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sabato 17 ottobre 2015

Renzi dice "le tasse e le riforme le decidiamo noi, non l'Europa ". Questa lettera dice esattamente il contrario

di Marco Mori
L’abitudine di sconvolgere le politiche nazionali con semplice lettere non è un fatto nuovo. Già accadde nel 1981, con il divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia, avvenuto con un semblice scambio epistolare tra Andreatta e Ciampi (clicca qui per leggerle). 
Nell’agosto 2011 un’altra lettera (che avrebbe dovuto rimanere segreta nelle intenzioni dei suoi autori), stavolta scambiata tra la Banca Centrale Europea e il nostro Governo, ha addirittura sospeso la democrazia nel Paese imponendo le riforme che abbiamo visto attuate dai Governi Monti, Letta e Renzi. Pensate che stia esagerando? Avete la memoria corta, anzi cortissima.
Rileggiamo la lettera del 2011 a firma della coppia delle meraviglie Mario Draghi, Jean Claude Trichet:

Caro Primo Ministro,
Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea il 4 Agosto ha discusso la situazione nei mercati dei titoli di Stato italiani.
Il Consiglio direttivo ritiene che sia necessaria un’azione pressante da parte delle autorità italiane per ristabilire la fiducia degli investitori.
Il vertice dei capi di Stato e di governo dell’area-euro del 21 luglio 2011 ha concluso che «tutti i Paesi dell’euro riaffermano solennemente la loro determinazione inflessibile a onorare in pieno la loro individuale firma sovrana e tutti i loro impegni per condizioni di bilancio sostenibili e per le riforme strutturali».

Il Consiglio direttivo ritiene che l’Italia debba con urgenza rafforzare la reputazione della sua firma sovrana e il suo impegno alla sostenibilità di bilancio e alle riforme strutturali.
Il Governo italiano ha deciso di mirare al pareggio di bilancio nel 2014 e, a questo scopo, ha di recente introdotto un pacchetto di misure. Sono passi importanti, ma non sufficienti.
Nell’attuale situazione, riteniamo essenziali le seguenti misure:
1.Vediamo l’esigenza di misure significative per accrescere il potenziale di crescita. Alcune decisioni recenti prese dal Governo si muovono in questa direzione; altre misure sono in discussione con le parti sociali. Tuttavia, occorre fare di più ed é cruciale muovere in questa direzione con decisione. Le sfide principali sono l’aumento della concorrenza, particolarmente nei servizi, il miglioramento della qualità dei servizi pubblici e il ridisegno di sistemi regolatori e fiscali che siano più adatti a sostenere la competitività delle imprese e l’efficienza del mercato del lavoro.
a) E’ necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala.
b) C’é anche l’esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d’impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione. L’accordo del 28 Giugno tra le principali sigle sindacali e le associazioni industriali si muove in questa direzione.
c) Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi.
2. Il Governo ha l’esigenza di assumere misure immediate e decise per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche.
a) Ulteriori misure di correzione del bilancio sono necessarie. Riteniamo essenziale per le autorità italiane di anticipare di almeno un anno il calendario di entrata in vigore delle misure adottate nel pacchetto del luglio 2011. L’obiettivo dovrebbe essere un deficit migliore di quanto previsto fin qui nel 2011, un fabbisogno netto dell’1% nel 2012 e un bilancio in pareggio nel 2013, principalmente attraverso tagli di spesa. È possibile intervenire ulteriormente nel sistema pensionistico, rendendo più rigorosi i criteri di idoneità per le pensioni di anzianità e riportando l’età del ritiro delle donne nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il settore pubblico, così ottenendo dei risparmi già nel 2012. Inoltre, il Governo dovrebbe valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover e, se necessario, riducendo gli stipendi.
b) Andrebbe introdotta una clausola di riduzione automatica del deficit che specifichi che qualunque scostamento dagli obiettivi di deficit sarà compensato automaticamente con tagli orizzontali sulle spese discrezionali.
c) Andrebbero messi sotto stretto controllo l’assunzione di indebitamento, anche commerciale, e le spese delle autorità regionali e locali, in linea con i principi della riforma in corso delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo.
Vista la gravità dell’attuale situazione sui mercati finanziari, consideriamo cruciale che tutte le azioni elencate nelle suddette sezioni 1 e 2 siano prese il prima possibile per decreto legge, seguito da ratifica parlamentare entro la fine di Settembre 2011. Sarebbe appropriata anche una riforma costituzionale che renda più stringenti le regole di bilancio.
3. Incoraggiamo inoltre il Governo a prendere immediatamente misure per garantire una revisione dell’amministrazione pubblica allo scopo di migliorare l’efficienza amministrativa e la capacità di assecondare le esigenze delle imprese. Negli organismi pubblici dovrebbe diventare sistematico l’uso di indicatori di performance (soprattutto nei sistemi sanitario, giudiziario e dell’istruzione). C’è l’esigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le Province). Andrebbero rafforzate le azioni mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali.
Confidiamo che il Governo assumerà le azioni appropriate.
Con la migliore considerazione”.
Ora che vi ho rinfrescato la memoria, avete le idee più chiare su chi comanda in Italia? I commenti sono superflui, ma è opportuno che cogliate un aspetto.
La banca centrale si è spinta fino al punto di chiedere al nostro Governo di agire tramite l’uso dei decreti legge, così forzando palesemente le regole democratiche della nostra Repubblica, che come sapete vede il suo fulcro nel Parlamento. La Costituzione infatti vieta all’esecutivo, in linea di principio, l’attività legislativa (art. 77 Cost., comma primo)Questo consente di comprendere, ancora più chiaramente, perché il Governo Renzi abbia tutta questa fretta di potenziare definitivamente l’esecutivo con “italicum” e con la riforma costituzionale: si vuole far si che, in futuro, le ratifiche degli ordini dei mercati, avvengano ancor più rapidamente e senza il fastidioso ostacolo che la democrazia rappresenta.
Insomma, per adempiere alla lettera di BCE abbiamo impiegato quasi 4 anni, Renzi vuole che, una simile insubordinazione, non si verifichi mai più.
Inutile rammentare che tutto questo implica la menomazione della personalità giuridica del nostro Paese, fatto che costituirebbe reato… Forse un giorno la Procura di Roma lo comprenderà…

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