"Angelino Alfano è un ministro indecente, fino a quando il Pd di Renzi intende proteggere questo soggetto istituzionalmente pericoloso?". Alessandro Di Battista, deputato del Movimento 5 Stelle, scrive oggi un lungo post sul blog di Beppe Grillo per elencare i dieci motivi per i quali l'attuale ministro dell'Interno dovrebbe lasciare l'incarico.
di Alessandro Di Battista, da beppegrillo.it
Il Ministro dell'Interno ha un ruolo dedicatissimo. Deve coordinare le forze dell'ordine, deve combattere il crimine organizzato e deve prevedere qualsiasi episodio che metta a repentaglio la sicurezza dei cittadini italiani. Guidare gli Interni forse è il compito più complesso per un uomo delle Istituzioni. Ebbene, sia Letta che Renzi hanno deciso di affidare questo ruolo ad Alfano. Il M5S ha depositato in questi mesi diverse mozioni di sfiducia nei confronti di chi, a mio avviso, è il ministro più indecente del governo attualmente in vigore. Noi cittadini dobbiamo avere memoria per essere liberi, provo a darvi una mano a rinfrescarla.
10 motivi per cacciare Alfano:
1) Ha presenziato nel '96 al matrimonio della figlia del boss mafioso Croce Napoli.Una volta beccato ha prima negato e poi ritrattato dicendo di essere stato invitato dallo sposo e non dalla sposa. Ridicolo!
Ultimi Post
lunedì 30 giugno 2014
Il Capitalismo: ossia privatizzazione del profitto ed esternalizzazione dei costi.
DI NAFEEZ AHMED
Politici corrotti a livello locale, statale, provinciale e nazionale sono fin troppo felici di intascare mazzette e di guardare da un'altra parte. Ormai tutto il sistema commerciale, diplomatico e informativo è pieno di cancro. Quando nei trattati commerciali esistono delle sezioni segrete - o sono interamente TOP-SECRET - si può star tranquilli che si sta fottendo la popolazione e che mettere il segreto (di stato) è solo un tentativo di evitare di far scoprire le responsabilità. È il segreto che permette la corruzione, esattamente la stessa cosa che fa una popolazione distratta: permette la corruzione ".
Robert David Steele, ex Marine, agente CIA e co-fondatore della attività di intelligence US Marine Corps, si è dato una missione che spaventa l' intelligence USA.
Con 18 anni di esperienza nella comunità di intelligence degli Stati Uniti, e altri 20 anni di intelligence commerciale, la carriera esemplare di Steele ha toccato quasi tutti i settori del mondo clandestino, entrò come fante nei Marine Corps e come ufficiale nell'intelligence. Dopo quattro anni in servizio attivo, entrò a far parte della CIA e dopo una decina di anni co-fondò la Marine Corps Intelligence, divenendo Vice Direttore. Ampiamente riconosciuto come il leader del paradigma Open Source Intelligence (OSINT), Steele ha continuato a scrivere i manuali OSINT per la NATO, per la Defense Intelligence Agency degli Stati Uniti e per la US Special Operations Forces. Per inciso, lui - personalmente - ha addestrato 7.500 agenti di oltre 66 paesi diversi.
domenica 29 giugno 2014
Per un'informazione giusta e libera
Mafia, le parole intimidiscono i clan: da Saviano al caso di Basilicata24
Sono di questi giorni le dichiarazioni di Iovine, ‘o ninno, boss dei Casalesi che parlando al processo per le minacce allo scrittore Roberto Saviano e alla giornalista Rosaria Capacchione dichiara che a causa dei riflettori puntati addosso,dei troppi media, era difficile sistemare il processo Spartacus. «Ho una opinione negativa di Roberto Saviano – spiega Iovine – non gli voglio bene, ma per me finisce qua. Invece, se Bidognetti esprime pubblicamente un giudizio negativo su Saviano o su chicchessia, questo si traduce nel fatto che per qualcuno si tratta di una indicazione molto precisa. Voglio essere chiaro: l’avvocato Santonastaso ha sbagliato a sfogarsi con Bidognetti contro Saviano e Gomorra perché lui è senza scrupoli e reagisce con atti violenti».
Per la prima volta un boss spiega dal di dentro come un clan camorristico frena le sue operazioni a causa del “potere della parola”. Che le parole diano fastidio alle mafie si sa da anni: molti gli omicidi, le minacce, troppe vite sotto scorta e tanti ancora i giornalisti che a causa delle loro denunce vengono presi di mira. E’ il caso di Giusy Cavallo, direttore di Basilicata 24, e dei suoi collaboratori. Decine le lettere e le minacce ricevute da novembre al mese scorso. Croci disegnate sulle macchine, scritte sui muri “I tuoi articoli sono un insulto alla decenza, morirai”, fino ad arrivare a lettere in cui viene descritto esattamente come finirà la sua vita. Parole che si sovrappongono ad altre parole. Da una parte la denuncia dei giornalisti, dall’altra le minacce di ignoti.
UE: Renzi sconfitto, ha vinto la Merkel. Lo dicono i suoi amici delle larghe intese
”Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, torna buggerato e felice dal Consiglio europeo. Una beffa per l’Italia, ma con promesse d’amore della Merkel, che lo preferisce a tutti gli altri premier europei. Risultati pratici? Neanche la capocchia di uno spillo. Renzi esulta ma non ha motivi per gioire, ha vinto nuovamente la Cancelliera tedesca.
Malgrado l’accordo (chiamiamolo cosi’) sulla flessibilita’, le raccomandazioni del Consiglio europeo rigettano di fatto la richiesta del governo italiano di rinviare il pareggio di bilancio strutturale al 2016 e come se non bastasse sono piu’ rigide di quelle di inizio giugno”. Ma quale flessibilità? La UE avverte l’Italia: pareggio di bilancio entro il 2015, non 2016
Lo dichiara in una nota Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia. ”La verita’ e’ che gli spazi di flessibilita’ per l’Italia sono esauriti: il premier li ha gia’ usati tutti per il suo imbroglio degli 80 euro, per vincere le elezioni. C’e’ poco da festeggiare quindi. Tanto piu’ che l’Europa ha detto chiaramente al nostro governo che:
- 1) pur riconoscendo tutta la flessibilita’ possibile, il 3% deve essere rispettato, e per farlo occorrera’ in autunno una manovra correttiva da almeno 25 miliardi di euro sul gobbo degli italiani;
- 2) per avere questa tanto sbandierata flessibilita’, gia’ utilizzata dall’Italia, non si puo’ prescindere dalle 8 raccomandazioni del 2 giugno”
sabato 28 giugno 2014
Imprese, l’allarme di Confcommercio Per ogni apertura ne chiudono due
Nei primi cinque mesi dell’anno il numero di imprese del terziario di mercato che cessano l’attività continua a essere superiore a quello delle nuove iscrizioni: in pratica - segnala l’Osservatorio sulla demografia delle imprese realizzato dall’Ufficio Studi Confcommercio - per ogni nuova apertura ne chiudono due. Inoltre, peggiora il saldo negativo (passato da -7.612 a -7.752), per le attività di alloggio e ristorazione, prevalenti nel turismo. Il Sud, con 17mila imprese in meno, si conferma in forte difficoltà.
Per le imprese del terziario di mercato pur se il saldo tra aperture e chiusure continua a essere negativo, esso risulta tuttavia in leggero rallentamento rispetto all’anno scorso (-52.716 unità contro -55.815 dei primi 5 mesi del 2013), evidenzia l’Osservatorio. «Questi dati confermano, da un lato, il persistere di una fase di debolezza del ciclo economico e l’assenza di concreti e significativi segnali di ripartenza; dall’altro, evidenziano come le imprese di questo comparto, nonostante le difficoltà legate ad una domanda interna stagnante, all’elevata pressione fiscale, a un limitato accesso al credito, ai mancati pagamenti dei debiti della P.A., riescono a contenere gli effetti del protrarsi della crisi» sottolinea la Confcommercio. A questa performance fanno eccezione appunto le attività di alloggio e ristorazione, le uniche all’interno del comparto a registrare un peggioramento del saldo. Continua invece il trend espansivo del commercio ambulante; «Significativo» poi il dato territoriale che conferma la particolare debolezza del sistema imprenditoriale del Mezzogiorno dove si registra una consistente riduzione dello stock di imprese (-17.353) e dove si concentra quasi un terzo delle chiusure complessive.
