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giovedì 12 giugno 2014

Vergogna Renzi: un nuovo scudo fiscale è alle porte

Se da un lato il premier Renzi tuona a parole contro la corruzione politica, dall’altra il suo governo pare abbia pronto un nuovo scudo fiscale. In molti negano ma un maxi emendamento in Parlamento parla di "voluntary disclosure", modo gentile e camuffato per un ennesimo colpo di spugna nei confronti degli esportatori illegali di capitali.

di Alfonso Gianni
In una recente intervista, tra le pluriquotidiane rilasciate da quando è insediato, il Presidente del consiglio Matteo Renzi, in questo caso parlando nel ruolo di segretario del Pd, ha dichiarato che andrebbero cacciati a calci nel culo coloro che si fanno corrompere nell’esercizio delle loro funzioni pubbliche. Riferendosi anche ai membri del suo partito colti con le mani nella mazzetta. L’espressione non era raffinata, ma, si potrebbe dire, quando ci vuole, ci vuole! Peccato che contemporaneamente indiscrezioni giunte alla stampa solitamente bene informata, ci rivelino l’esistenza del testo in definizione di un decreto che attuerebbe un nuovo maxicondono per favorire il rientro dei capitali trafugati all’estero. Un nuovo scudo fiscale.

Che ci sia ognun lo dice, di chi sia nessun lo sa. Come al solito la notizia è stata accompagnata da diversi non so, più che da vere e proprie smentite. Il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, cui spetterebbe la titolarità della materia, dichiara di non saperne nulla. Qualcuno del suo entourage suggerisce maliziosamente di cercare dalle parti della ministra dello Sviluppo Economico Federica Guidi. In fondo non è stata proprio lei, intervenendo recentemente all’assemblea annuale della Confindustria a nome del governo, a dichiarare che bisogna smetterla di criminalizzare il profitto?! Ma sì, proprio lei, come titolava il Sole24Ore con malcelata soddisfazione. La materia non sarebbe di sua competenza, ma si sa tra ministri ci si aiuta, tanto più che la scusa per il condono è che i capitali rientrati in Italia vengano reinvestiti nelle aziende e quindi la cosa verrebbe presentata come una norma a favore dello sviluppo economico del nostro paese.

Quello che è certo in questa intricata faccenda, dove in troppi si sottraggono alle loro dirette e specifiche responsabilità, è che in Commissione finanze alla Camera è stato depositato un maxiemendamento al disegno di legge 2247 del governo, da parte del relatore Giovanni Sanga del Pd, che condenserebbe una discussione partita dalla normativa presente in un altro provvedimento, il decreto legge 4 del 2014, scaduto a marzo.

Naturalmente tutti affermano che non si tratta di un condono. Al punto che per definirlo si fa ricorso a una terminologia inglese: voluntary disclosure, che più o meno si potrebbe tradurre come “rivelazione volontaria”. Rivelazione del “nero” trafugato all’estero, si intende. Il maxiemendamento in questione già comprende l’allargamento della non punibilità all’omesso versamento di ritenute e a quello dell’Iva; l’estensione della non punibilità e delle riduzioni di pena per i professionisti intermediari ovvero verso tutti coloro che hanno commesso o concorso a commettere l’evasione internazionale; la forfetizzazione del calcolo dei rendimenti per gli importi minori (la cosiddetta minivoluntary); la possibilità di dichiarare anche capitali che sono occultati in Italia, con conseguente tana libera alla emersione “scontata” di quanto contenuto in cassette di sicurezza e di investimenti in oro e altri preziosi.

Il pezzo forte del maxiemendamento sarebbe poi costituito dal nuovo atteggiamento da tenersi verso i paesi black list, ovvero quelli che si comportano a tutti gli effetti come paradisi fiscali. Tra questi c’è la Svizzera ove si calcola che abbia trovato asilo ben più dell’80% del capitale in nero in fuga dal nostro paese. Il diritto di asilo per i proventi da illeciti finanziari come si sa è ben garantito, a differenza di quello per le persone in fuga dalla fame e dalle guerre. I capitali che rientrano da quei paesi verrebbero gratificati da un sostanzioso sconto sulle sanzioni, ridotte al 3% sull’ammontare degli importi, purché il paese di provenienza abbia stipulato un accordo con l’Italia per quanto riguarda lo scambio di informazioni fiscali entro il settembre 2014.

