di Marco Zanni
E’ passato abbastanza inosservato il fatto che ieri il nuovo ministro degli esteri tedesco uscente Sigmar Gabriel, fino a poco tempo fa presidente dei Socialisti e Democratici, e Jean-Marc Ayrault, ministro degli esteri francese uscente, abbiano prodotto una dichiarazione congiunta sui futuri sviluppi dell’unione Europea.
La parte interessante della dichiarazione sono poche ma significative righe, che recitano quanto segue: “Dobbiamo trovare il modo per prendere in considerazione i diversi livelli di ambizione degli Stati Membri così che l’Europa possa meglio soddisfare le aspettative di tutti i cittadini europei…senza rimettere in discussione quello che abbiamo raggiunto fino ad ora” (https://euobserver.com/institutional/137080).
Sembrano parole di poca importanza, ma in verità è il cerchio che si chiude, dopo la Brexit e Trump, sul futuro dell’UE e dell’Eurozona. Infatti, proprio a causa dei due principali risultati elettorali del 2016, la Merkel, regina e padrona indiscussa dell’UE, ha cambiato posizione e ha deciso di sdoganare l’Unione Europea a “due velocità”, un progetto che io denuncio da ottobre 2015 e che ha accelerato (perché unico possibile per tenere a galla la criminale moneta unica) con il voto positivo sulla Brexit. E, dopo il report dei 5 presidenti e il “Libro bianco” presentato mercoledì da Juncker davanti al parlamento, questa dichiarazione congiunta cementa il percorso che le due principali potenze politiche ed economiche dell’Eurozona vogliono intraprendere e mettere sul tavolo del 25 marzo, quando i leader UE si incontreranno per festeggiare i 60 anni dalla firma del Trattato di Roma e discutere del futuro dopo la Brexit.
Per chi non avesse ancora capito o si “connettesse” oggi con la realtà esistente dentro l’Unione Europea, cerco ancora una volta di spiegare i punti su cui verte questo progetto.
L’UE a due velocità nasce dalla presa di coscienza del fallimento del progetto comunitario e soprattutto del suo pilastro post-Maastricht, l’Unione Monetaria ed Economica europea. Un progetto che avrebbe dovuto portare, pace, ricchezza e prosperità e che invece ha portato (volutamente) solo crisi, disuguaglianza, povertà, disoccupazione e l’Europa sull’orlo di una guerra civile combattuta a colpi di spread, austerità, banche e programmi di “aggiustamento”. Il voto sulla Brexit ha poi messo la pietra tombale sul progredire comune di questo progetto tra i 28 Paesi UE, ma ha scatenato la corsa tra le élite europee a trovare un modo per salvare il salvabile, ciò che veramente interessa a queste élite per portare avanti il progetto di schiacciamento delle classi subalterne, cioè l’euro e l’EMU. I tecnocrati europei e la Merkel hanno capito prima di tutti che l’UK fuori dall’UE avrebbe dimostrato prima o poi gli impedimenti (voluti) alla crescita e alla prosperità della sovrastruttura burocratica europea. A questo si è aggiunto Trump, il voto sul referendum in Italia, un vento anti-UE che ha iniziato a spirare fortissimi in tutti gli Stati Membri, l’ascesa dei cosiddetti partiti anti-establishment e delle “pericolose” tornate elettorali nel 2017.
Il recinto è aperto, i buoi, quelli liberi dal cappio euro, stanno meditano di scappare e scapperanno una volta chiaro che “fuori” si sta meglio, e anche quelli col cappio stanno pensando di staccarlo e liberarsi comunque. I primi non sono ricattabili, sono persi. Alla Merkel e all’UE Conviene dare la colpa ai governi nazionalisti ungherese e polacco di bloccare il progresso dell’UE, di essere degli approfittatori e populisti, dimenticandosi che fu proprio la sua Germania a volerli nell’UE per assicurarsi l’ingresso nei confini comunitari di un ampio bacino di manodopera a basso costo a disposizione dell’industria tedesca per alimentare la crescita dei suoi saldi esteri a spese dei partner europei. Più di questo non possono fare. I secondi invece sono ancora ricattabili, un po’ perché Paesi debitori in un’Unione che sposta pesantemente il carico degli aggiustamenti degli shock macro esclusivamente su loro, un po’ perché governanti da partiti collusi e venduti alle élite europeiste, pronti a svendere i loro paesi all’oligarchia globalista che funge da grande burattinaia dell’UE.
Il progetto per “salvare il salvabile” si traduce quindi in un’Unione Europea a due velocità: non un’Europa di serie A e una di serie B in cui sarebbe relegata l’Italia, come hanno scritto erroneamente i media italiani, ma un blocco di Paesi (UE ma non euro) sempre più liberi di non aderire e non applicare le assurde regole UE, e un gruppo di Paesi (UE ed euro), ricattabili e quindi costretti ad accettare un cappio sempre più stretto intorno al loro collo, la cui corda è gestita dalla Germania. Come si traduce politicamente questa visione? Lo abbiamo spiegato in tempi non sospetti e alcuni documenti lo hanno delineato in maniera precisa (il report dei 5 presidenti e i 3 report votati nella scorsa sessione plenaria a Strasburgo): un bilancio unico per l’Eurozona (ancora più soldi dei cittadini mandati a Bruxelles con la promessa di riaverne un po’ in caso di difficoltà ma in cambio delle “riforme strutturali” che vogliono loro), un ministro delle finanze unico per i Paesi dell’Area euro, che avrà poteri quasi illimitati per garantire a forza di austerità la disciplina di bilancio degli Stati ed infine la trasformazione del Meccanismo Europeo di Stabilità in un Fondo Monetario Europeo, con, anche in questo caso, erogazione di aiuti in cambio di riforme strutturali. Io l’ho chiamata “istituzionalizzazione della Troika”, perché di questo si tratta.
Questa settimana sono arrivate due conferme del fatto che si sta puntando su questo progetto: mercoledì, Juncker, presidente della Commissione Europea e burattino della Merkel, ha presentato davanti al Parlamento europeo il Libro bianco sul futuro dell’UE a 27. Ci sono 5 ipotesi sul tavolo, tra cui l’UE a due velocità. Juncker non ha espresso direttamente nessuna preferenza lasciando il pallino nelle mani degli Stati Membri, ma ha poi detto che seguiranno report specifici a valle di questa presentazione e il più importante sarà sul rafforzamento della governance dell’Eurozona (tradotto, bilancio eurozona, ministro finanze euro e fondo monetario europeo).
In settimana le parole della Merkel su appoggio di Francia e BeNeLux a intavolare discorso sull’UE a due velocità, e ieri la dichiarazione congiunta in questo senso dei ministri degli esteri dei due stati membri più importanti. Il progetto di UE a due velocità è l’unico che permetterebbe di stringere ancora il cappio sull’eurozona e tentare di salvare l’euro, con una rafforzata integrazione che non richiederebbe il cambio dei Trattati, ma potrebbe essere legalmente fatto grazie alla clausola di “cooperazione rafforzata” presente in Lisbona, una clausola specificatamente scritta per l’Area Euro. L’asse franco-tedesco si è rinsaldato su questa posizione: l’Italia è stata ovviamente fatta fuori, e subirà in maniera quasi irreversibili gli abusi di questo nuovo progetto…A meno che le elezioni nel 2017 non ci riservino qualche sorpresa..
Tratto dal Blog di Marco Zanni
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