Il Governo la smetta di prendere in giro gli Italiani
di Luigi Pandolfi, da il Manifesto, 27 giugno 2014
Da un po’ di tempo a questa parte, tirare all’austerity è diventato lo sport preferito degli uomini politici e di governo del nostro paese. Tra i campioni di questa disciplina spicca per pervicacia il premier Renzi, che di dichiarazioni anti-austerity ha riempito in poco più di un anno un campionario da guinness dei primati.
Nessuno, però, men che meno il giovane capo del governo, ha spiegato come l’Italia, concretamente, potrebbe sciogliersi dalla morsa asfissiante dei vincoli europei, che, banalmente, discendono da trattati e regolamenti la cui paternità è anche nostra, in quanto membri del Consiglio europeo e dell’Eurogruppo.
Si tratta, chiaramente, di un imbroglio, consumato scientemente a danno degli italiani, da parte di chi, governo compreso, non ha la minima intenzione di mettere in discussione l’attuale modello di integrazione europea.
Il nostro paese, insieme agli altri partner dell’Eurozona, soggiace ad una serie di regole che ne limitano pesantemente l’autonomia sul versante delle politiche economiche e di bilancio. È giusto ritornarci, perché un’eventuale – e auspicabile — fuoriuscita dall’austerity non potrebbe prescindere dalla rottura della gabbia d’acciaio in cui attualmente siamo rinchiusi.
Tale gabbia si chiama governance europea e si compone di una serie di vincoli per i bilanci pubblici — ispirati a rigidi concetti di stabilità e di sostenibilità delle politiche che vi afferiscono, tra cui spiccano i noti (o famigerati) parametri sul deficit e sul debito in rapporto al Pil — e di strumenti atti a prevenirne o a correggerne gli squilibri.
All’Europa serve un New Deal
Austerity. Se avesse un po’ di coraggio, il governo italiano dovrebbe rilanciare un’idea che circola da tempo: un grande piano per investimenti infrastrutturali.
di Luciano Gallino, da il Manifesto, 27 giugno 2014
A marzo 2014 i disoccupati erano 25,7 milioni nella Ue a 28, e poco meno di 19 milioni nell’eurozona (stime Eurostat). Rispetto a un anno prima si registrava una lieve diminuzione, dal 12% al all’11,8 nell’eurozona, e dal 10,9 al 10,5 nella Ue a 28. A inizio 2008, i disoccupati Ue erano sotto il 7%, circa 10 milioni in meno. Elevatissimi i tassi attuali di disoccupazione degli under 25, anche in paesi che si ritengono poco colpiti dalla crisi: 23,4 in Francia, 23,5 in Svezia, 20,5 in Finlandia, con una media che sfiora il 24% nell’eurozona, pari a 3,5 milioni di giovani. Per non parlare del 42,7 dell’Italia o del 53,9 della Spagna.
A sei anni dall’inizio della crisi, che cosa fanno le istituzioni Ue per combattere la disoccupazione? Da anni la Commissione Europea discute di una «Strategia europea per l’occupazione», nel quadro di un’altra che si chiama «Europa 2020: una strategia per la crescita». Di queste generiche strategie in tema di occupazione non si è visto quasi nulla. Ma ad aprile 2012 la Ce ha lanciato un «Pacchetto per l’occupazione» più dettagliato. Consta di una serie di documenti che gli stati membri dovrebbero fare propri al fine di sostenere la creazione di posti di lavoro, rilanciare la dinamica dei mercati del lavoro, rafforzare il coordinamento tra gli stati membri in tema di politiche dell’occupazione. Le ricette sono le solite che arrivano da Bruxelles: diminuire le tasse sul lavoro; ridurre la segmentazione del mercato del lavoro tra chi ha un’occupazione precaria e chi ha un’occupazione più stabile; sviluppare le politiche attive del lavoro; rimuovere gli ostacoli legali e pratici al libero movimento dei lavoratori, oltre che – nientemeno – incoraggiare la domanda di lavoro.
di Luciano Gallino, da il Manifesto, 27 giugno 2014
A marzo 2014 i disoccupati erano 25,7 milioni nella Ue a 28, e poco meno di 19 milioni nell’eurozona (stime Eurostat). Rispetto a un anno prima si registrava una lieve diminuzione, dal 12% al all’11,8 nell’eurozona, e dal 10,9 al 10,5 nella Ue a 28. A inizio 2008, i disoccupati Ue erano sotto il 7%, circa 10 milioni in meno. Elevatissimi i tassi attuali di disoccupazione degli under 25, anche in paesi che si ritengono poco colpiti dalla crisi: 23,4 in Francia, 23,5 in Svezia, 20,5 in Finlandia, con una media che sfiora il 24% nell’eurozona, pari a 3,5 milioni di giovani. Per non parlare del 42,7 dell’Italia o del 53,9 della Spagna.
A sei anni dall’inizio della crisi, che cosa fanno le istituzioni Ue per combattere la disoccupazione? Da anni la Commissione Europea discute di una «Strategia europea per l’occupazione», nel quadro di un’altra che si chiama «Europa 2020: una strategia per la crescita». Di queste generiche strategie in tema di occupazione non si è visto quasi nulla. Ma ad aprile 2012 la Ce ha lanciato un «Pacchetto per l’occupazione» più dettagliato. Consta di una serie di documenti che gli stati membri dovrebbero fare propri al fine di sostenere la creazione di posti di lavoro, rilanciare la dinamica dei mercati del lavoro, rafforzare il coordinamento tra gli stati membri in tema di politiche dell’occupazione. Le ricette sono le solite che arrivano da Bruxelles: diminuire le tasse sul lavoro; ridurre la segmentazione del mercato del lavoro tra chi ha un’occupazione precaria e chi ha un’occupazione più stabile; sviluppare le politiche attive del lavoro; rimuovere gli ostacoli legali e pratici al libero movimento dei lavoratori, oltre che – nientemeno – incoraggiare la domanda di lavoro.
venerdì 27 giugno 2014
In Basilicata approvata la più grande discarica per idrocarburi d’Europa
La Regione Basilicata ha approvato un nuovo progetto per una discarica per idrocarburi nel Comune di Guardia Perticara. La Regione Basilicata ha approvato la realizzazione della discarica Semataf, destinata ai rifiuti speciali tra cui idrocarburi da costruirsi nel comune di Giardia Perticara in provincia di Potenza che volume sarà la più grande in Europa. Proprio qualche giorno fa i comuni di Corleto Perticara, Guardia Perticara e Gorgoglione per l’impianto estrattivo Tempa Rossa hanno fatto richiesta per avere gratuitamente il gas quale forma di compensazione (ma sarebbe meglio dire risarcimento) per:
la perdita dell’uso del territorio e per compensazione per la reintegrazione dell’equilibrio ambientale e territoriale
Ma subito dopo ecco l’approvazione della grande discarica che come fa notare Ola Organizzazione Lucana ambientalista:
Vincono i fralibiens. Battere le multinazionali e le delocalizzazioni si può
di Angelo Mastrandrea.
Nella Francia conquistata dal Front National è accaduto qualcosa di significativo, non solo dal punto di vista simbolico ma persino materiale: dopo 1.336 giorni di lotta, Davide, vale a dire 76 lavoratori della Fralib di Géménos, in Provenza, ha sconfitto fragorosamente Golia, cioè la multinazionale angloolandese dell'alimentazione Unilever.
