Una geologa lucana, Albina Colella, docente all’Università di Potenza, indaga sul preoccupante inquinamento della diga del Pertusillo, in Val D’Agri, zona di massima concentrazione di pozzi petroliferi. Le analisi dicono che l’acqua di quella diga è inquinata da scarti estrattivi. La combattente ambientalista denuncia il pericolo per la salute di milioni di cittadini pugliesi e lucani. Tutti s’aspettano l’imminente inchiesta a carico delle compagnie petrolifere che operano in zona.
Tuttavia, la magistratura potentina istruisce, a carico di Albina, un processo per malversazione di fondi europei destinati alla ricerca in quelle acque e per uso improprio di un “gommone” destinato alle escursioni scientifiche nel lago.
Due giorni fa, la prof. è stata condannata in primo grado alla pena di nove anni di carcere. Ieri gli avvocati della geologa hanno chiesto la ricusazione del giudice che ha emesso la sentenza per manifesta inosservanza della procedura processuale.
Prima ancora di lei, il tenente della polizia ambientale Giuseppe Di Bello, anch’egli responsabile di aver divulgato i risultati dell’avvelenamento delle acque del Pertusillo, è stato processato e condannato a otto mesi di prigione, “per aver creato allarme sociale ed aver condotto indagini non richieste”. Di seguito alla condanna, di primo e secondo grado, è stato destituito dal corpo di polizia ambientale e destinato a fare il guardiano di un museo. La cassazione gli ha dato infine ragione lo scorso agosto, ma il potere politico lucano continua a farlo marcire nel museo senza ancora restituirgli grado e dignità. Misteri lucani.
Le storie legate al petrolio sono state sempre dense di affascinanti misteri, tali da indurre scrittori e registi a farne libri e film, dai numerosi saggi storici al romanzo incompiuto di Pasolini, “Petrolio” a “Il caso Mattei” un film del 1972, diretto da Francesco Rosi, al film di Florestano Vancini del 1973, sul delitto Matteotti, con Vittorio De Sica nella parte del giudice Mauro Del Giudice. Gialli storici che ovviamente non sono legati alle piccole storie lucane sopra dette e che, dato il mio mestiere di scrittore di romanzi storici prestato al giornalismo, m’intrigano anche per ragioni personali e familiari. Ve le propongo per puro esercizio letterario.
Il 16 agosto del 1924, venne ritrovato a Roma il corpo del deputato socialista Giacomo Matteotti. Si stava occupando dello scandalo Sinclair Oil riguardante il governo fascista. Gli inglesi sostengono che la compagnia petrolifera americana avesse versato una tangente di trenta milioni di lire, corrispondenti all’incirca a trenta milioni di euro oggi, al fratello di Benito Mussolini, Arnaldo, direttore del Popolo d’Italia, per garantirsi la concessione petrolifera sul suolo italiano in esclusiva e a costo zero. Altre voci parlano del coinvolgimento nello scandalo dello stesso re Vittorio Emanuele. A uccidere Matteotti, appena tornato da Londra e Parigi con una borsa di documenti compromettenti, è stata una squadra fascista. Il giorno dopo Matteotti avrebbe denunciato in parlamento lo scandalo. Le indagini condotte dall’inflessibile giudice garganico, Mauro Del Giudice, stanno per arrivare a un passo dalla verità, e dall’incriminazione delle più alte cariche del regime. Del Giudice viene rimosso e perseguitato, la squadra di assassini giudicata in un processo burla. La documentazione in proposito è vastissima.
Passa il fascismo e passa la guerra, il ceto politico uscito dalla Resistenza pare migliore, tra questi c’è Enrico Mattei che diventa presidente dell’Eni. La sua politica nei confronti dei paesi arabi produttori di petrolio è più equa di quella americana. Egli non punta a un rapporto coloniale di sfruttamento e concede royalty più alte. il 27 ottobre del 1962, l’aereo leggero decollato da Catania e diretto verso in Nordafrica, su cui viaggiava il presidente dell’Eni cade. Mattei muore. E’ opinione comune che si sia trattato di un attentato. A succedergli come presidente dell’Eni è Eugenio Cefis, implicato in alcuni grossi scandali e ritenuto uno dei fondatori della loggia massonica deviata P2, nuova padrona del Belpaese.
