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mercoledì 26 ottobre 2016

BlackRock: guadagnare là dove scorre il sangue, ossia sui Debiti di Stato

Telecom, Enel, Eni, Generali, Finmeccanica, le banche: storia di come il colosso finanziario americano BlackRock, primo al mondo per volumi di fondi gestiti, si sta comprando a pezzi l'Italia.

di Ilaria Bifarini

E' stato definito il più importante personaggio della finanza mondiale, ed è il capo del fondo di investimento più grande al mondo, ma di lui si parla poco e molti ignoreranno il suo nome. Si chiama Larry Fink ed è il CEO di BlackRock, la banca d’affari il cui patrimonio supera i quattro mila miliardi di dollari, oltre due volte l’intero PIL italiano. Il segreto del suo successo? “Comprare quando scorre la maggiore quantità di sangue per le strade”. La paternità del motto in realtà va attribuita a Nathan Mayer Rothschild, il capostipite della potente dinastia finanziaria le cui origini si perdono nel tempo.

La Gabbia indaga sull’infiltrazione di Black Rock nell’economia italiana che conta

La BlackRock è invece una società giovane, nata nel 1988, sulle spoglie del crollo finanziario di Wall Street, secondo quel principio, tanto in voga oggi tra la classe politica e dirigente, per cui ogni crisi è una grande opportunità.

Una retorica da rottamatori, che fa leva però su un fraintendimento di base: la crisi può dare una sferzata positiva se viene colto lo stimolo a rivedere il sistema, riconoscerne le falle e le inefficienze, ricostruendone così uno nuovo e più solido.

Non è questo invece il modus operandi degli attuali governi, né tanto meno del gigante finanziario BlackRock. La logica, infatti, è sempre quella, il segreto del successo e del potere della casata Rothschild e quello delle lobby mondiali ai tempi del neoliberismo senza ostacoli né frontiere: sfruttare le debolezze del mercato e comprare nel momento di maggiore ribasso del prodotto da acquisire. Anche, e soprattutto, se quel prodotto è un Paese, con infrastrutture, asset strategici, aziende e istituti di credito e una popolazione che lavora per essi. Sotto la presidenza del marito della candidata al governo americano, Bill Clinton, sono state introdotte due pietre miliari per completare la deregolamentazione del sistema finanziario neoliberista. Con l’abolizione del Glass-Steagall Act – introdotto da Roosevelt l’anno successivo alla crisi del ’29 – è stata rottamata la separazione tra banche d’affari e d’investimenti, che così hanno riconquistato concentrazioni di potere economico. In contemporanea, l’organizzazione mondiale per il commercio (WTO) ha cancellato le norme, considerate restrittive, sul controllo dei derivati, dando il via libera al trading di prodotti fuori Borsa e al proliferare della finanza ombra. In poco tempo si sono create le condizioni favorevoli perché gli istituti di credito: “da servitori si sono trasformati in padroni dell’economia mondiale “ (Gallino).

La deregolamentazione finanziaria ha alimentato lo sviluppo della cosiddetta finanza ombra

BlackRock si è quindi fatta le ossa in un contesto di totale deregolamentazione dei mercati finanziari per mano americana, mentre il progetto eurocratico prendeva forma compiuta. Con una strategia a macchia di leopardo ha acquisito piccole quantità di azioni in una moltitudine di banche e imprese e le ha poi incrementate. Professionista nelle dinamiche di orientamento dei mercati finanziari, ha inoltre acquisito quote maggioritarie nelle due principali società di rating internazionali, Standard & Poors e Moody’s. E’ l’azionista principale di Deutsche Bank e nel 2009 ha acquisito Barclays Investment Group, che detiene partecipazioni azionarie nelle principali multinazionali. Come se non bastasse per un colosso mondiale che definire banca d’affari è restrittivo al fine di comprenderne la portata e l’onnipresenza, BlackRock ha acquisito il 5,8% del motore di ricerca più utilizzato al mondo, Google, e ha un proprio centro studi di eccellenza che studia le dinamiche economiche e sociopolitiche a livello mondiale. In una convention a porte chiuse tenutasi a Milano dei giornalisti infiltrati del programma televisivo La Gabbia hanno filmato uno degli enunciati strategici di un relatore: l’attuale crisi economica che investe il Paese si rivela un elemento favorevole a profitti e affari finanziari; unica variabile negativa potrebbe essere un governo “imprevedibile” per le logiche dei mercati, come nell’eventualità di una vittoria del Movimento 5 Stelle. Ottimi invece i rapporti con l’attuale premier italiano, con cui Larry Fink ha intrattenuto diversi incontri, in Italia e all’estero; l’ultimo, quello alla cena ufficiale a Washington con gli onori di casa del presidente uscente Obama.

Al momento in Italia il colosso americano è tra i primi azionisti di Unicredit e Intesa San Paolo e detiene ingenti quote di Atlantia (la nuova Autostrade), Telecom. Enel, Banco Popolare, Fiat, Eni e Generali, Finmeccanica, Banca Popolare di Milano, Fonsai, Intesa San Paolo, Mediobanca e Ubi; è entrato anche nella gestione del risparmio della privatizzata Poste. Un elenco che fa impressione, ma destinato a crescere. Nonostante il Presidente del Consiglio mostri entusiasmo per questa ondata di interesse di investitori stranieri in Italia, dobbiamo chiederci: cosa accadrà una volta che il ciclo speculatorio della finanza avrà fatto il suo corso e volgerà i suoi interessi ad altri Paesi?Quali forme di tutela sono previste per le aziende e per gli asset pubblici, sempre di più in mano alla finanza estera? Verranno salvati a spese dei cittadini, come con i piani di salvataggio Ue previsti per le Banche o saranno abbandonate alla logica finanziaria “del sangue che scorre” ?


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