La big company, che aveva deciso da un giorno all'altro di delocalizzare la produzione del tè Lipton e delle tisane con il marchio Elephant in Polonia, ha dovuto infatti arrendersi alla resistenza operaia: pagherà 19,1 milioni di euro per i danni causati dallo stop all'azienda, mentre i terreni e i macchinari, già bloccati dalla municipalità di Marsiglia (un equivalente delle nostre province, a guida socialista) al prezzo simbolico di un euro e valutati altri sette milioni, saranno trasferiti alla nuova cooperativa, messa in piedi dai lavoratori. In totale fanno oltre 26 milioni di euro, ai quali andrà sommato il sostegno della multinazionale alla vendita dei prodotti della Fralib, almeno nella prima fase.
Una notizia a dir poco inconsueta, di questi tempi in Europa. È figlia di una lotta iniziata nel 2011, quando la Unilever, proprietaria del marchio Lipton e di quello Elephant stabilimento francese e di trasferirsi armi e bagagli in Polonia. I dipendenti avevano però occupato la fabbrica, impedendo che i macchinari fossero smontati e che i locali fossero venduti o, peggio, abbandonati.
Nella Francia conquistata dal Front National è accaduto qualcosa di significativo, non solo dal punto di vista simbolico ma persino materiale: dopo 1.336 giorni di lotta, Davide, vale a dire 76 lavoratori della Fralib di Géménos, in Provenza, ha sconfitto fragorosamente Golia, cioè la multinazionale angloolandese dell'alimentazione Unilever.
La big company, che aveva deciso da un giorno all'altro di delocalizzare la produzione del tè Lipton e delle tisane con il marchio Elephant in Polonia, ha dovuto infatti arrendersi alla resistenza operaia: pagherà 19,1 milioni di euro per i danni causati dallo stop all'azienda, mentre i terreni e i macchinari, già bloccati dalla municipalità di Marsiglia (un equivalente delle nostre province, a guida socialista) al prezzo simbolico di un euro e valutati altri sette milioni, saranno trasferiti alla nuova cooperativa, messa in piedi dai lavoratori. In totale fanno oltre 26 milioni di euro, ai quali andrà sommato il sostegno della multinazionale alla vendita dei prodotti della Fralib, almeno nella prima fase.
Una notizia a dir poco inconsueta, di questi tempi in Europa. È figlia di una lotta iniziata nel 2011, quando la Unilever, proprietaria del marchio Lipton e di quello Elephant stabilimento francese e di trasferirsi armi e bagagli in Polonia. I dipendenti avevano però occupato la fabbrica, impedendo che i macchinari fossero smontati e che i locali fossero venduti o, peggio, abbandonati.
Legge elettorale, Toninelli (M5S): “No al doppio turno, meglio il nostro Democratellum”
In questa intervista il deputato grillino Danilo Toninelli risponde alla lettera di Paolo Flores d'Arcais ai parlamentari 5 Stelle in merito alla legge elettorale, difendendo la scelta del Democratellum: “E’ un proporzionale governante perché permette ad un partito, e non ad una coalizione, di vincere da solo, senza il ricatto dei partitini”. Infine non esclude accordi elettorali successivi al voto: “Anche col Pd”.
intervista a Danilo Toninelli di Giacomo Russo Spena
Il quarantenne Danilo Toninelli è il volto nuovo del M5S. Insieme a Luigi Di Maio è stato designato dal Movimento come esperto del Democratellum: “E’ un proporzionale governante – spiega il deputato pentastellato – Permette ad un partito, e non ad una coalizione, di vincere e governare da solo, senza il ricatto dei partitini”. Convinto che il dialogo con il premier Renzi sia la scelta giusta: “E’ diventato nostro interlocutore, abbiamo diverse riforme da proporgli”.
Prima delle europee l’ex ministro della difesa Mario Mauro dichiarava: "Se il secondo partito sarà quello di Grillo, l'Italicum salta. Quando hai una realtà tripolare e fai una legge dove alla fine si rimane in due, significa che uno lo si vuol far fuori”. Praticamente una legge elettorale su misura?
E’ evidente, oltre a Mauro lo ammisero altri esponenti di schieramenti opposti. Tecnicamente, tra l’altro, è ancora più palese: l’Italicum induce ad un bipolarismo coatto di coalizione e siccome il M5S non stringe accordi pre-elettorali è ovvio che sia stato pensato per eliminarci e porre un’alternanza di governo tra centrosinistra e centrodestra.
intervista a Danilo Toninelli di Giacomo Russo Spena
Il quarantenne Danilo Toninelli è il volto nuovo del M5S. Insieme a Luigi Di Maio è stato designato dal Movimento come esperto del Democratellum: “E’ un proporzionale governante – spiega il deputato pentastellato – Permette ad un partito, e non ad una coalizione, di vincere e governare da solo, senza il ricatto dei partitini”. Convinto che il dialogo con il premier Renzi sia la scelta giusta: “E’ diventato nostro interlocutore, abbiamo diverse riforme da proporgli”.
Prima delle europee l’ex ministro della difesa Mario Mauro dichiarava: "Se il secondo partito sarà quello di Grillo, l'Italicum salta. Quando hai una realtà tripolare e fai una legge dove alla fine si rimane in due, significa che uno lo si vuol far fuori”. Praticamente una legge elettorale su misura?
E’ evidente, oltre a Mauro lo ammisero altri esponenti di schieramenti opposti. Tecnicamente, tra l’altro, è ancora più palese: l’Italicum induce ad un bipolarismo coatto di coalizione e siccome il M5S non stringe accordi pre-elettorali è ovvio che sia stato pensato per eliminarci e porre un’alternanza di governo tra centrosinistra e centrodestra.
giovedì 26 giugno 2014
Antimafia: un faro sulla Basilicata
Scritto da M5S Camera News
Basilicata: una regione che non è certo al centro delle cronache giornalistiche per questioni di criminalità organizzata. Eppure bisogna sempre diffidare del silenzio della criminalità e non considerare nessuna Regione libera dalle influenze mafiose. Bisogna, anzi, preoccuparsi di più quando c'è troppo silenzio. Nel silenzio prosperano gli intrecci politica mafia, e gli affari criminali.
La commissione Antimafia ha dedicato un giorno alle audizioni del procuratore di Matera dott.ssa Gravina e del Procuratore della Repubblica di Potenza dott. Gay , accompagnato dalla dott.ssa Triassi, Magistrato della medesima Procura.
L'audizione è stata preparata da una visita a Matera del 16 aprile, dove sono stati raccolti documenti ed informazioni. A seguito di quel primo contatto, sono emerse diverse criticità, che ha indotto la commissione a convocare a Roma i magistrati per farsi un'idea di quanto sta succedendo in quei luoghi.
Anche se non emergono fatti degni della cronaca nazionale, la Basilicata è una terra ricca di beni, petrolio, turismo, agricoltura: beni che fanno gola alla criminalità anche di stampo mafioso.
Con la dott.ssa Gravina, sono stati ripercorsi i numerosi eventi succedutesi in questi anni, che sono sempre stati sottovalutati , considerati ad appannaggio della criminalità locale. Comportamenti ritenuti distanti dalla realtà, che hanno impedito proficue indagini e che avevano sollevato malumori da parte di molti cittadini, i quali hanno sollecitato l'intervento della commissione Antimafia a recarsi a Matera.
Basilicata: una regione che non è certo al centro delle cronache giornalistiche per questioni di criminalità organizzata. Eppure bisogna sempre diffidare del silenzio della criminalità e non considerare nessuna Regione libera dalle influenze mafiose. Bisogna, anzi, preoccuparsi di più quando c'è troppo silenzio. Nel silenzio prosperano gli intrecci politica mafia, e gli affari criminali.
La commissione Antimafia ha dedicato un giorno alle audizioni del procuratore di Matera dott.ssa Gravina e del Procuratore della Repubblica di Potenza dott. Gay , accompagnato dalla dott.ssa Triassi, Magistrato della medesima Procura.
L'audizione è stata preparata da una visita a Matera del 16 aprile, dove sono stati raccolti documenti ed informazioni. A seguito di quel primo contatto, sono emerse diverse criticità, che ha indotto la commissione a convocare a Roma i magistrati per farsi un'idea di quanto sta succedendo in quei luoghi.
