di Enrico Montermini
Ovunque Renzi si reca a far passarella, la gente contesta.
Non parlo di facinorosi incappucciati con le tutine nere: parlo di comuni cittadini esasperati, che vengono manganellati senza pietà dalla pubblica sicurezza.
La Rete è piena di video che documentano quanto sto dicendo.
A quanto pare di capire, l’ordine è perentorio: il presidente del Consiglio deve mostrarsi alle telecamere circondato dall’affetto della “sua” gente, mentre i contestatori vanno tenuti lontano dallo show mediatico con modi spicci, addirittura brutali.
Si tratta di una repressione silenziosa del dissenso, perché si regge sulla connivenza dei mezzi di informazione di massa.
Parliamo di Renzi: egli è solo l’ultimo di un lungo elenco di presidenti del consiglio scelti da ristrette consorterie in conciliaboli segreti senza passare dalle urne elettorali.
La sua permanenza a Palazzo Chigi certifica che la democrazia in Italia è stata sospesa.
Proprio per questo non è più tempo di sofismi, occorre guardare in faccia la realtà e chiamare le cose col loro nome: siamo in uno stato di polizia.
Come si è arrivati a questo?
Monti, Letta e Renzi sono tre dittatori da repubblica delle banane, accomunati dalla malcelata volontà di ingrassare le banche in crisi prelevando forzosamente i risparmi dei cittadini.
Un atto ancora più grave è la brusca accelerazione che essi hanno dato al processo, già in atto, di cessione della sovranità nazionale ad autorità tecnocratiche sovrannazionali, come l’UE, la NATO e l’ONU, e addirittura a società di diritto privato straniere, come Goldman Sachs.
Il punto è che la sovranità nazionale in democrazia appartiene al popolo sovrano: è una risorsa immateriale indisponibile per qualunque governo; e a maggior ragione per quelli che non sono nemmeno stati eletti.
Ben si capisce, allora, perché in Italia non si vota: chi avrebbe mai votato per un simile programma politico? Nessuno, è chiaro!
Proprio per questo, invece che votare, in questo Paese delle banane si fanno comizi e dibattiti politici addomesticati davanti alle telecamere; e intanto si tacita il dissenso.
I cittadini hanno il sacrosanto diritto di protestare contro questo colpo di stato.
È qui che entrano in gioco la polizia e la stampa. Impedendo ai cittadini di rivendicare la libertà, la polizia si assume un ruolo di supplenza al vuoto della politica: un ufficio che non le è proprio, perché tale vuoto è causato dalla crisi della democrazia rappresentativa.
Quanto alla stampa, mi sembra scontato che la propaganda e la censura sono il contrario della libera informazione.
Dovremmo infine capire tutti quanti che la crisi della democrazia non si risolve con i manganelli, né con la censura e nemmeno con la propaganda: si risolve con le elezioni e con l’uso della democrazia diretta.
Se la polizia si tramuta in una milizia mercenaria al servizio di un’oligarchia che non rispetta la costituzione e le leggi; e se la stampa opera per ingannare la gente, allora abbiamo la prova di vivere in uno stato di polizia e dobbiamo reagire.
Dobbiamo chiederci se vogliamo essere sudditi o cittadini, ma dobbiamo farlo ora: la generazione dei nostri figli potrebbe non avere più questa chance.
Come si possono imporre le dimissioni e libere elezioni a un dittatore e ai deputati corrotti nominati dalle segreterie dei partiti?
Facile a dirsi, ma difficile a farsi! – direte voi.
Io rispondo che l’unico strumento è uno sciopero generale che paralizzi il Paese.
Che le oligarchie che comandano il mondo capiscano che il dittatore non ha il controllo della situazione, che egli non è la soluzione, ma semmai rappresenta il problema: questo è l’incubo che toglie il sonno ai vari Monti, Letta e Renzi. Indire nuove elezioni – sia chiaro – non è la fine del problema, ma l’inizio della fine.
La notte è ancora lunga.
fonte: CogitoErgo
Nessun commento:
Posta un commento