«Nell’ultimo anno le imprese attive sono diminuite di 21.780 unità, mentre dall’inizio della crisi (2009) il numero complessivo è crollato di 116 mila attività. Al 31 dicembre 2015 il numero complessivo delle aziende artigiane presenti in Italia è sceso sotto quota 1.350.000». Sono drammatiche le dimensioni della crisi dell’artigianatocalcolate dalla Cgia Mestre.
IL CALO CONTINUO. Mentre fra le imprese non artigiane «solo l’agricoltura e l’estrazione di minerali evidenziano una flessione nell’ultimo anno», ha osservato in una nota diffusa sabato 13 febbraio Paolo Zabeo, coordinatore dell’ufficio studi dell’associazione piccole imprese, «l’artigianato è l’unica categoria economica che continua a registrare un netto calo delle imprese attive».
DA CAGLIARI A TRENTO. Secondo i numeri forniti dalla stessa Cgia, riprodotti nelle tabelle pubblicate in questa pagina, considerando gli ultimi sei anni si va dal -14,1 per cento registrato in Sardegna (-2,2 per cento solo fra 2014 e 2015) al -2,5 del Trentino-Alto Adige (-0,3). Ma il dato più preoccupante è che nella classifica della Cgia fra le due regioni citate sono comprese tutte le altre, con cifre negative (soprattutto al Sud) più vicine a quelle della Sardegna che a quelle del Trentino. «Nessuna delle 20 regioni italiane ha fatto segnare una variazione positiva e, anche nell’ultimo anno, il segno meno compare per tutte le regioni», sintetizza Zabeo.
I SETTORI. Quanto ai settori interessati dal massacro, quelli in cui si constata la morte di più aziende artigianali, in termini assoluti, sono l’edilizia (-65.455 imprese dal 2009 al 2015), i trasporti (-16.699), la metalmeccanica (-12.556 per i prodotti in metallo e -4.125 per i macchinari), legno arredo (-11.692). In netta controtendenza solo le imprese di pulizia e di giardinaggio (+11.370), ma se la cavano bene anche gelaterie-rosticcerie-ambulanti del cibo da strada (+3.290) e parrucchiere ed estetiste (+2.180).
MESTIERI IN VIA DI ESTINZIONE. Un’altra classifica desolante prodotta dalla Cgia è quella in cui sono messi in fila i mestieri decimati da questa moria. Negli ultimi sei anni si è estinto il 35,5 per cento dei piccoli armatori, il 33 per cento dei magliai, il 29,4 per cento dei riparatori audio/video, e via scomparendo. Fino al 23,7 per cento dei camionisti e il 23,2 per cento dei falegnami. «Alcune di queste attività – si legge nella nota dell’associazione – sono così poco numerose che nel giro di una dozzina di anni rischiano di sparire».
LE CAUSE DEL DECESSO. E a cosa è dovuta la mattanza degli artigiani? È sempre Zabeo a fare un elenco di ipotesi: «La caduta dei consumi delle famiglie e la loro lenta ripresa, l’aumento della pressione fiscale e l’esplosione del costo degli affitti hanno spinto fuori mercato molte attività, senza contare che l’avvento delle nuove tecnologie e delle produzioni in serie hanno relegato in posizioni di marginalità molte professioni caratterizzate da un’elevata capacità manuale».
LO SFOGO. Ma la conferma più efficace dell’analisi della Cgia non arriva dai numeri, bensì dalla “viva voce” di un artigiano. È lo sfogo inviato via email a Dagospia da un piccolo imprenditore, a commento di un articolo del sito che trattava proprio i numeri elencati qui.
Ecco la lettera:
«Perché vi meravigliate del fatto che stiano scomparendo gli artigiani? Lo Stato ci soffoca con le tasse, con norme sempre più sibilline che rendono agevole all’agenzia delle entrate il compito di fare multe che ci tolgono anche il sangue. La gente ci odia perché siamo dipinti come la categoria che più evade le tasse, senza sapere COME ci vengono fatte le multe spaventose che ci propinano».
«Lavoriamo 10-12 ore al giorno e non esiste giorno festivo in cui non si debba fare una capatina al laboratorio, i nostri figli non possono venire a darci una mano se prima non si è passati dal notaio “per regolarizzare la posizione”… E vi meravigliate se stiamo scomparendo come i panda?».
«Per non parlare poi di tramandare il mestiere! Se un ragazzo ha voglia di imparare, non può farlo perché non ci possiamo permettere di pagarlo da subito dal momento che non produce e i nostri margini di guadagno sono pressoché inesistenti».
«Ma forse è meglio che l’artigianato si estingua: facciamo parte di un mondo che ormai è cancellato e se non c’è posto per la cultura con la C maiuscola, figuriamoci per quella con la c minuscola… L’unica consolazione per l’artigianato è che morirà in buona compagnia!».
Fonte: Tempi