Anche se non emergono fatti degni della cronaca nazionale, la Basilicata è una terra ricca di beni, petrolio, turismo, agricoltura: beni che fanno gola alla criminalità anche di stampo mafioso.
Con la dott.ssa Gravina, sono stati ripercorsi i numerosi eventi succedutesi in questi anni, che sono sempre stati sottovalutati , considerati ad appannaggio della criminalità locale. Comportamenti ritenuti distanti dalla realtà, che hanno impedito proficue indagini e che avevano sollevato malumori da parte di molti cittadini, i quali hanno sollecitato l'intervento della commissione Antimafia a recarsi a Matera.
Perry Anderson: “Renzi? Come la Thatcher”
Gli italiani governati da un premier thatcheriano. Ieri sudditi degli Usa, oggi della Ue e del suo neoliberismo economico. Di cui Matteo Renzi, leader carismatico e assolutista, altro non sarebbe che il cavallo di Troia. L’analisi del guru della New Left.
colloquio con Perry Anderson di Leonardo Clausi, da L'Espresso, 20 giugno 2014
Perry Anderson non la manda a dire. L'ultimo saggio sulla "London Review of Books" dell'insigne storico inglese, nume tutelare della New Left, è una lucida scorreria nella storia italiana recente. S'intitola, senza troppi guizzi metaforici, "The Italian Disaster", Ma anziché essere l'ennesima geremiade sulla presunta incapacità civile e culturale del Paese di assurgere a membro virtuoso del consesso europeo, il saggio di Anderson individua l'origine dei mali negli stessi principi inerenti alla governance dell'Unione europea, ai quali l'Italia è stata finora recalcitrante: soprattutto quel neoliberismo economico saldamente agganciato alla marginalizzazione della politica e della sua rappresentanza. Di questo neoliberismo Matteo Renzi, leader carismatico e assolutista di un partito alla cui tradizione politica è del tutto alieno, altro non sarebbe che il cavallo di Troia. Ne consegue l'analisi puntigliosa di varie tappe della storia italiana recente, dalla fine di Tangentopoli sino al crollo di Berlusconi, fortemente voluto da Bruxelles attraverso la presidenza di Napolitano, e all'abbraccio di Renzi come ultima spiaggia di fronte alla disorientante eterodossia del fenomeno Grillo. Ad Anderson abbiamo rivolto una serie di domande.
Lei ha scritto di una deriva degenerativa della democrazia in Europa e di una corruzione pervasiva della sua classe politica. Sono sviluppi strutturali, o piuttosto un deficit momentaneo di volontà e di moralità?
«Non è facile giudicare quanto profondo sia diventato l'effettivo radicamento di simili tendenze. Quel che è chiaro finora è che le forze che avrebbero potuto contrastarle restano sparse e deboli. In Italia sono state, naturalmente e a lungo, personificate entrambe da Berlusconi, ma si estendono a un panorama istituzionale che va ben oltre. Quanto alla corruzione, la prossima Expo di Milano, un progetto tipico della vanagloria politica di quest'epoca, per tacere del megascandalo a Venezia nel quale Pd e Pdl sono immersi vicendevolmente fino al collo, ci ricorda quanto futile sia stato il Pool vent'anni fa: le mani degli appaltatori, di destra o di sinistra che siano, non sono certo più pulite di prima. Quanto alla democrazia, le performance della presidenza della Repubblica e della Corte costituzionale offrono ulteriori lampanti illustrazioni del degrado dello Stato di diritto in questi anni, aggravato ora dal Neo-porcellum imposto al Parlamento a tutti i costi. Si tratta di pressioni che non risparmiano nemmeno coloro che gli si erano rivoltati contro. Basti pensare all'autocrazia che governa lo stesso Movimento 5 Stelle nel suo ruolo di avversario più intransigente del sistema di governo».
colloquio con Perry Anderson di Leonardo Clausi, da L'Espresso, 20 giugno 2014
Perry Anderson non la manda a dire. L'ultimo saggio sulla "London Review of Books" dell'insigne storico inglese, nume tutelare della New Left, è una lucida scorreria nella storia italiana recente. S'intitola, senza troppi guizzi metaforici, "The Italian Disaster", Ma anziché essere l'ennesima geremiade sulla presunta incapacità civile e culturale del Paese di assurgere a membro virtuoso del consesso europeo, il saggio di Anderson individua l'origine dei mali negli stessi principi inerenti alla governance dell'Unione europea, ai quali l'Italia è stata finora recalcitrante: soprattutto quel neoliberismo economico saldamente agganciato alla marginalizzazione della politica e della sua rappresentanza. Di questo neoliberismo Matteo Renzi, leader carismatico e assolutista di un partito alla cui tradizione politica è del tutto alieno, altro non sarebbe che il cavallo di Troia. Ne consegue l'analisi puntigliosa di varie tappe della storia italiana recente, dalla fine di Tangentopoli sino al crollo di Berlusconi, fortemente voluto da Bruxelles attraverso la presidenza di Napolitano, e all'abbraccio di Renzi come ultima spiaggia di fronte alla disorientante eterodossia del fenomeno Grillo. Ad Anderson abbiamo rivolto una serie di domande.
Lei ha scritto di una deriva degenerativa della democrazia in Europa e di una corruzione pervasiva della sua classe politica. Sono sviluppi strutturali, o piuttosto un deficit momentaneo di volontà e di moralità?
«Non è facile giudicare quanto profondo sia diventato l'effettivo radicamento di simili tendenze. Quel che è chiaro finora è che le forze che avrebbero potuto contrastarle restano sparse e deboli. In Italia sono state, naturalmente e a lungo, personificate entrambe da Berlusconi, ma si estendono a un panorama istituzionale che va ben oltre. Quanto alla corruzione, la prossima Expo di Milano, un progetto tipico della vanagloria politica di quest'epoca, per tacere del megascandalo a Venezia nel quale Pd e Pdl sono immersi vicendevolmente fino al collo, ci ricorda quanto futile sia stato il Pool vent'anni fa: le mani degli appaltatori, di destra o di sinistra che siano, non sono certo più pulite di prima. Quanto alla democrazia, le performance della presidenza della Repubblica e della Corte costituzionale offrono ulteriori lampanti illustrazioni del degrado dello Stato di diritto in questi anni, aggravato ora dal Neo-porcellum imposto al Parlamento a tutti i costi. Si tratta di pressioni che non risparmiano nemmeno coloro che gli si erano rivoltati contro. Basti pensare all'autocrazia che governa lo stesso Movimento 5 Stelle nel suo ruolo di avversario più intransigente del sistema di governo».
Senato, una riforma infame
di Marco Travaglio, da il Fatto quotidiano, 24 giugno 2014
Renzi: “Noi non l’avevamo prevista, se diventa un problema la togliamo”. Boschi: “Non l’ha voluta il Pd e nemmeno il governo: nel nostro testo non c’era”. Berlusconi: “Quell’idea non è nostra”. Romani: “Forza Italia non l’ha chiesta, non ci interessa, leviamola pure: l’abbiamo scoperta dai testi dei relatori Calderoli e Finocchiaro”. Calderoli: “Aboliamola sia al Senato sia alla Camera, e non se ne parli più”. Finocchiaro: “Cosa vogliono da me? Per me l’immunità non va bene così neanche alla Camera. Noi abbiamo raccolto i pareri dei partiti e dei costituzionalisti, e il governo ha vistato due volte i nostri emendamenti. Sono disgustata dallo scaricabarile”.
Noi invece siamo più disgustati dal barile. Cioè dal fatto che non verrà abolito il Senato, ma le elezioni per eleggerlo; i senatori, anziché dai cittadini, saranno nominati dai partiti (tramite i Consigli regionali, quasi tutti inquisiti fra l’altro); saranno espropriati del potere legislativo (leggi costituzionali a parte) e di quello di sfiduciare i governi; saranno tutti consiglieri regionali o sindaci; però avranno l’immunità come i deputati, come se fossero scelti dagli elettori per fare le leggi, e non per fare i sindaci o i consiglieri regionali. E non solo non risponderanno penalmente né civilmente delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle funzioni; ma non potranno neppure essere arrestati o intercettati o perquisiti senza l’autorizzazione a procedere di Palazzo Madama.