16 settembre del 1970, il giornalista foggiano Mauro De Mauro, fratello maggiore del noto italianista Tullio, viene rapito e ucciso da un commando mafioso a Palermo. Stava indagando sugli ultimi giorni di Mattei in Sicilia. Aveva ricevuto l’incarico di scrivere la sceneggiatura di un film sulla morte di Mattei dal regista Franco Rosi. In passato ha lavorato con i servizi segreti militari, sa come muoversi. Scrive la sceneggiatura e la sigilla in una busta gialla. In quella busta è contenuta la verità, Mattei non fu ucciso a causa di un incidente, ma da una piccola carica esplosiva piazzata sull’aereo che lo trasportava. De Mauro scomparve sotto casa. La figlia Franca vide il padre rientrare nella sua auto con tre sconosciuti. “Amuninni”, andiamo, gli ordinò uno di loro, e De Mauro sparì nel nulla, come Matteotti.
Passano solo cinque anni, nella notte tra il 1° e il 2 novembre 1975, lo scrittore e regista Pier Paolo Pasolini viene ucciso da un balordo. Stava scrivendo il romanzo “Petrolio” in cui narrava le vicende di Mattei, Cefis e De Mauro. Nessuno crederà mai che il gracile ragazzo di borgata Pino Pelosi possa aver aggredito, sopraffatto e assassinato, da solo e senz’armi l’atletico Pasolini. Il giudice Carlo Alfredo Moro, fratello del politico Aldo Moro, concluse che Pelosi aveva ucciso lo scrittore insieme ad altre persone ignote. Dal manoscritto del romanzo di Pasolini, risulta scomparso il capitolo più compromettente. In seguito il “bibliofilo” Marcello Dell’Utri, braccio destro del piduista Berlusconi e fondatore di forza Italia, condannato per concorso in associazione mafiosa, rivendica il possesso di quel capitolo.
Ed è proprio il politico pugliese Aldo Moro, presidente del consiglio ad essere rapito e ucciso dalle brigate rosse tre anni dopo. I capi palestinesi, con i quali Moro era in buoni rapporti, diranno che a volerlo morto furono gli americani, la famiglia di Moro fece il nome di un segretario di Stato Usa. Ancora una volta, pare che ci fosse di mezzo la politica petrolifera italiana verso i paesi arabi, concorrenziale a quella americana.
Di queste storie potete trovare ampi riscontri nel libri di Giovanni Fasanella, “il golpe inglese”, di Pino Aprile “Il Sud Puzza”.
Parlando di queste storie con un vecchio amico, appassionato di puzzle, misteri, complotti e strane coincidenze, egli mi fa notare che i nomi o i cognomi degli attori coinvolti in questa tragedia, Mussolini, Matteotti, Mauro Del Giudice, Mattei, Mauro De Mauro e i due fratelli Moro, iniziano tutti con la lettera M...come Morte, chiosa inquietante.
“Vabbe’”, gli rispondo scettico, “Ma Pasolini che c’entra, inizia con la P.”
E lui, sornione: “Pier Paolo Pasolini e Pino Pelosi, tutti con la lettera P, come Petrolio. Strana coincidenza con il nome della loggia P2… P3, P4, P5…”.
Gli rispondo allegramente che la mia fortuna è di non avere un nome che inizi con M o P, e dunque posso stare tranquillo. E poi, avendo altro da fare, mi occupo in modo superficiale ed episodico di queste storie e di non avere scoperto nulla di nuovo e di non avere neanche inedite rivelazioni da fare. Ma l’amico con tono allarmato: “Perché ti vuoi occupare di queste faccende? Pugliesi erano Mauro del Giudice, Mauro De Mauro e i fratelli Moro. Ancora la P di Puglia, come petrolio. Quando si dice il caso.” Lo guardo incredulo, e lui, che di me sa molte cose, aggiunge: “Sei foggiano come Mauro De Mauro e garganico come Mauro Del Giudice, conosciuto da tuo padre. a Vieste, paese d’origine della tua famiglia, dove soggiornava il giudice del processo Matteotti.”
