Elezioni, i candidati si pagano la poltrona. Pd chiede 35mila euro, 25mila per il Pdl
Il Popolo della libertà li vuole in unica soluzione, al Partito democratico vanno bene anche a rate. Il "balzello" viene fatto pagare ai primi sei nella lista al Senato e i primi nove della Camera. Contributi a tranche anche nella Lega Nord. Berselli (Pdl): "Con il Porcellum non si sostengono costi individuali per l campagna. Per questo pagano tutti con il sorriso sulle labbra"
Un gettone d’ingresso per diventare parlamentare. È quello che chiedono il Pd e il Pdl ai loro candidati. E più precisamente ai primi sei nella lista al Senato e i primi nove della Camera. Quasi fosse un balzello, un pegno da pagare perché tanto quei soldi, a spese dei contribuenti, rientreranno attraverso lo stipendio. La differenza della pratica bipartisan sta solo nelle cifre: il Pdchiede 35mila euro, il Pdl 25mila. Ma la differenza è anche nel metodo di pagamento: i berluscones pretendono che la somma sia cash e assolutamente anticipata, nel partito di Bersani c’è invece la possibilità di rateizzare la cifra. Più alta, ma pagata nei mesi di mandato attraverso una detrazione dallo stipendio di deputato a favore del partito.
NON NE FANNO uno scandalo gli aspiranti onorevoli che lo chiamano “contributo alla campagna elettorale”. “Ciascuno di noi versa la stessa cifra, poi ovviamente se non vieni eletto ti viene restituito fino all’ultimo centesimo”, chiarisce il Carlo Giovanardi, che alle prossime politiche corre per il Senato, dietro a Silvio Berlusconi e ad Anna Maria Bernini. Un gigante del partito, mai messo in discussione e che ha precisato che per fare il parlamentare occorre soprattutto“esperienza”. Giovanardi, che nell’ultimo governo Berlusconi è stato sottosegretario, è deputato dal 1992. La bellezza di 21 anni. E un seggio sicuro anche alle prossime elezioni. Nonostante le posizioni omofobe più volte espresse, sino alla negazione dell’Olocausto per i gay pronunciata proprio nella Giornata della memoria.
“Paga solo chi si trova in cima alla lista e che quindi ha buone chance di essere eletto, sicuramente non quelli in seconda fascia”, spiega Filippo Berselli, senatore e coordinatore del Pdl in Emilia Romagna, entrato in Parlamento la prima volta 30 anni fa con l’Msi. Berselli, a sorpresa, non sarà candidato. Ma lui l’ha presa con filosofia, e difende il partito e il gettone d’ingresso . “Non vuol direpagarsi il posto - spiega – ma fare un investimento, che, se si tiene conto degli stipendi da parlamentari, non è poi così elevato. In fondo, prima del Porcellum, quando c’era ancora il sistema con le preferenze, ognuno per guadagnarsi i voti doveva tirare fuori i soldi per spot, cartoline, santini, cartelloni e manifesti, andando a sborsare molto di più. Per questo oggi pagano tutti con il sorriso sulle labbra”. E se non dispongono subito di quella cifra? “Se la fanno prestare. Ne troveranno a bizzeffe di finanziatori. La pratica è stata introdotta nel 2006, non ci sono mai stati problemi”. Berselli ironizza, ma nel suo partito, un altro escluso illustre, Fabio Garagnani, non ha preso bene la mancata candidatura : “Io avevo già pagato i 25mila euro e non mi hanno messo in lista”. Garagnani, perché non sollevasse un caso, dopo tre giorni è stato rimborsato fino all’ultimo centesimo.
UN SISTEMA diventato ormai una tradizione. “Diamo una mano al partito dai tempi del Pci – racconta Andrea De Maria, candidato alla Camera dopo aver sbancato alle parlamentarie di Bologna con oltre 10mila preferenze – Qui in Emilia Romagna la somma richiesta è 35mila euro, da versare nei cinque anni di legislatura con un prelievo dalle indennità da parlamentari. Non c’è niente di male”. Nel partitone potrebbe essere concesso uno strappo alla regola ai candidati più giovani e con meno disponibilità. Probabile che Bersani conceda loro uno sconto. “Quello che mi chiederanno verserò, sono le regole e le rispetto” dice convinto Enzo Lattuca, classe 1988, enfant prodige del Pd alle prossime elezioni. “Al limite chiederò un prestito un banca. Non credo incontrerò difficoltà”. Contributi a rate anche nella Lega Nord. Secondo quanto raccontato alla Procura di Forlì dalla ex-segretaria di Umberto Bossi Nadia Dagrada, dal 2000 il Consiglio federale del Carroccio obbliga i candidati a pagarsi il seggio in Parlamento, facendo firmare un’impegnativa davanti al notaio. L’accordo prevede 2000 euro al mese alla prima elezione, e 2400 euro alla seconda, da versare nei 60 mesi di legislatura.
di Emiliano Liuzzi e Giulia Zaccariello
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