Renzi: “Noi non l’avevamo prevista, se diventa un problema la togliamo”. Boschi: “Non l’ha voluta il Pd e nemmeno il governo: nel nostro testo non c’era”. Berlusconi: “Quell’idea non è nostra”. Romani: “Forza Italia non l’ha chiesta, non ci interessa, leviamola pure: l’abbiamo scoperta dai testi dei relatori Calderoli e Finocchiaro”. Calderoli: “Aboliamola sia al Senato sia alla Camera, e non se ne parli più”. Finocchiaro: “Cosa vogliono da me? Per me l’immunità non va bene così neanche alla Camera. Noi abbiamo raccolto i pareri dei partiti e dei costituzionalisti, e il governo ha vistato due volte i nostri emendamenti. Sono disgustata dallo scaricabarile”.
Noi invece siamo più disgustati dal barile. Cioè dal fatto che non verrà abolito il Senato, ma le elezioni per eleggerlo; i senatori, anziché dai cittadini, saranno nominati dai partiti (tramite i Consigli regionali, quasi tutti inquisiti fra l’altro); saranno espropriati del potere legislativo (leggi costituzionali a parte) e di quello di sfiduciare i governi; saranno tutti consiglieri regionali o sindaci; però avranno l’immunità come i deputati, come se fossero scelti dagli elettori per fare le leggi, e non per fare i sindaci o i consiglieri regionali. E non solo non risponderanno penalmente né civilmente delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle funzioni; ma non potranno neppure essere arrestati o intercettati o perquisiti senza l’autorizzazione a procedere di Palazzo Madama.
mercoledì 25 giugno 2014
Renzi promette più disoccupazione e la gente incredibilmente applaude
di Daniele Basciu.
Era già scritto nel DEF di Aprile 2014, dove il Governo prevede, da qui al 2018, di:
1) AUMENTARE LE TASSE
2) AUMENTARE IL SALDO PRIMARIO (cioè preleverà PIU' TASSE di quanto spenderà)
In presenza di risparmio è necessario che ci siano dei deficit a controbilanciare il risparmio stesso, perchè ci sia la piena occupazione.
Il Governo Renzi aveva quindi già deciso di NON FARE DEFICIT, cioè aveva deciso di IMPEGNARSI AD AUMENTARE I DISOCCUPATI e i FALLIMENTI DELLE AZIENDE che chiuderanno per diminuzione di clienti in grado di spendere e fare acquisti.
Gli elettori di Renzi sono completamente all'oscuro del funzionamento di un'economia moderna. Si tratta di una specie di tribù convinta che recitando certe litanie e formule su Sky e sulCorriere della Sera l'economia magicamente si rimetta in moto; sono i flagellanti delle processioni sacre, che mentre il celebrante recita i riti si battono sulla schiena con dei giunchi per propiziarsi la divinità.
Era già scritto nel DEF di Aprile 2014, dove il Governo prevede, da qui al 2018, di:
1) AUMENTARE LE TASSE
2) AUMENTARE IL SALDO PRIMARIO (cioè preleverà PIU' TASSE di quanto spenderà)
In presenza di risparmio è necessario che ci siano dei deficit a controbilanciare il risparmio stesso, perchè ci sia la piena occupazione.
Il Governo Renzi aveva quindi già deciso di NON FARE DEFICIT, cioè aveva deciso di IMPEGNARSI AD AUMENTARE I DISOCCUPATI e i FALLIMENTI DELLE AZIENDE che chiuderanno per diminuzione di clienti in grado di spendere e fare acquisti.
Gli elettori di Renzi sono completamente all'oscuro del funzionamento di un'economia moderna. Si tratta di una specie di tribù convinta che recitando certe litanie e formule su Sky e sulCorriere della Sera l'economia magicamente si rimetta in moto; sono i flagellanti delle processioni sacre, che mentre il celebrante recita i riti si battono sulla schiena con dei giunchi per propiziarsi la divinità.
Un referendum contro l’austerità: passiamo dalle parole ai fatti
L’economista è nel comitato che promuove la consultazione popolare contro il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio: “Le misure imposte dall’Europa hanno aggravato la crisi, con tagli indiscriminati alla spesa pubblica e gli aumenti della pressione fiscale”. E le nuove aperture di Angela Merkel sul Patto di Stabilità? “Si sta semplicemente passando dall’austerità espansiva all’austerità flessibile. Bisogna cambiare politiche economiche e contrastare il rigore”. Infine, un invito a movimenti e partiti: “Raccogliamo insieme le 500mila firme necessarie”.
intervista a Riccardo Realfonzo di Giacomo Russo Spena
Riccardo Realfonzo, un comitato di economisti e giuristi ha indetto per domani, 26 giugno,una conferenza stampa per promuovere unacampagna referendaria basata su 4 quesiti, lo slogan è “Stop all’austerità. Riprendiamoci la crescita. Riprendiamoci l’Europa”. Innanzitutto è interessante analizzare l’orientamento eterogeneo e trasversale dei promotori: da Mario Baldassarri (uomo vicino al centrodestra) a Lei. Avete trovato un’intesa comune superando la dicotomia destra/sinistra?
Noi riteniamo che le politiche di austerità, con i tagli indiscriminati alla spesa pubblica e gli aumenti della pressione fiscale, siano una sciagura per l’Italia e più in generale per l’Europa. Già nel 2010 io ed altri promuovemmo una lettera contro l’austerità che fu sottoscritta da circa 300 economisti italiani e stranieri, tra cui autorevolissimi studiosi, ma i governi italiani non hanno mutato di una virgola la loro azione. Ci siamo quindi convinti che di fronte a questa sciagura ed emergenza nazionale ed europea, sia necessario mettere in campo il più ampio schieramento possibile di forze politiche e sociali. Da qui abbiamo definito un comitato promotore largo ed eterogeneo, con personalità molto diverse per formazione culturale e sensibilità politica.
Arriviamo alle ragioni della consultazione popolare. Sotto accusa vengono poste le politiche di austerity dell’Europa; in primis, il pareggio di bilancio in Costituzione e il Fiscal Compact. Per voi sono misure economiche che aggraveranno ulteriormente la crisi. Perché?
Intanto è ciò che si è verificato sino a oggi. Le politiche del rigore hanno ampiamente peggiorato la situazione, come è ormai provato dalla letteratura scientifica: l’Europa ha risposto alla crisi scoppiata a fine 2007 con l’austerity, con il risultato che la produzione di ricchezza è ancora oggi inferiore ad allora, e abbiamo sette milioni e duecentomila disoccupati in più. In Italia, uno dei Paesi costretti a praticare le politiche più drastiche, la disoccupazione è raddoppiata e continua ad aumentare senza sosta, il prodotto interno lordo rimane inferiore del 9% rispetto al 2007 e milioni di imprese hanno chiuso i battenti. C’era una volta la teoria dell’“austerità espansiva”, secondo cui i tagli della spesa pubblica favoriscono la crescita. Ma si tratta di una teoria falsificata dagli eventi. L’austerità produce recessione e disoccupazione. Ed è ora di dire basta.
intervista a Riccardo Realfonzo di Giacomo Russo Spena
Riccardo Realfonzo, un comitato di economisti e giuristi ha indetto per domani, 26 giugno,una conferenza stampa per promuovere unacampagna referendaria basata su 4 quesiti, lo slogan è “Stop all’austerità. Riprendiamoci la crescita. Riprendiamoci l’Europa”. Innanzitutto è interessante analizzare l’orientamento eterogeneo e trasversale dei promotori: da Mario Baldassarri (uomo vicino al centrodestra) a Lei. Avete trovato un’intesa comune superando la dicotomia destra/sinistra?