“M’aggia preuccupa’?” Gli domando ancora incredulo, poi aggiungo “quante fantasie, si tratta solo di banali coincidenze”.
Ma lui mi risponde con un sorrisetto: “Le vie del petrolio sono infinite”.
Ma che vorrà di’?
Tuttavia, la magistratura potentina istruisce, a carico di Albina, un processo per malversazione di fondi europei destinati alla ricerca in quelle acque e per uso improprio di un “gommone” destinato alle escursioni scientifiche nel lago.
Due giorni fa, la prof. è stata condannata in primo grado alla pena di nove anni di carcere. Ieri gli avvocati della geologa hanno chiesto la ricusazione del giudice che ha emesso la sentenza per manifesta inosservanza della procedura processuale.
Prima ancora di lei, il tenente della polizia ambientale Giuseppe Di Bello, anch’egli responsabile di aver divulgato i risultati dell’avvelenamento delle acque del Pertusillo, è stato processato e condannato a otto mesi di prigione, “per aver creato allarme sociale ed aver condotto indagini non richieste”. Di seguito alla condanna, di primo e secondo grado, è stato destituito dal corpo di polizia ambientale e destinato a fare il guardiano di un museo. La cassazione gli ha dato infine ragione lo scorso agosto, ma il potere politico lucano continua a farlo marcire nel museo senza ancora restituirgli grado e dignità. Misteri lucani.
Le storie legate al petrolio sono state sempre dense di affascinanti misteri, tali da indurre scrittori e registi a farne libri e film, dai numerosi saggi storici al romanzo incompiuto di Pasolini, “Petrolio” a “Il caso Mattei” un film del 1972, diretto da Francesco Rosi, al film di Florestano Vancini del 1973, sul delitto Matteotti, con Vittorio De Sica nella parte del giudice Mauro Del Giudice. Gialli storici che ovviamente non sono legati alle piccole storie lucane sopra dette e che, dato il mio mestiere di scrittore di romanzi storici prestato al giornalismo, m’intrigano anche per ragioni personali e familiari. Ve le propongo per puro esercizio letterario.
Il 16 agosto del 1924, venne ritrovato a Roma il corpo del deputato socialista Giacomo Matteotti. Si stava occupando dello scandalo Sinclair Oil riguardante il governo fascista. Gli inglesi sostengono che la compagnia petrolifera americana avesse versato una tangente di trenta milioni di lire, corrispondenti all’incirca a trenta milioni di euro oggi, al fratello di Benito Mussolini, Arnaldo, direttore del Popolo d’Italia, per garantirsi la concessione petrolifera sul suolo italiano in esclusiva e a costo zero. Altre voci parlano del coinvolgimento nello scandalo dello stesso re Vittorio Emanuele. A uccidere Matteotti, appena tornato da Londra e Parigi con una borsa di documenti compromettenti, è stata una squadra fascista. Il giorno dopo Matteotti avrebbe denunciato in parlamento lo scandalo. Le indagini condotte dall’inflessibile giudice garganico, Mauro Del Giudice, stanno per arrivare a un passo dalla verità, e dall’incriminazione delle più alte cariche del regime. Del Giudice viene rimosso e perseguitato, la squadra di assassini giudicata in un processo burla. La documentazione in proposito è vastissima.
Passa il fascismo e passa la guerra, il ceto politico uscito dalla Resistenza pare migliore, tra questi c’è Enrico Mattei che diventa presidente dell’Eni. La sua politica nei confronti dei paesi arabi produttori di petrolio è più equa di quella americana. Egli non punta a un rapporto coloniale di sfruttamento e concede royalty più alte. il 27 ottobre del 1962, l’aereo leggero decollato da Catania e diretto verso in Nordafrica, su cui viaggiava il presidente dell’Eni cade. Mattei muore. E’ opinione comune che si sia trattato di un attentato. A succedergli come presidente dell’Eni è Eugenio Cefis, implicato in alcuni grossi scandali e ritenuto uno dei fondatori della loggia massonica deviata P2, nuova padrona del Belpaese.
