Intervista a Nino Galloni: dalle elezioni americane alla Brexit, dall'Italia all'Europa, tanti i punti toccati nel corso del confronto.
di Luca Pinasco
Da un punto di vista economico, considerando lo strapotere delle grandi banche d’affari piene di derivati come una malattia per il mondo occidentale, chi tra Trump e Clinton pensa possa essere la cura, o per lo meno non essere un aggravante?
Probabilmente la prima cosa da fare per curare questa malattia sarebbe il ripristino del “Glass Steagall Act” ovvero la separazione tra le banche di credito e d’affari.
Poi da un lato le banche di credito devono essere messe in condizione di poter erogare prestiti, perché oggi chi chiede prestiti non ha rating e chi ha rating non chiede prestiti, dall’ altro c’è da dire che alle banche oggi la finanza speculativa non è un opzione, è necessaria poiché il sistema si regge sul fatto che da una parte si producono titoli tossici, si collateralizzano, le banche centrali li scambiano con moneta e questa moneta arriva alle banche, così si crea un rapporto rovinoso tra le banche centrali e le altre banche, rapporto che costituisce il sistema attuale che io definisco ultrafinanziario.
Ripristinare il Glass Steagal significherebbe creare un nuovo percorso, il quale andrebbe prima delineato dalle grandi potenze con una nuova Bretton Woods, per poi passare all’ azione, consapevoli però di dove si vuole andare. Paradossalmente allora, è chiaro che Trump è più vicino ad una soluzione di questo tipo, avendo preso le distanze dalla grande finanza, ovvero dal maggiore ostacolo a questo processo di cambiamento. Possiamo dire che la speranza sta nel fatto che Trump è una variabile impazzita, mentre la Clinton ha già preso forti posizioni a favore della grande finanza. Prevedere chi possa vincere è complesso, io credo che vincerà Trump, poiché il popolo e stufo, e come è successo con la Brexit vuole un cambiamento. Se io fossi cittadino americano voterei Trump, in quanto esprimendo la volontà di aprire ad un dialogo con la Russia ha dato un forte segnale di cambiamento.
Sulla Brexit, pensi che la Gran Bretagna si libererà dal controllo dei potentati d’oltreoceano o pensi che l’Europa si libererà dai potentati inglesi?
La city era, è e sarà il centro finanziario del mondo, nessuna grande banca americana lascerà la city. Stessa cosa per la seconda ipotesi, l’Europa è fortemente dipendente dalla borsa di Londra, nulla cambierà in questo senso. Ciò che ha invece spaventato la grande finanza è che il popolo ha potuto decidere, che ci siano stati leader politici che attraverso il referendum siano riusciti a far esprimere al popolo un opinione contro i poteri dominanti. Si faranno una serie di nuovi accordi maggiormente incentrati su problemi microeconomici.
La Grecia, nonostante la vittoria di un referendum popolare non è riuscita a fare passi indietro rispetto gli accordi europei, perché a differenza della Gran Bretagna si trova nell’ Euro ed è sotto minaccia da parte della BCE che come ha dimostrato di saper fare, può smettere in qualsiasi momento di acquistare titoli di debito. Per l’Italia dunque non c’è speranza? l’Europa è davvero irreversibile?
La Grecia ha messo in atto una sceneggiata di uscita dall’ euro. Se davvero avesse voluto uscire avrebbe dovuto preparare prima una nuova moneta per rifornire i bancomat, unita a degli accordi con grandi paesi al di fuori dell’ UE come Russia e Cina per il sostegno alla moneta, per l’acquisto di titoli di debito pubblico e per sostenere l’ import/export. La Grecia avrebbe bisogno come il pane di uscire dall’ euro, anche a costo di lasciare l’Unione Europea. In Italia quindi, con la giusta guida si potrebbe far tutto, certo se, come i greci, diciamo che vogliamo uscire dall’ euro senza avere un piano B già pronto, è chiaro che facciamo la figura dei peracottari. Dentro l’Euro le soluzioni sono difficili, flessibilità illimitata per sostenere la spesa pubblica e l’occupazione potrebbero permetterci di uscire dal tunnel, ma non dobbiamo dimenticare che l’Euro è stato creato proprio per mantenere l’Italia dentro al tunnel e non farla mai uscire. L’Italia oggi è a un bivio, o continuare verso la totale deindustrializzazione voluta dall’ Europa o riprendere in mano il timone e tornare una potenza mondiale.
Una maggiore deficit, una maggiore emissione di titoli di debito che andranno a finire in mani a gruppi finanziari stranieri non esporrebbe maggiormente l’Italia alla speculazione? Ricordiamo cosa successe nel 2011 quando a Deutsche Bank bastò vendere 7 miliardi di titoli italiani per far salire lo spread al punto da rovesciare un governo eletto.
Il debito pubblico di un paese se è debito sovrano andrebbe tenuto dai cittadini. Ѐ chiaro che la vendita massiccia di titoli di debito da parte di un soggetto straniero con modalità impazzite come accadde nel 2011, tra l’altro con chiare finalità politiche e con l’appoggio di altri gruppi finanziari e società di rating, va a influire sul prezzo del titolo, ciò non toglie la possibilità di emettere titoli con diverse caratteristiche, emissioni a più breve termine, rivolte ai connazionali, ed utilizzarne i ricavi per riassorbire immediatamente i titoli venduti. L’articolo 128 comma a che regola l’emissione di banconote ed esclude che lo stato possa emettere banconote ma non esclude che lo stato possa emettere biglietti di stato cioè titoli che avrebbero circolazione soltanto nello stato nazionale e, rinominando una parte del debito in questa nuova valuta si risolverebbe il problema della circolazione del debito e si ci potrebbero anche pagare gli stipendi. Ci sono stati altri esempi nella storia, certamente applicabili anche in modo immediato nel caso di moneta sovrana, con una banca centrale sovrana.
fonte: l'Intellettuale Dissidente
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