Noi riteniamo che le politiche di austerità, con i tagli indiscriminati alla spesa pubblica e gli aumenti della pressione fiscale, siano una sciagura per l’Italia e più in generale per l’Europa. Già nel 2010 io ed altri promuovemmo una lettera contro l’austerità che fu sottoscritta da circa 300 economisti italiani e stranieri, tra cui autorevolissimi studiosi, ma i governi italiani non hanno mutato di una virgola la loro azione. Ci siamo quindi convinti che di fronte a questa sciagura ed emergenza nazionale ed europea, sia necessario mettere in campo il più ampio schieramento possibile di forze politiche e sociali. Da qui abbiamo definito un comitato promotore largo ed eterogeneo, con personalità molto diverse per formazione culturale e sensibilità politica.
Arriviamo alle ragioni della consultazione popolare. Sotto accusa vengono poste le politiche di austerity dell’Europa; in primis, il pareggio di bilancio in Costituzione e il Fiscal Compact. Per voi sono misure economiche che aggraveranno ulteriormente la crisi. Perché?
Intanto è ciò che si è verificato sino a oggi. Le politiche del rigore hanno ampiamente peggiorato la situazione, come è ormai provato dalla letteratura scientifica: l’Europa ha risposto alla crisi scoppiata a fine 2007 con l’austerity, con il risultato che la produzione di ricchezza è ancora oggi inferiore ad allora, e abbiamo sette milioni e duecentomila disoccupati in più. In Italia, uno dei Paesi costretti a praticare le politiche più drastiche, la disoccupazione è raddoppiata e continua ad aumentare senza sosta, il prodotto interno lordo rimane inferiore del 9% rispetto al 2007 e milioni di imprese hanno chiuso i battenti. C’era una volta la teoria dell’“austerità espansiva”, secondo cui i tagli della spesa pubblica favoriscono la crescita. Ma si tratta di una teoria falsificata dagli eventi. L’austerità produce recessione e disoccupazione. Ed è ora di dire basta.
martedì 24 giugno 2014
Renzi vuol innescare la crescita Tassando
Quanto sta facendo il governo “si racchiude in una parolina magica: bancarotta!
Questi dovevano essere i “salvatori”. Figuriamoci se ci volevano male!”.
E’ quanto si legge in un post (“Il governo del fare”) firmato Napoleone pubblicato dal blog di Beppe Grillo. “La ripresa – afferma il commento – c’e’ ma non si vede… dal vangelo secondo Draghi! Ecco l’elenco delle tasse introdotte e in via di introduzione.
1 – TASI; (fatto dal governo Renzi)
2 – Aumento tassa su rendite finanziarie dal 20>al 26%=risparmi; (fatto)
3 – Proroga rimborsi Irpef in busta paga>4000 euro=mettere in difficolta’ lavoratori e pensionati, per spese sostenute per mutui-ristrutturazioni-assegni ex coniuge,ecc; (fatto)
4 – Revisione degli estimi catastali fino al 100%; (in corso)
5 – Tassa di successione; (in discussione)
Prelievo forzoso dei risparmi in Borsa: la trappola Draghi
Mai nella storia, in nessun paese e in nessuna civiltà, il denaro è costato meno: giovedì 5 giugno Mario Draghi ha portato i tassi della Bce allo 0,15 per cento, praticamente zero; ha introdotto tassi negativi per i depositi bancari presso la Bce e ha annunciato nuovi prestiti a lungo termine per le banche, come pure acquisti di titoli e cartolarizzazioni. Inoltre, ha comunicato che la Bce non sterilizzerà più gli acquisti sul mercato secondario, il che significa aumento della liquidità nel sistema. Draghi stesso ha ammesso che la Bce ha raggiunto il limite del costo del denaro. Il passo successivo è quello di gettare soldi dall’elicottero, come promise il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke in un famoso intervento. Il discorso della Bce, terra terra, è: dobbiamo agire contro il pericolo della deflazione – e quindi creare inflazione. È come muovere la coda del cane per agitarne il corpo.
Draghi ha promesso che i prestiti alle banche (si parla di un primo colpo di 400 miliardi) saranno concessi solo a condizione che verranno impiegati per finanziare le imprese. Ma in realtà la liquidità sparata col “bazooka” serve a salvare le banche dal crac dietro l’angolo, denunciato dalla stessa Bce nell’ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria (vedi “Persino la Bce ammette che sta arrivando il crac”). Il modello indicato da Draghi, quello del “funds for lending” della Banca d’Inghilterra, è miseramente fallito. I prestiti alle imprese sono diminuiti invece che aumentare. Draghi, che si è guadagnato il soprannome di “Hjalmario” dal suo predecessore Schacht, persegue un altro piano, di criminalità efferata: eliminando il costo del denaro, egli spinge i risparmiatori a investire in borsa, l’unico posto dove i soldi sono nominalmente remunerati, e dove verranno regolarmente “tosati” quando la borsa crollerà o quando i neoazionisti o obbligazionisti si accorgeranno di essere diventati parte del paniere globale del bail-in, o prelievo forzoso, per salvare le banche.
Renzi gattopardo: dopo gli indizi, le prove
di Pierfranco Pellizzetti
Agata Christie diceva che tre indizi fanno una prova. Di conseguenza – secondo la celebre giallista – risulterebbe ampiamente dimostrato che Renzi non è altro che un mentitore cronico in sfrenata fregola di potere. Difatti: 1) “Enrico stai sereno” (immediatamente dopo sgarrettato), 2) “mai farò il premier senza essere eletto” (difatti!), 3) “realizzeremo una riforma al mese” (mai vista ad oggi neanche una…).
Eppure, quando in questo blog si opinava a proposito della vera natura del premier “che va di fretta”, moltitudini in crescita esponenziale, folgorate sulla via di Damasco all’altezza di Rignano sull’Arno da una luce che ripeteva Matteo, Matteo, si scandalizzavano davanti a cotanta miscredenza e inveivano pretendendo “la prova provata”. Ossia – come dicono negli USA – “la pistola fumante”.
Ebbene – gentili commentatori di fede governativa a prescindere – ora ce l’avete la pistola fumante; intesa come l’immunità concessa ai senatori prossimi futuri.
Non è questione di pensare bene o pensare male, quanto di leggere il senso delle cose.
Difatti non si capisce il significato intrinseco del renzismo, ossia il caso di un giovanotto superbioso che si arrampica evidentemente sugli specchi, antipatico a tutti ma a cui tutti vogliono accodarsi, se non si comprende il patto tacito che motiva e giustifica la sua ascesa: essere l’ultima spiaggia per un ceto politico sotto minaccia di liquidazione.
Agata Christie diceva che tre indizi fanno una prova. Di conseguenza – secondo la celebre giallista – risulterebbe ampiamente dimostrato che Renzi non è altro che un mentitore cronico in sfrenata fregola di potere. Difatti: 1) “Enrico stai sereno” (immediatamente dopo sgarrettato), 2) “mai farò il premier senza essere eletto” (difatti!), 3) “realizzeremo una riforma al mese” (mai vista ad oggi neanche una…).
Eppure, quando in questo blog si opinava a proposito della vera natura del premier “che va di fretta”, moltitudini in crescita esponenziale, folgorate sulla via di Damasco all’altezza di Rignano sull’Arno da una luce che ripeteva Matteo, Matteo, si scandalizzavano davanti a cotanta miscredenza e inveivano pretendendo “la prova provata”. Ossia – come dicono negli USA – “la pistola fumante”.
Ebbene – gentili commentatori di fede governativa a prescindere – ora ce l’avete la pistola fumante; intesa come l’immunità concessa ai senatori prossimi futuri.
Non è questione di pensare bene o pensare male, quanto di leggere il senso delle cose.
Difatti non si capisce il significato intrinseco del renzismo, ossia il caso di un giovanotto superbioso che si arrampica evidentemente sugli specchi, antipatico a tutti ma a cui tutti vogliono accodarsi, se non si comprende il patto tacito che motiva e giustifica la sua ascesa: essere l’ultima spiaggia per un ceto politico sotto minaccia di liquidazione.