16 settembre del 1970, il giornalista foggiano Mauro De Mauro, fratello maggiore del noto italianista Tullio, viene rapito e ucciso da un commando mafioso a Palermo. Stava indagando sugli ultimi giorni di Mattei in Sicilia. Aveva ricevuto l’incarico di scrivere la sceneggiatura di un film sulla morte di Mattei dal regista Franco Rosi. In passato ha lavorato con i servizi segreti militari, sa come muoversi. Scrive la sceneggiatura e la sigilla in una busta gialla. In quella busta è contenuta la verità, Mattei non fu ucciso a causa di un incidente, ma da una piccola carica esplosiva piazzata sull’aereo che lo trasportava. De Mauro scomparve sotto casa. La figlia Franca vide il padre rientrare nella sua auto con tre sconosciuti. “Amuninni”, andiamo, gli ordinò uno di loro, e De Mauro sparì nel nulla, come Matteotti.
Passano solo cinque anni, nella notte tra il 1° e il 2 novembre 1975, lo scrittore e regista Pier Paolo Pasolini viene ucciso da un balordo. Stava scrivendo il romanzo “Petrolio” in cui narrava le vicende di Mattei, Cefis e De Mauro. Nessuno crederà mai che il gracile ragazzo di borgata Pino Pelosi possa aver aggredito, sopraffatto e assassinato, da solo e senz’armi l’atletico Pasolini. Il giudice Carlo Alfredo Moro, fratello del politico Aldo Moro, concluse che Pelosi aveva ucciso lo scrittore insieme ad altre persone ignote. Dal manoscritto del romanzo di Pasolini, risulta scomparso il capitolo più compromettente. In seguito il “bibliofilo” Marcello Dell’Utri, braccio destro del piduista Berlusconi e fondatore di forza Italia, condannato per concorso in associazione mafiosa, rivendica il possesso di quel capitolo.
Ed è proprio il politico pugliese Aldo Moro, presidente del consiglio ad essere rapito e ucciso dalle brigate rosse tre anni dopo. I capi palestinesi, con i quali Moro era in buoni rapporti, diranno che a volerlo morto furono gli americani, la famiglia di Moro fece il nome di un segretario di Stato Usa. Ancora una volta, pare che ci fosse di mezzo la politica petrolifera italiana verso i paesi arabi, concorrenziale a quella americana.
Di queste storie potete trovare ampi riscontri nel libri di Giovanni Fasanella, “il golpe inglese”, di Pino Aprile “Il Sud Puzza”.
Parlando di queste storie con un vecchio amico, appassionato di puzzle, misteri, complotti e strane coincidenze, egli mi fa notare che i nomi o i cognomi degli attori coinvolti in questa tragedia, Mussolini, Matteotti, Mauro Del Giudice, Mattei, Mauro De Mauro e i due fratelli Moro, iniziano tutti con la lettera M...come Morte, chiosa inquietante.
“Vabbe’”, gli rispondo scettico, “Ma Pasolini che c’entra, inizia con la P.”
E lui, sornione: “Pier Paolo Pasolini e Pino Pelosi, tutti con la lettera P, come Petrolio. Strana coincidenza con il nome della loggia P2… P3, P4, P5…”.
Gli rispondo allegramente che la mia fortuna è di non avere un nome che inizi con M o P, e dunque posso stare tranquillo. E poi, avendo altro da fare, mi occupo in modo superficiale ed episodico di queste storie e di non avere scoperto nulla di nuovo e di non avere neanche inedite rivelazioni da fare. Ma l’amico con tono allarmato: “Perché ti vuoi occupare di queste faccende? Pugliesi erano Mauro del Giudice, Mauro De Mauro e i fratelli Moro. Ancora la P di Puglia, come petrolio. Quando si dice il caso.” Lo guardo incredulo, e lui, che di me sa molte cose, aggiunge: “Sei foggiano come Mauro De Mauro e garganico come Mauro Del Giudice, conosciuto da tuo padre. a Vieste, paese d’origine della tua famiglia, dove soggiornava il giudice del processo Matteotti.”
“M’aggia preuccupa’?” Gli domando ancora incredulo, poi aggiungo “quante fantasie, si tratta solo di banali coincidenze”.
Ma lui mi risponde con un sorrisetto: “Le vie del petrolio sono infinite”.
Ma che vorrà di’?
Fonte: https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=1678171249136771&id=1545756872378210
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