Nel rispetto della volontà popolare che ha espresso, con la vittoria del No al referendum, la difesa della nostra Costituzione, comincia una serie di appuntamenti con l’intento di divulgare concetti fondamentali in maniera semplice e accessibile. Conosceremo e comprenderemo gli ostacoli che oggi impediscono l’attuazione della parte economica della Costituzione italiana del ‘48.
Articolo 47
La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio, in tutte le sue forme…
Incoraggiare il risparmio
Per il cittadino, risparmiare, significa non spendere oggi una parte del reddito e accantonarla; in realtà nel suo pensiero c’è già insita la funzione del risparmio. In economia il risparmio è dato dalla differenza tra reddito e consumo; rappresenta l’eccesso di entrata sull’uscita, sempre che il reddito sia sufficiente a coprire le spese. Lo scopo del sacrificio di oggi è il bisogno futuro. Di fatto ci sembra scorgere questo nella parola incoraggia dell’articolo 47 della Costituzione: il passaggio ad una cultura orientata al futuro, all’agire affinché la parte accantonata ogni anno come flusso, si trasformi nel tempo in stock di ricchezza.
La Repubblica è l’Italia, sono i suoi organi costituzionali democratici, “responsabili” nella carta costituzionale di spronare e tutelare il risparmio, così come di promuovere le condizioni, per l’esercizio del diritto al lavoro. Perché il lavoro è anche un dovere: lavorare per contribuire al progresso materiale e spirituale della società (articolo 4).
Creare le condizioni per il lavoro, poi, genera risparmio, grazie alle entrate derivanti dall’occupazione.
Sia risparmiare che contribuire alla società con il lavoro sono comportamenti virtuosi. Le azioni di Parlamento e Governo, strumenti della sovranità popolare, nell’osservare principi e limiti costituzionali, camminano costantemente accanto al cittadino in questa direzione.
Articolo 47
La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio, in tutte le sue forme…
Incoraggiare il risparmio
Per il cittadino, risparmiare, significa non spendere oggi una parte del reddito e accantonarla; in realtà nel suo pensiero c’è già insita la funzione del risparmio. In economia il risparmio è dato dalla differenza tra reddito e consumo; rappresenta l’eccesso di entrata sull’uscita, sempre che il reddito sia sufficiente a coprire le spese. Lo scopo del sacrificio di oggi è il bisogno futuro. Di fatto ci sembra scorgere questo nella parola incoraggia dell’articolo 47 della Costituzione: il passaggio ad una cultura orientata al futuro, all’agire affinché la parte accantonata ogni anno come flusso, si trasformi nel tempo in stock di ricchezza.
La Repubblica è l’Italia, sono i suoi organi costituzionali democratici, “responsabili” nella carta costituzionale di spronare e tutelare il risparmio, così come di promuovere le condizioni, per l’esercizio del diritto al lavoro. Perché il lavoro è anche un dovere: lavorare per contribuire al progresso materiale e spirituale della società (articolo 4).
Creare le condizioni per il lavoro, poi, genera risparmio, grazie alle entrate derivanti dall’occupazione.
Sia risparmiare che contribuire alla società con il lavoro sono comportamenti virtuosi. Le azioni di Parlamento e Governo, strumenti della sovranità popolare, nell’osservare principi e limiti costituzionali, camminano costantemente accanto al cittadino in questa direzione.
I saldi settoriali e la Costituzione
Il cittadino, insieme alle imprese, appartiene al settore privato e interagisce con il settore pubblico (Stato) e con il settore estero. L’analisi macroeconomica utilizza lo strumento dei saldi settoriali per evidenziare la differenza tra entrate e uscite dei tre settori; se il saldo di un settore è positivo si determina un risparmio (surplus); se è negativo, un indebitamento netto (deficit). L’interazione tra i diversi settori conduce all’identità contabile per cui la somma dei saldi è sempre uguale a 0. In altre parole, almeno uno dei settori deve indebitarsi per rendere valida l’uguaglianza. Se il saldo dello Stato è in deficit, il suo deficit non è altro che la differenza tra le entrate, rappresentate in buona parte dalle tasse versate dai cittadini, e le spese; ad esempio la costruzione di una scuola o il pagamento di stipendi del pubblico impiego. In sostanza, il risparmio nel settore privato aumenta in corrispondenza di un saldo in deficit del settore pubblico.
Mettendo in relazione l’identità contabile dei saldi settoriali con il principio costituzionale incoraggiare il risparmio, possiamo dedurre che la condizione necessaria per attuare il dettato costituzionale, è che lo Stato possa spendere di più di quanto incassa, favorendo, così, il risparmio dei cittadini.