Drogatevi! E' l'Europa che ce lo chiede
di Andrea Baranes
L'Istat ha comunicato che dal prossimo anno anche attività illegali quali il traffico di droga o la prostituzione andranno a formare il PIL, ovvero la ricchezza prodotta nel Paese. Tra le prime reazioni, alcuni segnalano che anche la criminalità genera un suo - cospicuo - giro d'affari, e che se bisogna rappresentare correttamente la situazione vanno quindi considerate anche tali poste. Altri insistono sul fatto che è comunque per lo meno difficile valutare con esattezza la dimensione di tali attività, al di là delle stime fatte dalle autorità preposte al loro contrasto.
L'Istat ha comunicato che dal prossimo anno anche attività illegali quali il traffico di droga o la prostituzione andranno a formare il PIL, ovvero la ricchezza prodotta nel Paese. Tra le prime reazioni, alcuni segnalano che anche la criminalità genera un suo - cospicuo - giro d'affari, e che se bisogna rappresentare correttamente la situazione vanno quindi considerate anche tali poste. Altri insistono sul fatto che è comunque per lo meno difficile valutare con esattezza la dimensione di tali attività, al di là delle stime fatte dalle autorità preposte al loro contrasto.
Il punto di fondo è però forse un altro. Può anche avere senso, in una certa misura, inserire le attività criminali nel computo del PIL. Quello che non ha senso, e il paradosso oggi in discussione ne è unicamente l'ultimo e più evidente esempio, è prendere il PIL a riferimento unico dello stato di un dato Paese, del suo benessere, e porre la crescita del PIL come unico obiettivo delle politiche economiche.
È da mezzo secolo almeno che sappiamo, riprendendo le parole di un famoso discorso di Robert Kennedy, che «il PIL misura tutto, tranne ciò per cui vale la pena di vivere»: misura le armi ma non l'amicizia, sale in caso di incidenti ma non se siamo più felici, aumenta in caso di terremoti, calamità o disastri naturali.
lunedì 23 giugno 2014
La gente non si rende conto che le cose non vanno
DI LORENZO CARNIMEO
Mi limito ad alcune brevi considerazioni.
a) Sostanzialmente, mi par di capire che la formula sulla quale si insista, tanto in Europa quanto in Italia, sia sempre il logoro e fallimentare “rigore più crescita”. Solo che, dato che non possono dirlo apertamente, mascherano il tutto dietro una cortina fumogena di concetti vaghi e parole astruse, nella speranza che la gente non se ne accorga.
b) Difficile, peraltro, che la gente possa accorgersene. In realtà, è mia personale convinzione che l’uomo della strada, pur senza una base culturale specifica, abbia davanti a sé parecchi elementi per accorgersi che le cose non vanno. Come dimostrato da queste domande, che, credo, chiunque possa fare a se stesso:
b.1) Possibile che dopo i governi Monti e Letta, dopo non so quante manovre (tre nel solo 2011), dopo una serie di decreti-sviluppo (due solo con Monti), una riforma delle pensioni (Fornero), una riforma del lavoro (Fornero), un decreto del fare (Letta) e quant’altro stiamo ancora in crisi profonda? Solo perché “c’è il bicameralismo”?
b.2) Se il bicameralismo osta alla celere approvazione delle leggi, com’è che è stata celermente approvata tutta la pappardella di provvedimenti di cui sopra? Miracolo soprannaturale (delle maggioranze bulgare)?
b.2) Se il bicameralismo osta alla celere approvazione delle leggi, com’è che è stata celermente approvata tutta la pappardella di provvedimenti di cui sopra? Miracolo soprannaturale (delle maggioranze bulgare)?
Mentre gli Italiani sono presi dalla Nazionale, il Governo li tassa
Venerdì sera di una fine giugno. Ore 18. Sedici milioni di italiani sono piazzati davanti al televisore a tifare - e soffrire - con Mario Balotelli & co.
Intanto al ministero dei Beni culturali Dario Franceschini approfitta della distrazione di cittadini e media per mettere la parola fine a un decreto contrastato e contestato, che da mesi si porta dietro una scia di polemiche infuocate.
Mentre l'Italia è incollata alla tv, il ministro firma il decreto che aggiorna le tariffe per l'equo compenso. Una sorta di battaglia personale che porta avanti dal primo giorno in cui ha messo piede a Palazzo Chigi. In parole povere: ogni volta che compriamo un dispositivo dotato di memoria digitale - e in cui in linea teorica possiamo salvare contenuti protetti da diritto d'autore - una piccola parte dei nostri soldi vengono versati alla Siae per la cosiddetta copia privata.
Una tassa introdotta nel 2003 dopo una direttiva europea (è presente in tutti i Paesi dell'Ue e in alcuni casi con cifre ben più alte delle nostre) e che prevede che le tariffe siano aggiornate ogni tre anni. Nel 2012, però, Monti aveva altro a cui pensare e i governi successivi hanno rimandato la questione. Franceschini no.
domenica 22 giugno 2014
La Verità è questa
Poi ognuno è libero di credere a tutti i burloni di questo Mondo
Il Sistema, quella cosa liquida che include partiti, istituzioni, affari, massoneria e criminalità, in Italia è troppo occupato a erigere fossati, mura, ponti levatoi e quant'altro per preservare la sua esistenza per occuparsi anche di economia, che sta andando a rotoli nonostante i media non ne parlino, tra una corsa di Renzi e una passeggiatina di Napolitano in libera uscita dal Quirinale. L'Italia crolla, lo dicono i numeri, la crisi non è un'opinione. Senza interventi radicali l'Italia è un corpo destinato al collasso, che sarà improvviso. La gente allora si domanderà "Ma se andava tutto così bene? Come è potuto succedere?". Poi scatterà l'ennesima ricerca del colpevole.
Christine Lagarde, direttrice generale dell'Fmi, a Lussemburgo ha detto:
"Se affrontiamo la riduzione del debito pubblico solo con la riduzione del deficit, in un Paese come l'Italia il rapporto debito/Pil scenderebbe di 3 - 4 punti percentuali all'anno, e si arriverebbe al 60% solo nel 2034". Ai posteri l'arduo debito, auguri ai nostri nipotini.
"Se affrontiamo la riduzione del debito pubblico solo con la riduzione del deficit, in un Paese come l'Italia il rapporto debito/Pil scenderebbe di 3 - 4 punti percentuali all'anno, e si arriverebbe al 60% solo nel 2034". Ai posteri l'arduo debito, auguri ai nostri nipotini.
Debito pubblico: nuovo record ad aprile, sale a 2.146,4 miliardi, con un incremento mensile pari a 26,2 miliardi (colpa delle tangenti delle grandi opere pubbliche come il Mose?). Nei soli primi quattro mesi del 2014 abbiamo accumulato un debito pubblico pari a 77 miliardi di euro, una cifra già molto più alta rispetto a quella accumulata in tutto il 2013. Verso l'infinito e oltre.
Ormai la Sovranità del Popolo è un lontano ricordo
DI ROSANNA SPADINI
comedonchisciotte.org
Mentre gli italiani si lasciano piacevolmente distrarre dalla Coppa del Mondo brasiliana (panes et circenses docent), dispersi cuore e mente in quel glorioso caos della competizione calcistica internazionale, nasce una vera e propria “Scuola di lancio di scarpe” contro i potenti della terra, ad opera di Luke Rudkowski, responsabile del sito wearechange.org
http://wearechange.org/coach-rudkowskis-brass-balls-shoe-throwing-academy/
Iscrittami alla scuola e praticando con gioiosa libidine gli allenamenti tutti i giorni, vorrei lanciare una scarpa, anzi uno scarpone da sci (naturalmente sempre serenamente e pacatamente) in testa alle riforme renziane targate Ocse, perché sono una vera pattumiera di menzogne, schifezze e porcherie.
