di Lorenzo Vita
La Duplice Alleanza, meglio nota come accordo franco-russo, fu quel trattato stipulato tra Russia e Francia sul finire del 1800 per innescare un meccanismo di cooperazione contro le velleità egemoniche di Bismarck in Europa. A quei tempi, il cancelliere tedesco aveva due obiettivi specifici nella sua politica estera: declassare la Francia, rendendola isolata con il resto dell’Europa; limitare la Russia ad Oriente, creando quella cintura di potere territoriale che univa Germania prussiana e Impero austroungarico.
Sunto dell’incontro fra Putin e Le Pen – RT
Erano gli anni della rinascita dell’Impero britannico, dell’Italia di Crispi. Erano gli anni di un’Europa che tendeva a dividersi e riunirsi in alleanze contro nemici comuni.
Fu così che nonostante le grandi distinzioni culturali, Francia e Russia si dovettero unire in un tenero abbraccio, più per necessità che per volontà effettiva da entrambe le parti, ma con un unico vero scopo: difendersi, mantenere l’equilibrio di potere in Europa e, infine, limitare la Germania del cancelliere Bismarck.
Ora, spostiamoci nella realtà di oggi. Politicamente tutto è cambiato, certo. Non c’è un ordinamento statale che possa ritenersi neppure simile a quello dell’ultima parte del diciannovesimo secolo. Tra il 1892 circa e il 2017 sono passate due guerre mondiali, una guerra fredda, conflitti in ogni parte del mondo, la nascita e la fine dell’Unione Sovietica, l’ascesa e il declino della potenza americana, l’esclusione del continente europeo dai grandi temi geopolitici dell’attualità. Eppure oggi, a marzo del 2017, l’idea del ritorno di una Duplice Alleanza, non è più un semplice e pur breve passaggio storico, ma una possibile realtà della politica mondiale. Perché è veramente, sono cambiate tantissime cose. Ma la situazione politica attuale non è così diversa da quella che condusse Francia e Germania nel 1892 a siglare un patto di reciproca difesa per il mantenimento dell’equilibrio europeo.
La Germania è di nuovo la potenza egemone dell’Europa. Non si può neanche lontanamente pensare, neppure in malafede, che l’Europa non sia a trazione tedesca. La Germania è la potenza economica e finanziaria europea, ed è lo Stato che più di tutti ha in mano il potere nel sistema di alleanze europee dell’era contemporanea, che potremmo ritenere essere l’Unione Europea. Angela Merkel è ormai a tutti gli effetti, pur con elezioni alle porte, il leader dell’Unione Europea e ha attuato nel tempo politiche volte a tutelare il suo Stato a discapito degli altri, spacciando tali scelte per necessità del mondo contemporaneo. Ed è una Germania che ha due nemici effettivi in Europa, o quantomeno due avversari nella sua leadership: Francia e Russia.
La Francia ha condiviso con la Germania tutta la trafila dell’Europa unita. Dai tempi della CECA ad oggi, con i 60 anni del Trattato di Roma, non c’è stato un momento in cui i francesi non abbiano condiviso l’Europa con i tedeschi. E ne hanno condiviso anche tutte le conseguenze, ovvero anche la trasformazione da sogno europeista ad un incubo finanziario e commerciale a netto vantaggio della sola Germania. E la Francia di domani, se dovesse vincere Marine Le Pen, sarebbe agli antipodi della visione tedesca dell’Europa, sia della visione attuale che di quella futura ed eventuale dopo le elezioni tedesche di fine anno. In Germania, tra Merkel e Schulz, il vero vincitore sarà l’Unione Europea di matrice germanica, e in via secondaria, la leadership tedesca ne uscirà comunque estremamente rafforzata. In Francia non è così semplice. La Francia, qualora vincesse Marine Le Pen, sarebbe una Francia completamente avversa alle logiche tedesche riguardo l’Europa e, è inutile negarlo, lo scontro fra Parigi e Berlino sarebbe inevitabile. Marine Le Pen non ha mai tenuto nascosto non soltanto il suo progetto di indire un referendum sull’appartenenza della Francia all’Unione Europea, ma anche in particolare i suoi profondi contrasti con la politica merkeliana riguardo il rapporto fra l’Europa e gli Stati Membri. Sarebbe una Francia ribelle, una Francia che deciderebbe di porre un freno al piano euro-tedesco di penetrazione in ogni luogo di potere del continente.
