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mercoledì 7 ottobre 2015

Modello Air France: il piano C dei lavoratori

di Sergio Bellavita sindacatounaltracosa.org

Ha fatto il giro del mondo l’immagine del capo del personale di Air France Xavier Broseta che, seminudo, tenta di scavalcare l’inferriata per sfuggire, protetto dagli agenti di sicurezza, alla rabbia dei lavoratori. Era andata molto peggio al presidente della filiale indiana del gruppo Graziano trasmissioni, Lalit Chaudhary, che nel 2008 e’ stato linciato dagli operai che aveva licenziato. In quel caso persino il ministro del lavoro del governo indiano dell’epoca si schierò in difesa degli operai che a sprangate lo uccisero dichiarando che ” i lavoratori vanno trattati con compassione” ed augurandosi infine che “quanto accaduto sia di monito ai vari manager presenti in India”… All’inizio della crisi più lunga del capitale ci furono diversi episodi di resistenza dei lavoratori del tutto irrituali rispetto alla consueta e desueta manifestazione sindacale tradizionale.




Uno su tutti il sequestro dei manager della Michelin prima e della Goodyear poi, sempre in Francia. La durezza del perdurare della crisi ha progressivamente spento la capacità di resistenza del mondo del lavoro che riesplode solo periodicamente senza riuscire tuttavia a generalizzarsi o anche solo ad arrestare il processo di spoliazione di diritti, salari e occupazione.
I lavoratori dell’Air France sono stati messi davanti ad un ricatto drammatico: o accettare il piano A: cento ore di volo a parità di salario, o il piano B, 2900 licenziamenti. Hanno deciso di mettere in pratica il piano C: il rigetto del ricatto ed una risposta violenta alla violenza del padrone. Ed hanno ragione. Certo non sarà denudando manager e padroni che si potrà affermare un nuovo vincolo sociale al capitale o anche solo mettere in discussione il suo dominio sulla vita di milioni di uomini e donne. Tuttavia l’immagine del manager seminudo ha generato immediatamente nell’immaginario collettivo una simpatia e, di più, una assoluta condivisione della rabbia dei lavoratori. La ragione è semplice e drammatica, da anni il mondo del lavoro subisce sconfitte e vive ogni classica forma di resistenza sociale come una necessaria ma inutile rappresentazione. Si accumula rabbia di fronte ad una condizione che giorno dopo giorno precipita. La rappresentanza politica e sociale del lavoro appare in una crisi irreversibile, incapace di costruire una risposta adeguata alla dimensione dell’attacco. Quali strumenti hanno quindi oggi i lavoratori per difendersi dalla violenza assurda che viene rovesciata per intero sulle loro vite? Per queste ragioni stiamo con i lavoratori di Air France, senza se e senza ma. La violenza di chi si difende da un’aggressione non è mai uguale a quella di chi aggredisce. E a noi non piace l’ipocrisia di certi intellettuali che hanno bisogno che passino 20 anni o che certi fatti accadano a migliaia di km di distanza dai sicuri salotti nostrani per esprimere attenzione alle rivolte sociali. Che la lotta dei lavoratori di Air France sia solo l’inizio della rivolta necessaria e impellente.

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