di Anna Maria Merlo Il Manifesto
Confusione a Air France, dopo una giornata di accuse e contro-accuse, tra dipendenti e direzione, con una riunione a Roissy finita in anticipo a causa dell’irruzione di un gruppo di lavoratori, che al colmo dell’esasperazione e al grido di «Juniac dimissioni» ( Alexandre de Juniac è l’amministratore delegato di Air France ) hanno fatto ricorso alla violenza, lasciando a torso nudo il direttore delle risorse umane.
Air France ha deciso di sporgere denuncia. Il primo ministro, Manuel Valls, ha condannato le violenze «scandalose», per il ministro dei Trasporti, Alain Vidalies sono «inaccettabili». I sindacati, pur condannando le violenze fisiche, parlano di «provocazione» della direzione (in particolare Cgt e Fo) e lanciano un nuovo appello al «dialogo».
Air France : le CCE interrompu par des... di lemondefr
La direzione della compagnia aerea, dopo la rottura di un dialogo in realtà mai iniziato con i piloti, ha deciso ieri di passare al cosiddetto «piano B»: visto che i piloti non accettano il programma di economie, allora Air France passa ai tagli. Sono previste 2900 soppressioni di posti di lavoro tra il 2017 e il 2018, una parte attraverso dimissioni volontarie, ma una fetta anche con licenziamenti brutali, su un totale di 64 mila dipendenti complessivi, di cui 4 mila piloti.
C’è sempre una prima volta
Sarebbe la prima volta che Air France ricorre a licenziamenti, anche se negli anni passati ha proceduto a drastiche riduzioni del personale, ma sempre con accordi di dimissioni volontarie e pre-pensionamenti. Il braccio di ferro con i piloti aveva rotto il fronte sindacale nei giorni scorsi. Ma l’intransigenza della direzione, ieri, lo ha in parte ricompattato.
Le riduzioni di posti di lavoro dovrebbero riguardare 300 piloti (i più colpiti saranno i più giovani, che volano sugli A320), 700 steward e 1900 impiegati a terra. Il progetto iniziale, Perform 2020, puntava a migliorare la produttività della compagnia, incrementando il tempo di lavoro dei piloti senza aumento di stipendio e ridimensionando il numero di voli.
Il programma prevedeva la chiusura di almeno 5 linee di lunga distanza (il 50% delle quali sono in rosso) e una riduzione della flotta di 14 aerei entro la fine del 2017, sui 107 che volano a lunga distanza. È prevista anche una riduzione della frequenza su 22 linee. Misure drastiche per riportare in attivo la compagnia francese, che da sei anni chiude i bilanci in rosso.
Per la direzione di Air France i piloti sono fortemente responsabili di questa situazione, perché costerebbero il 25% in più rispetto a quelli della concorrenza, il 15% a causa di una produttività inferiore (lavorano meno ore) e il 10% per i contributi troppo alti che vengono applicati in Francia. Ma i piloti contestano queste cifre. Secondo Véronique Damon, segretaria generale dello Snpl (sindacato dei piloti) il costo è paragonabile a quello di altre compagnie europee. Quello che invece non funziona è l’organizzazione di Air France, che lascia troppo tempo di attesa ai piloti quando portano passeggeri all’hub di Roissy per prendere i voli di lunga distanza.
Secondo il sindacato, l’aumento di produttività richiesto dalla direzione, senza paralleli incrementi di stipendio, equivale a ridurre il salario del 15–20%, uno sforzo giudicato «inaccettabile». Le due parti si accusano reciprocamente di «intransigenza». I sindacati delle altre categorie di lavoratori di Air France, che la scorsa settimana erano state critiche nei confronti dei piloti, ieri hanno mostrato fronte comune.
Il contratto sarà «low cost»
Lo scorso anno, i piloti di Air France avevano già fatto uno sciopero di 14 giorni, il più lungo della storia della compagnia. Anche allora, il primo ministro, Manuel Valls, li aveva accusati di «egoismo». All’origine della protesta c’era il progetto di sviluppo di una filiale, la compagnia low cost Transavia. Air France, che negli anni scorsi ha subito una drastica ristrutturazione (con 9 mila tagli di posti di lavoro) vorrebbe fare di Transavia uno dei «leader del low cost paneuropeo», con 220 aerei (oggi Transavia ne gestisce una cinquantina, a titolo di paragone Easyjet ne ha 300).