La Russia invece ha tutto da guadagnare da una Francia autonoma rispetto alle scelte di Berlino e dell’Unione Europea. In primis, deve assolutamente concludere la questione delle sanzioni inflitte dall’Unione, che stanno pesando come un macigno sia sugli imprenditori europei, sia sul mercato russo. Colpisce il mercato interno, che vede i consumatori privi di molti prodotti europei di cui ormai erano abituati a servirsi. Pesano sulle industrie, che non hanno possibilità né di investimenti da parte europea né di investimenti in Europa. Un sistema di sanzioni che colpisce non soltanto l’economia reale, ma anche la finanza. Il mancato accesso delle banche russe al mercato dei capitali dell’UE ha colpito enormemente le capacità finanziarie dei maggiori gruppi bancari della Federazione Russa ed ha imposto una serie di azioni da parte degli istituti di credito che si riversano a cascata su tutto il sistema economico. Le banche russe, non potendo accedere più ad altri mercati di capitale per ottenere risorse finanziarie, hanno dovuto ridurre notevolmente l’accesso la credito delle imprese locali, e questo ridotto accesso al credito ha fatto sì che anche in quei settori dove le sanzioni non si facevano sentire, in realtà si è dovuto ricorrere a soluzioni di ripiego, come la fine delle importazioni o la compressione del mercato interno.
Oltre alle sanzioni, il problema è chiaramente di natura politica: la Russia è il nemico numero uno dell’Unione Europea. Ed è inutile dire il contrario. La Federazione è stata nel corso degli ultimi anni l’oggetto delle mire di Bruxelles. Lo è stata con la volontà di allargarsi nella sfera di influenza dell’ex Unione Sovietica. Lo è stata con l’Ucraina e il golpe filoccidentale. Lo è stata con le conseguenti sanzioni imposte dall’Europa. Lo è stata poi con tutta una serie di messaggi lanciati dalla politica europea ai più alti livelli che negli ultimi anni non ha fatto altro che avversare apertamente i piani politici del Cremlino, anche quando Mosca poteva essere un prezioso alleato più che un temibile nemico. Va da sé quindi che il leader della Russia, nemica dell’UE, incontri un candidato francese che potrebbe essere il presidente anti-UE. È naturale. E non c’è nulla di pericoloso né di sbagliato. Del resto Renzi non andò da Angela Merkel prima di essere nominato premier da Giorgio Napolitano? E pochi giorni fa Macron non è andato a Berlino per parlare con la cancelliera? Allora perché Marine Le Pen non può incontrare Putin? Questo purtroppo nessuno se lo è domandato veramente tra i grandi opinionisti devastati dalla notizia di Le Pen a Mosca. Perché Macron può incontrare la Merkel a Berlino e Le Pen non può incontrare Putin? È chiaro che il problema è semplicemente culturale: in Occidente non si può parlare di amicizia con Mosca. Perché altrimenti non c’è giustificazione plausibile.
C’è chi ha parlato di Putin come grande burattinaio dell’euroscetticismo, come di colui che finanzia il Front National, e di Marine Le Pen quale longa manus della Russia di Vladimir Putin… E allora perché non possiamo fare lo stesso ragionamento con Merkel e Macron? Se il problema è la visita di un candidato francese in uno Stato, allora la chiacchiere stanno a zero. Macron ha incontrato la Merkel a Berlino, ha ricevuto il consenso di Angela Merkel, si è dichiarato europeista convinto e vuole continuare nel progetto di una Francia nell’UE. Le Pen ha incontrato Putin e ha detto esattamente l’opposto, con l’unica differenza che ha sostenuto la necessità di togliere le sanzioni alla Russia anche per il bene degli esportatori francesi ed ha per la prima volta parlato di riconoscimento e della Crimea russa. Si può contestare nel merito quanto detto e sostenuto. Perfetto. Ma non si venga a dire che c’è un complotto russo mentre gli altri sono candidi come agnelli. Altrimenti dovremmo dire la stessa cosa della Germania con gli altri candidati. Non è un complotto, né un piano segreto. Si chiama alleanza strategica, si chiama realpolitik. Putin aveva un prezioso alleato in Fillon, storicamente avverso all’isolamento russo. Ora che Fillon è decaduto, il suo più grande alleato è diventato Marine Le Pen, la quale ha sfruttato l’occasione per darsi un’immagine di apertura internazionale di importanza fondamentale dopo l’endorsement di Donald Trump. Non è un patto segreto: è un’alleanza. La duplice alleanza fra due personaggi diversi che hanno però tanti punti in comune: il primo dei quali, inutile nasconderlo, è Bruxelles.
fonte: l'Intellettuale Dissidente
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