di Roberta Barone
Sui voucher, i buoni lavoro dal valore nominale di 10 euro, il Governo continua a fare inutile propaganda. Non perché non abbia in parte mantenuto le sue promesse- ovvero quelle di introdurre norme più stringenti al fine di limitarne il ricorso da parte dei datori di lavoro- ma perché, proprio con queste futili modifiche dagli effetti pressoché miseri, continua a dimostrare il suo “amore” per tale strumento definito dal presidente dell’Inps “la nuova frontiera del precariato”.
Tre storie sull’esplosione dei voucher e sullo sfruttamento di chi viene pagato con questo sistema
Venerdì scorso infatti il Consiglio dei Ministri ha dato via libera al decreto correttivo del Jobs Act che dovrebbe apportare alcune modifiche circa l’utilizzo dei voucher, i buoni acquistabili al tabacchino per il pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio. Modifiche che produrranno lo stesso effetto di un cucchiaio di zucchero immerso in un enorme recipiente d’acqua.
Le nuove regole. Il nuovo testo introduce prima di tutto la tracciabilità, obbligando il datore di lavoro a comunicare all’Ispettorato del Lavoro, tramite posta elettronica o sms, i dati anagrafici del lavoratore insieme al luogo e alla durata della prestazione almeno 60 minuti prima dell’inizio di quest’ultima. In caso di violazione della regola sulla comunicazione preventiva sono previste sanzioni amministrative che vanno da 400 a 2.400 euro in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione stessa. Per quanto riguarda l’utilizzo dei voucher nel settore dell’agricoltura, valgono le stesse regola sulla comunicazione già descritte sopra, con l’unica differenza che le prestazioni dovranno riferirsi ad un arco temporale non superiore ai 3 giorni (mentre prima erano 7).
Un passo avanti? Non basta. Le modifiche apportate dal Governo sull’utilizzo dei voucher sono puro avanspettacolo, fumo agli occhi. Piccole revisioni concesse giusto per zittire chi protesta ma talmente futili da non riuscire ad appagare nemmeno i sindacati, i quali avrebbero fin dall’inizio dovuto chiedere la loro totale abolizione piuttosto che limitarsi a chiederne la tracciabilità. Il decreto correttivo del Jobs Act non prevede infatti nessuna delle esclusioni dall’utilizzo dei voucher-lavoro richiesti dai sindacati per determinati settori importanti come quello dell’edilizia e non solo: settore, quest’ultimo, dove si riscontrano gli abusi più gravi dell’istituto. D’altronde le ultime statistiche Istat parlano chiaro: aumenta il ricorso ai voucher e diminuiscono i contratti; diminuiscono i diritti alle ferie, alla malattia, alla maternità ed aumentano i precari, i ricatti, i nuovi nomadi.
Non resta che chiedere di abolirli. Parliamoci chiaro, il Governo non abolirà mai i voucher. Tuttavia viviamo nel Paese in cui per avere 10 devi chiedere 100: ecco perché i sindacati dovrebbero smetterla di preoccuparsi delle buone maniere nei confronti di chi considera i voucher uno strumento “necessario”. Badate bene, non necessario perché idoneo a combattere il lavoro in nero. Non necessario perché idoneo a regolarizzare il lavoro occasionale. Ma necessario per continuare a spostare l’ago della bilancia sempre più a favore del capitale e a discapito degli stessi lavoratori. Se la famosa “competitività”- innalzata ormai o dogma indiscutibile dei governi europei- un tempo la si misurava sulla maggiore abilità di un imprenditore ad incidere sul mercato meglio di un altro, oggi la si gioca piuttosto sulla diminuzione dei diritti e dei salari dei dipendenti: vince chi paga meno e ottiene maggior profitto. Non si spiegherebbe altrimenti l’ultima gaffe del Governo per invitare le aziende straniere a stabilirsi in Italia: qui stipendi bassi e giovani qualificati. Venite a sfruttarli!
Le nuove regole. Il nuovo testo introduce prima di tutto la tracciabilità, obbligando il datore di lavoro a comunicare all’Ispettorato del Lavoro, tramite posta elettronica o sms, i dati anagrafici del lavoratore insieme al luogo e alla durata della prestazione almeno 60 minuti prima dell’inizio di quest’ultima. In caso di violazione della regola sulla comunicazione preventiva sono previste sanzioni amministrative che vanno da 400 a 2.400 euro in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione stessa. Per quanto riguarda l’utilizzo dei voucher nel settore dell’agricoltura, valgono le stesse regola sulla comunicazione già descritte sopra, con l’unica differenza che le prestazioni dovranno riferirsi ad un arco temporale non superiore ai 3 giorni (mentre prima erano 7).
Un passo avanti? Non basta. Le modifiche apportate dal Governo sull’utilizzo dei voucher sono puro avanspettacolo, fumo agli occhi. Piccole revisioni concesse giusto per zittire chi protesta ma talmente futili da non riuscire ad appagare nemmeno i sindacati, i quali avrebbero fin dall’inizio dovuto chiedere la loro totale abolizione piuttosto che limitarsi a chiederne la tracciabilità. Il decreto correttivo del Jobs Act non prevede infatti nessuna delle esclusioni dall’utilizzo dei voucher-lavoro richiesti dai sindacati per determinati settori importanti come quello dell’edilizia e non solo: settore, quest’ultimo, dove si riscontrano gli abusi più gravi dell’istituto. D’altronde le ultime statistiche Istat parlano chiaro: aumenta il ricorso ai voucher e diminuiscono i contratti; diminuiscono i diritti alle ferie, alla malattia, alla maternità ed aumentano i precari, i ricatti, i nuovi nomadi.
Non resta che chiedere di abolirli. Parliamoci chiaro, il Governo non abolirà mai i voucher. Tuttavia viviamo nel Paese in cui per avere 10 devi chiedere 100: ecco perché i sindacati dovrebbero smetterla di preoccuparsi delle buone maniere nei confronti di chi considera i voucher uno strumento “necessario”. Badate bene, non necessario perché idoneo a combattere il lavoro in nero. Non necessario perché idoneo a regolarizzare il lavoro occasionale. Ma necessario per continuare a spostare l’ago della bilancia sempre più a favore del capitale e a discapito degli stessi lavoratori. Se la famosa “competitività”- innalzata ormai o dogma indiscutibile dei governi europei- un tempo la si misurava sulla maggiore abilità di un imprenditore ad incidere sul mercato meglio di un altro, oggi la si gioca piuttosto sulla diminuzione dei diritti e dei salari dei dipendenti: vince chi paga meno e ottiene maggior profitto. Non si spiegherebbe altrimenti l’ultima gaffe del Governo per invitare le aziende straniere a stabilirsi in Italia: qui stipendi bassi e giovani qualificati. Venite a sfruttarli!
fonte: l'IntellettualeDissidente
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