Air France aveva proposto ai 4 mila piloti un contratto unico Air France e Transavia, in ribasso rispetto a quello attuale della compagnia storica: non è tanto lo stipendio, che nelle due compagnie è abbastanza simile (le differenze sono più forti per i comandanti di bordo, mentre a inizio carriera sono persino più alti nella filiale low cost), a suscitare la reazione negativa dei piloti, quanto piuttosto i cambiamenti nelle condizioni di lavoro.
A fine giornata il bilancio degli scontri nella sede della compagnia francese di bandiera è di sette feriti: cinque sono dipendenti di Air France e due sono agenti. Uno degli agenti ieri sera versava in gravi condizioni. La foto di Xavier Broseta, il direttore delle risorse umane che è fuggito a torso nudo dopo che la camicia gli è stata ridotta in brandelli dai manifestanti, ieri ha fatto il giro del web. Air France ha preannunciato una denuncia per «violenza aggravata» a carico dei dipendenti che hanno partecipato alle proteste.
di Enrico Campofreda contropiano.org
Allons enfants… et voilà il manager, pur scortato, deve darsela a gambe, e volare, volare oltre la rete divisoria, tenuto per le chiappe dai guardiaspalle che non possono guardargliele più di fronte a centinaia di lavoratori urticanti, incazzati per i previsti licenziamenti. Duemilanovecento. Dopo i precedenti duemilaequattro, cinquemilaefischia, duemilaottocento, considerati non persone ma numeri su numeri, che quelli come Xavier - i tagliatori di teste (predecessori dell’Isis) - hanno falcidiato e continuano a colpire per assecondare una fede: il fondamentalismo del capitale. Necessario per quadrare i profitti di certe aziende che teorizzano di conservarli all’infinito anche in tempo di crisi, puntando a farla pagare solo a chi lavora. Che però non ci sta: rilancia la propria rabbia sul manager usurpatore in un luddistico e liberatorio inseguimento che è solo simulacro d’un linciaggio, ma mette il fiatone. Issato sul bordo della cancellata che lo salva, il descamisado monsieur Broseta, respira a fondo e smaltisce la paura, pensa d’averla scampata bella e incamera il totale sostegno di quella politica che per il ruolo ricoperto deve oggettivamente scandalizzarsi del gesto ribelle, ma mai si scandalizza di gettare via coi licenziamenti le vite di migliaia di famiglie.
Ovviamente il troppo focoso manipolo che ha placcato e lacerato la chemise del capo del personale Air France, quasi che fosse un’ala avversaria inglese o degli All Blacks, viene stigmatizzato da taluni sindacalisti e da colleghi che si distinguono per metodi e stile. Lo stesso fronte di protesta ha varie voci, quelle di ben pagati piloti, non sono le stesse di altro personale, perciò la Compagnìa avrà modo di condurre trattative vantaggiose per sé. Ma qui evidenziamo l’unica situazione che intimorisce chi ha tutto il potere contrattuale (il manager) e può collocare in prima pagina proteste altrimenti archiviate come routinario dissenso sui piani aziendali: il gesto clamoroso. L’arrampicata sulla ciminiera, il seppellimento in miniera, l’occupazione di fabbriche ormai dismesse e mai più operative, azioni di rottura come lo straccio di giacca, camicia e cravatta. Roba datata, da cattivoni fuori tempo massimo? Forse. Ma i tempi che si vivono, con l’economia strozzata a danno dei soli lavoratori (chiunque essi siano piloti, hostess o scaricatori dei nastri) più le normative azzeratrici di diritti e tutele, necessitano anche di questi atti d’accusa. Ricordando a chi vive la contraddizione del lavoro salariato che la lotta è ricerca di futuro, la camicia inamidata certezza d’un presente aziendale tragicamente licenzioso.
Nessun commento:
Posta un commento