Ma può oggi lo Stato incentivare il risparmio? Di fatto no, dal momento che l’art.3 del Fiscal Compact prevede che le parti contraenti applicano la regola che “in aggiunta e fatti salvi i loro obblighi ai sensi del diritto dell’Unione europea: la posizione di bilancio della pubblica amministrazione di una parte contraente è in pareggio o in avanzo”. Necessità di pareggio e impossibilità di disavanzo, sancite al nuovo art. 81 della Costituzione, modificato nel 2012.
Tutelare il risparmio
Nella tutela del risparmio sancita dalla Costituzione, si riafferma il valore della difesa. Tutelare qualcuno significa proprio proteggerlo, rappresentando i suoi interessi o gestendo i rischi derivanti da una mancata protezione.
Il soggetto da tutelare è il risparmio dei cittadini; i rischi sono rappresentati dall’eventuale mancanza di risparmio o dal non riuscire a preservarlo. La Repubblica, tutelando il risparmio, rende possibile la creazione di ricchezza.
Nell’intenzione dell’Assemblea Costituente, il riferimento al risparmio è quello legato al concetto lavoristico, al diritto del lavoratore di avere una retribuzione sufficiente in ogni caso a garantire a lui e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa (articolo 36).
Il riferimento in tutte le sue forme potrebbe far pensare anche a quella parte di risparmio, trasformata in investimento di natura privatistica, ma, a nostro parere, bisogna evidenziare il concetto di tutela che, nella Costituzione, avvicina il risparmio a strumenti quali depositi su conti correnti e titoli emessi dallo Stato.
Il ruolo dello Stato
In osservanza dell’articolo 47, la Repubblica riesce a tutelare il risparmio, evitando che venga aggredito dall’esterno se è depositato in conto corrente o parcheggiato nei Titoli di Stato? Anche in questo caso, la risposta è no.
Da sempre i Titoli di Stato sono considerati sicuri, poiché si ritiene l’emittente, Stato, in grado di adempiere al suo impegno: restituire il prestito e pagare gli interessi nella stessa valuta ricevuta. In uno Stato con potere di emissione monetaria non ci sono ostacoli, sia nell’onorare gli impegni presi, che nell’agire attivamente per la tutela del risparmio. Lo Stato potrà sempre restituire qualsiasi quantitativo di moneta avuta in prestito, perché ne ha il potere di emissione.
Ma il potere di emissione è stato ceduto alla Bce e l’Italia, al pari degli altri paesi dell’Eurozona, riceve la moneta in prestito, finanziandosi sul mercato alla stregua di un privato.
Rispetto alla tutela del risparmio, il cittadino che da sempre deposita il suo denaro in banca affinché sia custodito con la diligenza del buon padre di famiglia, ha appreso che, con il recepimento della direttiva europea sul Bail-in, per importi superiori a 100.000 euro, in caso di dissesto bancario, i suoi soldi concorreranno a ripagare le perdite dell’istituto bancario in default.
Gli ostacoli da rimuovere
E’ evidente che la normativa successiva alla Costituzione del ’48 con l’attuazione dei Trattati Europei, è intervenuta sulla parte economica, in contrasto con quanto prescrive l’articolo 47.
Non stupisce, dal momento che l’approccio è completamente diverso.
Nell’Eurozona “Forte concorrenza, stabilità dei prezzi e indipendenza della Banca centrale dai Governi: già a una prima lettura dei Trattati Europei emerge come siano questi i principi sovraordinati agli altri” (Vladimiro Giacché Costituzione Italiana contro i Trattati Europei – Il conflitto inevitabile – 2015).
La Costituzione mette al centro il cittadino e, attraverso il lavoro, lo nobilita come parte attiva della società. Leggendo, invece, gli articoli 127, 128 e 130 del Trattato di Lisbona sono chiari i meccanismi di funzionamento di una Banca centrale, orientata al mercato, alla stabilità dei prezzi e al contenimento dell’inflazione.
Riguardo la possibilità di operare in deficit, l’articolo 3 del Fiscal Compact, come ricordato, non lascia alcun dubbio.
Questi i primi ostacoli da rimuovere per incoraggiare e tutelare il risparmio.
Il cittadino, insieme alle imprese, appartiene al settore privato e interagisce con il settore pubblico (Stato) e con il settore estero. L’analisi macroeconomica utilizza lo strumento dei saldi settoriali per evidenziare la differenza tra entrate e uscite dei tre settori; se il saldo di un settore è positivo si determina un risparmio (surplus); se è negativo, un indebitamento netto (deficit). L’interazione tra i diversi settori conduce all’identità contabile per cui la somma dei saldi è sempre uguale a 0. In altre parole, almeno uno dei settori deve indebitarsi per rendere valida l’uguaglianza. Se il saldo dello Stato è in deficit, il suo deficit non è altro che la differenza tra le entrate, rappresentate in buona parte dalle tasse versate dai cittadini, e le spese; ad esempio la costruzione di una scuola o il pagamento di stipendi del pubblico impiego. In sostanza, il risparmio nel settore privato aumenta in corrispondenza di un saldo in deficit del settore pubblico.
