di Marco Mori
Torniamo su un tema chiave della propaganda “libbberista” (già quella con le tre “b”), ovvero la necessità di raggiungere posizioni di maggiore competitività.
Molte persone accettano tale concetto come ovvio, ma non si fermano mai a riflettere su cosa realmente comporti. La competitività è una valore fondante dell’UE, infatti l’art. 3 del TUE afferma “L’Unione (omissis…) si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato (omissis…) su un’economia di mercato fortemente competitiva”.
La nostra Costituzione invece non da alcuno spazio ad essa imponendo il suo esatto contrario: gli inderogabili doveri di solidarietà economica, politica e sociale (art. 2 Cost.).
Trattasi di un principio fondamentale e dunque sovraordinato, come da giurisprudenza costante della Corte Costituzionale (ex plurimis, sentenza n. 238/14), alle norme internazionali ed agli stessi trattati UE.
Ma chiudiamo la piccola parentisi giuridica e ragioniamo semplicemente. Perché mai la competitività dovrebbe essere un valore positivo? Essa non si raggiunge nei confronti di entità astratte o dei marziani, raggiungere maggiore competitività significa superare qualcun altro, che finirà più in basso nelle nostre gerarchie sociali. Una mobilità sociale, appunto, di una categoria o di un singolo individuo sulla pelle di altre persone, anche dei padri di famiglia.
Ora, uno sviluppo sostenibile si può ottenere con la lotta fratricida tra cittadini o fra nazioni? Una simile impostazione di un’organizzazione internazionale tende davvero alla pace ed alla giustizia tra nazioni? L’Italia dovrà essere più competitiva, così salvandosi dalla crisi in cui dovrà far sprofondare altri Paesi? Signori la competitività significa appunto questo, significa lottare uno contro l’altro. Significa che il mio successo, come avvocato ad esempio, passa per la chiusura di un concorrente, che si troverà in gravi difficoltà per mantenere se stesso e la propria famiglia. Tutto questo in barba alla solidarietà, che mi imporrebbe di essere “meno competitivo” affinché anche altri possano vivere dignitosamente. Gli uomini non sono tutti uguali, hanno uguali diritti, ma non hanno le stesse capacità, alcuni sono più bravi di altri. Il loro merito va premiato, ma non può obbligare i meno bravi a soffrire, non possiamo negare l’esistenza libera e dignitosa che la Costituzione riconosce ad ogni essere umano.
Nessuno nega che l’egoismo umano, data l’immaturità della nostra specie, sia un potente motore per lo sviluppo: se potrò aspirare ad avere di più, mi impegnerò di più. Tale egoismo va però frenato, limitato, coordinato e controllato, affinché l’interesse pubblico prevalga: questo altro non è che il modello economico codificato nella nostra Costituzione dagli artt. 41 e ss. Cost.
Insomma non prendetevi per buono tutto ciò che vi raccontano, provate a ragionare. Anche perché, gli Stati schiacciati dalla competitività altrui prima o poi, è davvero questione di tempo, reagiranno militarmente a questa situazione e non più solo economicamente, come è sempre avvenuto nella storia.
Fermiamo questa follia, il mondo sta ripercorrendo il cammino che dal 1929 portò allo scoppio della seconda guerra mondiale nel 1939, ancora una volta i “libbberisti” ci stanno portando verso il baratro. Senza un modello di solidarietà globale non ci sarà speranza per nessuno.
Pensateci, pensiamoci.
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