Come si ricorderà la ricerca di un’intesa con la Svizzera per sottoporre a tassazione i capitali là nascosti è un vecchio leitmotiv delle promesse degli ultimi governi. Quante volte abbiamo sentito parlare di febbrili, quanto segrete e interminabili trattative in corso fra Roma e Berna su questo tema. Senza mai approdare a nulla, naturalmente. Almeno fino ad oggi. L’astuto Renzi ha capito che per chiudere la partita deve ungere le ruote del meccanismo e quindi gli è necessario e funzionale ricorrere ad una ulteriore pressione nella forma di scudo fiscale per i capitali che rientrano. Peccato che per fare tutto ciò punisca e mortifichi, al pari, se non peggio, dei suoi predecessori, la fedeltà fiscale dei cittadini onesti.

Ma le indiscrezioni circolate in queste ore sembrano indicare che il testo del maxiemendamento sia considerato troppo blando in quel di palazzo Chigi. Del resto gli emendamenti e soprattutto i maxiemendamenti – ulteriormente emendabili se il governo non ha interesse a porre subito la fiducia e se decide che il senso degli emendamenti risponde ai propri fini – sono un perfetto apriscatole tra i più usati nella tattica parlamentare. Non sempre il governo può infatti assumersi in prima persona la paternità di operazioni impopolari, troppo disinvolte rispetto all’etica più elementare e alle proprie stesse dichiarazioni di principio che in questo campo non mancano mai e vengono regolarmente contraddette. 

In casi come questi, frequenti in materia finanziaria e fiscale, ovvero riguardanti la difesa della ricchezza privata, basta organizzare qualche parlamentare della maggioranza che presenta emendamenti che allargano ulteriormente le maglie di provvedimenti già molto generosi e il gioco è fatto. Se si vuole essere sicuri, solo a quel punto scatta l’apposizione della questione di fiducia, includendovi i nuovi “generosi” emendamenti, e il governo porta a casa il bottino magari senza essersi troppo sporcate le mani con un imbarazzante decreto legge.

Così si potrebbe arrivare a soluzioni ancora più favorevoli agli esportatori illegali di capitale, se nelle aule parlamentari non si verificherà un qualche sussulto legalitario in difesa non solo dell’erario dello Stato, ma soprattutto della fedeltà fiscale di chi le tasse le paga fino all’ultimo centesimo. Ma se questo non dovesse accadere non ci sarebbe da stupirsi che, con la scusa di convincere gli imprenditori a re-investire nelle proprie aziende, giungessimo ad annoverare l’ennesima mostruosità giuridica tale da cancellare la punibilità non solo delle omissioni nelle dichiarazioni, ma anche delle vere e proprie frodi fiscali e dei reati di falso, dalla scrittura privata al falso pubblico, fino all’occultamento e distruzione di documenti contabili e al falso in bilancio. 

E’ questo il gioco in atto? Da qui lo scaricamento di barile tra Padoan e la Guidi? Difficile dirlo con certezza. Ma una cosa è sicura: governo che vai condono che trovi. Non basta l’inglese a mascherare la sostanza della questione. D’altro canto anche nel nostro paese sta per entrare in vigore con la fine dell’estate il nuovo Sistema europeo dei conti (SEC 2010), che permette di includere nel calcolo del Pil anche il volume di affari proveniente dal commercio della droga e dalla prostituzione. Tutto fa brodo per fingere che l’economia sia in crescita, malgrado siamo in recessione. Persino includere esplicitamente anche l’economia criminale e “scudare” i suoi proventi trafugati all’estero. Pecunia non olet. Lo sterco del diavolo è inodore. Specie se ci si tappa il naso.

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