Mentre gli italiani si lasciano piacevolmente distrarre dalla Coppa del Mondo brasiliana (panes et circenses docent), dispersi cuore e mente in quel glorioso caos della competizione calcistica internazionale, nasce una vera e propria “Scuola di lancio di scarpe” contro i potenti della terra, ad opera di Luke Rudkowski, responsabile del sito wearechange.org
http://wearechange.org/coach-rudkowskis-brass-balls-shoe-throwing-academy/
Iscrittami alla scuola e praticando con gioiosa libidine gli allenamenti tutti i giorni, vorrei lanciare una scarpa, anzi uno scarpone da sci (naturalmente sempre serenamente e pacatamente) in testa alle riforme renziane targate Ocse, perché sono una vera pattumiera di menzogne, schifezze e porcherie.
Dato l’attivismo ciarlatano dei mezzi di distrazione di massa e grazie al servilismo spudorato dei tanti sedicenti “giornalisti” servi, domestici a ore del Gruppo Bilderberg, pochi italiani hanno capito qualcosa, ma molti non hanno capito una beneamata mazza di niente (consentitemi qualche sfacciata fruizione di licenza poetica, ma quanno ce vo', ce vo' (Trilussa).
Infatti queste “riforme” in corso da vent’anni a questa parte nell’area Ocse, quelle che tanto ci hanno richiesto l’Europa, il Fmi, il Colle, la Bce, Goldman Sachs, J.P.Morgan, ora stanno per essere impalmate e realizzate dal giovanotto rottam’attore per eccellenza, non votato da nessuno, ma imposto al governo dell’Italia appunto da quei poteri fortissimi nominati or ora, il quale non ha alcuna intenzione di rottamare il vecchio modo di fare politica, corrotto e truffaldino, ma che sta per rottamare definitivamente diritti democratici, welfare state, lavoro, reddito e benessere sociale.
I ladri spolpano il paese e gli italiani credono a un bugiardo
Il Mose di Venezia, la ricostruzione dell’Aquila, l’Expo di Milano, il villaggio della Maddalena, il sistema Sesto (San Giovanni), gli scandali della protezione civile, le mangerie sulla sanità e sui rifiuti nel meridione e nel Lazio, le ruberie sulla Tav e le porcate nei consigli regionali di mezza Italia (tutti quelli su cui si indaga), gli sprechi nei palazzi siciliani: «Tutto questo mostra che gli apparati dei partiti politici e della burocrazia sono strutturalmente dediti a queste cose, che la politica e l’amministrazione vivono di questo». Accusa Marco Della Luna: «La partitocrazia equivale alla mafia: controllo del territorio, lavoro, istituzioni, spesa pubblica». Grazie all’apparato dei partiti, è inevitabile che da noi le opere pubbliche costino il doppio o il triplo. Ed è infantile sperare in qualche politico salvatore della patria: «Qualsiasi premier, qualsiasi statista politico poggia per il potere e per la fiducia in Parlamento su quegli apparati di partito e di burocrazia, che non lo appoggerebbero se egli impedisse i loro traffici».
Affarismo generalizzato, sistemico. «Irrazionale è anche pensare che la magistratura di un cosiffatto paese possa risanare il sistema», scrive Della Luna nel suo blog. Il potere giudiziario può colpire singoli imbrogli, non il sistema. Prima di Tangentopoli, la giustizia non interveniva. «Si è mossa solo nel ’92 a seguito del Britannia Party, quando si trattò di arrivare ad altri scopi, soprattutto coprire operazioni di svendita del paese», la super-privatizzazione per la quale fu cooptato Mario Draghi. Dal “sistema”, inoltre, non sono esenti spezzoni della magistratura: dopo lo scandalo Mose, lo stesso Cacciari ha rivelato di aver a suo tempo «presentato un dossier su questo scandalo in una pubblica seduta della Corte dei Conti, senza raccogliere interesse». E un giudice di questa stesa Corte «ha denunciato di aver redatto un rapporto sulle mangerie del Mose già nel 2009, ma di essere stato semi-silenziato da un superiore». Piove sul bagnato: «Gli uomini della casta si riciclano sempre tra di loro, e smettono solo se muoiono». I “Compagni G” sono inarrestabili, «non li fermi con l’interdizione dalle attività pubbliche, ma solo rinchiudendoli a vita», perché «agiscono sott’acqua e non hanno bisogno di assumere cariche pubbliche».
sabato 21 giugno 2014
Neutralizziamo il Regime Renziano
di Giorgio Cremaschi
Dobbiamo deludere il Presidente del Consiglio. Anche se ha rinviato il vertice europeo sulla disoccupazione a Torino per non avere la manifestazione contro, saremo in piazza comunque il 28 giugno a Roma per contestare il suo semestre di presidenza UE. Perché il rinvio del summit dimostra solo la maggiore astuzia di Renzi rispetto ai suoi predecessori, non certo che pratichi una diversa politica economica. Anzi.
Quanti disoccupati produrrà la sciagurata privatizzazione della Fincantieri, che sinora proprio perché pubblica ha permesso all’Italia di essere competitiva nella costruzione delle grandi navi, assieme alla Germania? Vogliamo parlare della privatizzazione di Ilva Telecom Italtel Alitalia, dei disastri che hanno prodotto in tutte le direzioni senza un centesimo di guadagno, anzi con gigantesche perdite, per lo stato? Vogliamo parlare dello scandalo della Fiat delocalizzata e che fugge il fisco, con il governo muto e complice?
Quanti nuovi disoccupati e precari produrrà la cosiddetta riforma della pubblica amministrazione che, dietro la misura demagogica del taglio dei permessi sindacali (che alla fine sarà un boomerang per i suoi autori perché rafforzerà chi lotta sul serio), dietro la propaganda attua il taglio lineare del personale e la deresponsabilizzazione pubblica nella catena degli appalti?
E soprattutto quanti disoccupati produrrà la continuazione delle politiche di austerità che già ora hanno creato 7 milioni di senza lavoro? E non si venga a dire che gli 80 euro sono una rottura di questa politica. Chi fa credere questo è in totale malafede. Quell’assegno è stato concordato tra Renzi e Merkel per indorare la pillola del rigore alla vigilia delle elezioni, e verrà restituito con gli interessi, con le tasse i ticket e i tagli ulteriori alla spesa sociale.
Dobbiamo deludere il Presidente del Consiglio. Anche se ha rinviato il vertice europeo sulla disoccupazione a Torino per non avere la manifestazione contro, saremo in piazza comunque il 28 giugno a Roma per contestare il suo semestre di presidenza UE. Perché il rinvio del summit dimostra solo la maggiore astuzia di Renzi rispetto ai suoi predecessori, non certo che pratichi una diversa politica economica. Anzi.
Quanti disoccupati produrrà la sciagurata privatizzazione della Fincantieri, che sinora proprio perché pubblica ha permesso all’Italia di essere competitiva nella costruzione delle grandi navi, assieme alla Germania? Vogliamo parlare della privatizzazione di Ilva Telecom Italtel Alitalia, dei disastri che hanno prodotto in tutte le direzioni senza un centesimo di guadagno, anzi con gigantesche perdite, per lo stato? Vogliamo parlare dello scandalo della Fiat delocalizzata e che fugge il fisco, con il governo muto e complice?
Quanti nuovi disoccupati e precari produrrà la cosiddetta riforma della pubblica amministrazione che, dietro la misura demagogica del taglio dei permessi sindacali (che alla fine sarà un boomerang per i suoi autori perché rafforzerà chi lotta sul serio), dietro la propaganda attua il taglio lineare del personale e la deresponsabilizzazione pubblica nella catena degli appalti?
E soprattutto quanti disoccupati produrrà la continuazione delle politiche di austerità che già ora hanno creato 7 milioni di senza lavoro? E non si venga a dire che gli 80 euro sono una rottura di questa politica. Chi fa credere questo è in totale malafede. Quell’assegno è stato concordato tra Renzi e Merkel per indorare la pillola del rigore alla vigilia delle elezioni, e verrà restituito con gli interessi, con le tasse i ticket e i tagli ulteriori alla spesa sociale.
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