Mettendo in relazione l’identità contabile dei saldi settoriali con il principio costituzionale incoraggiare il risparmio, possiamo dedurre che la condizione necessaria per attuare il dettato costituzionale, è che lo Stato possa spendere di più di quanto incassa, favorendo, così, il risparmio dei cittadini.
Ma può oggi lo Stato incentivare il risparmio? Di fatto no, dal momento che l’art.3 del Fiscal Compact prevede che le parti contraenti applicano la regola che “in aggiunta e fatti salvi i loro obblighi ai sensi del diritto dell’Unione europea: la posizione di bilancio della pubblica amministrazione di una parte contraente è in pareggio o in avanzo”. Necessità di pareggio e impossibilità di disavanzo, sancite al nuovo art. 81 della Costituzione, modificato nel 2012.
Tutelare il risparmio
Nella tutela del risparmio sancita dalla Costituzione, si riafferma il valore della difesa. Tutelare qualcuno significa proprio proteggerlo, rappresentando i suoi interessi o gestendo i rischi derivanti da una mancata protezione.
Il soggetto da tutelare è il risparmio dei cittadini; i rischi sono rappresentati dall’eventuale mancanza di risparmio o dal non riuscire a preservarlo. La Repubblica, tutelando il risparmio, rende possibile la creazione di ricchezza.
Nell’intenzione dell’Assemblea Costituente, il riferimento al risparmio è quello legato al concetto lavoristico, al diritto del lavoratore di avere una retribuzione sufficiente in ogni caso a garantire a lui e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa (articolo 36).
Il riferimento in tutte le sue forme potrebbe far pensare anche a quella parte di risparmio, trasformata in investimento di natura privatistica, ma, a nostro parere, bisogna evidenziare il concetto di tutela che, nella Costituzione, avvicina il risparmio a strumenti quali depositi su conti correnti e titoli emessi dallo Stato.
Il ruolo dello Stato
In osservanza dell’articolo 47, la Repubblica riesce a tutelare il risparmio, evitando che venga aggredito dall’esterno se è depositato in conto corrente o parcheggiato nei Titoli di Stato? Anche in questo caso, la risposta è no.
Da sempre i Titoli di Stato sono considerati sicuri, poiché si ritiene l’emittente, Stato, in grado di adempiere al suo impegno: restituire il prestito e pagare gli interessi nella stessa valuta ricevuta. In uno Stato con potere di emissione monetaria non ci sono ostacoli, sia nell’onorare gli impegni presi, che nell’agire attivamente per la tutela del risparmio. Lo Stato potrà sempre restituire qualsiasi quantitativo di moneta avuta in prestito, perché ne ha il potere di emissione.
Ma il potere di emissione è stato ceduto alla Bce e l’Italia, al pari degli altri paesi dell’Eurozona, riceve la moneta in prestito, finanziandosi sul mercato alla stregua di un privato.
Rispetto alla tutela del risparmio, il cittadino che da sempre deposita il suo denaro in banca affinché sia custodito con la diligenza del buon padre di famiglia, ha appreso che, con il recepimento della direttiva europea sul Bail-in, per importi superiori a 100.000 euro, in caso di dissesto bancario, i suoi soldi concorreranno a ripagare le perdite dell’istituto bancario in default.
Gli ostacoli da rimuovere
E’ evidente che la normativa successiva alla Costituzione del ’48 con l’attuazione dei Trattati Europei, è intervenuta sulla parte economica, in contrasto con quanto prescrive l’articolo 47.
Non stupisce, dal momento che l’approccio è completamente diverso.
Nell’Eurozona “Forte concorrenza, stabilità dei prezzi e indipendenza della Banca centrale dai Governi: già a una prima lettura dei Trattati Europei emerge come siano questi i principi sovraordinati agli altri” (Vladimiro Giacché Costituzione Italiana contro i Trattati Europei – Il conflitto inevitabile – 2015).
La Costituzione mette al centro il cittadino e, attraverso il lavoro, lo nobilita come parte attiva della società. Leggendo, invece, gli articoli 127, 128 e 130 del Trattato di Lisbona sono chiari i meccanismi di funzionamento di una Banca centrale, orientata al mercato, alla stabilità dei prezzi e al contenimento dell’inflazione.
Riguardo la possibilità di operare in deficit, l’articolo 3 del Fiscal Compact, come ricordato, non lascia alcun dubbio.
Questi i primi ostacoli da rimuovere per incoraggiare e tutelare il risparmio.
fonte:QUI
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