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martedì 24 giugno 2014

Renzi gattopardo: dopo gli indizi, le prove

di Pierfranco Pellizzetti

Agata Christie diceva che tre indizi fanno una prova. Di conseguenza – secondo la celebre giallista – risulterebbe ampiamente dimostrato che Renzi non è altro che un mentitore cronico in sfrenata fregola di potere. Difatti: 1) “Enrico stai sereno” (immediatamente dopo sgarrettato), 2) “mai farò il premier senza essere eletto” (difatti!), 3) “realizzeremo una riforma al mese” (mai vista ad oggi neanche una…).

Eppure, quando in questo blog si opinava a proposito della vera natura del premier “che va di fretta”, moltitudini in crescita esponenziale, folgorate sulla via di Damasco all’altezza di Rignano sull’Arno da una luce che ripeteva Matteo, Matteo, si scandalizzavano davanti a cotanta miscredenza e inveivano pretendendo “la prova provata”. Ossia – come dicono negli USA – “la pistola fumante”.

Ebbene – gentili commentatori di fede governativa a prescindere – ora ce l’avete la pistola fumante; intesa come l’immunità concessa ai senatori prossimi futuri.

Non è questione di pensare bene o pensare male, quanto di leggere il senso delle cose.
Difatti non si capisce il significato intrinseco del renzismo, ossia il caso di un giovanotto superbioso che si arrampica evidentemente sugli specchi, antipatico a tutti ma a cui tutti vogliono accodarsi, se non si comprende il patto tacito che motiva e giustifica la sua ascesa: essere l’ultima spiaggia per un ceto politico sotto minaccia di liquidazione. 


In altre parole, l’offerta agli screditati reggimenti della politica italiana in rotta e la messa a disposizione di tecniche illusionistiche che ricompattano il fronte e promettono alla truppa nuove vittorie (di Pirro). Magari tecnicalità vecchie di decenni (il blairismo anni Novanta; i trucchetti da aula di formazione delle slides sbarazzine e degli slogan “a effetto” predisposti dagli spin-doctor), ma che funzionano presso le platee di un Paese ormai in ritardo cronico.

Se così non fosse, allora risulterebbe incomprensibile questa pagliacciata del Senato spacchettato e poi riconfezionato con il personale degli enti territoriali. Ossia i luoghi della politica dove attualmente si condensa il massimo del malaffare; micro (le truffe miserevoli sui rimborsi spese) e macro (dall’Expo milanese alla Cassa di Risparmio genovese, ai lavori idraulici nella laguna veneziana; alla prossima sentina fetida scoperchiata).

Mentre l’odierna Mani Pulite di questa Tangentopoli bis colpisce le male erbe periferiche, la mossa del governo dell’one-man-show rassicura i nuovi corrotti/concussi: ancora una volta saranno bloccate le indagini rendendo intoccabili i sindaci e i consiglieri regionali “amici”. Il tutto presentato sotto le spoglie dell’efficientamento risparmioso.

Una trovata brillante, che rinsalda l’alleanza tra Renzi e quella politica che un tempo fingeva di voler rottamare, per farsi largo a gomitate e scalare a rotta di collo i gradini del cursus honorum; come geniale era stata la mossa di rinverdire il voto di scambio sotto forma di mancia in busta paga.

Le ministre “angelicate” alla Maria Elena Boschi sgranano gli occhioni giurando di non sapere nulla, come le celebri scimmiette. E forse è pure vero. Come è vero che l’amico di Verdini e dell’imprenditoria del lusso sul pacchiano (automobilistico, alimentare e straccetto firmato), il rampante Renzi ha sempre dimostrato di sapere perfettamente dove il potere sta. E di tenerne adeguatamente conto.

Per questo oggi tutti i potentati e gli aspiranti tali, compresi i carrieristi con strapuntino a sinistra (ecologico e libertario), corrono a perdifiato a raccogliersi sotto il suo stendardo (giglio e forchetta iconicizzati sullo schermo dell’i-Pad?) che garrisce al vento fittizio del cambiamento.

Quindici anni fa Pierre Bourdieu sosteneva che l’ultima rivoluzione da fare era la guerra di liberazione dal clero di partito.
La restaurazione in atto, con tutte le sue mosse, mossette e simulazioni varie, conferma che la stagione in corso è – semmai – intimamente controrivoluzionaria.

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