’è alcuna necessità di mettere al Paese una camicia di forza economica. Lasciamo che presidente e Congresso adottino le politiche monetarie, economiche e di bilancio idonee a far fronte ai bisogni e alle priorità, così come saggiamente previsto dai nostri padri costituenti.
7 Nell’attuale fase dell’economia è pericoloso tentare di riportare il bilancio in pareggio troppo rapidamente. I grossi tagli di spesa e/o gli incrementi della pressione fiscale necessari per raggiungere questo scopo, danneggerebbero una ripresa già di per sé debole.
Firmato:
KENNETH ARROW, premio Nobel per l’economia 1972
PETER DIAMOND, premio Nobel per l’economia 2010
WILLIAM SHARPE, premio Nobel per l’economia 1990
CHARLES SCHULTZE, consigliere economico di J.F. Kennedy e Lindon Johnson, animatore della Great Society Agenda
ALAN BLINDER, direttore del Centro per le ricerche economiche della Princeton University
ERIC MASKIN, premio Nobel per l’economia 2007
ROBERT SOLOW, premio Nobel per l’economia 1987
LAURA TYSON, ex direttrice del National Economic Council”.
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Gli USA, dopo l’appello dei Premi Nobel (che risale al marzo 2012), hanno quindi evitato di commettere il crimine di costituzionalizzare il vincolo pareggio di bilancio! Gli Stati membri dell’UE, invece, (fatta eccezione per il Regno Unito e la Repubblica Ceca), il 2 marzo 2012 (quindi nello stesso periodo in cui i Premi Nobel scrivevano al Presidente Obama) hanno sottoscritto il cosiddetto Fiscal Compact (Trattato intergovernativo detto anche “Patto di bilancio europeo” o “Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria”), il quale prevede – tra le altre scempiaggini – l’obbligo del perseguimento del pareggio di bilancio. L’Italia, unico Paese tra quelli firmatari, si è spinta addirittura oltre inserendo in Costituzione il vincolo del pareggio di bilancio (art. 81, così come sostituito dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1), stuprando violentemente la Costituzione primigenia, quindi i “principi supremi” (scritti e non) sui quali la stessa si fonda.
Tutto ciò, nonostante la Repubblica italiana – per espressa previsione del primo comma dell’art. 1 della Costituzione – si fondi sul lavoro e non sul pareggio di bilancio!
La costituzionalizzazione del predetto vincolo, pur essendo avvenuto attraverso il rispetto formale della procedura di revisione costituzionale dettata dall’art. 138 Cost., ha nella sostanza esautorato ciò che non può essere – in nessun caso – oggetto di revisione costituzionale, e cioè i Principi Fondamentali sui quali trova fondamento il nostro Ordinamento costituzionale (in questo caso quelli sanciti dagli artt. 1 e 4 Cost.)!
Nella forma si è provveduto a riformare l’art. 81 Cost., appartenente alla Parte Seconda della Carta Costituzionale, ma nella sostanza si è svuotato il principio supremo del lavoro sul quale la Repubblica si fonda e che – nella forma – non poteva essere oggetto di revisione costituzionale!
Capito adesso perché il Parlamento – sotto il forte impulso dell’allora Governo presieduto da Mario Monti – ha commesso un attentato nei confronti della Costituzione primigenia?
Essendo la Repubblica italiana fondata sul lavoro, è implicitamente ammesso allo Stato di ricorrere all’indebitamento al fine di creare piena occupazione! Non esiste altra verità!
La sovranità popolare, la democrazia costituzionale e il diritto al lavoro sono stati completamente esautorati per fare gli interessi dei banchieri e del capitale internazionale! Il tutto con la complicità di politici nostrani a libro paga delle lobby e delle multinazionali!