Qui la notizia: http://m.huffingtonpost.it/2017/12/07/pier-carlo-padoan-guarda-il-bicchiere-mezzo-pieno-e-da-il-via-libera-alla-riforma-juncker-sul-fiscal-compact_a_23300613/
Prima di leggere il presente articolo, è necessario leggerne uno precedente che ho scritto e pubblicato pochi giorni fa su questo blog: http://lacostituzioneblog.com/2017/12/06/attenzione-a-bruxelles-si-sta-discutendo-se-inserire-il-fiscal-compact-nei-trattati-europei-di-giuseppe-palma/
Diritto originario o diritto derivato? Ecco come ci stanno fregando.
La situazione ha dunque avuto un’evoluzione. Il Fiscal Compact – vale a dire pareggio di bilancio, zero spesa a deficit e riduzione sistematica a ritmi serrati del debito pubblico – non entrerà più nel diritto originariodell’Ue (cioè nei Trattati) bensì nel diritto derivato.
Probabilmente attraverso una Direttiva, cioè un atto giuridico dell’Unione europea che – prima di trovare applicazione – necessita di essere recepita dagli Stati membri a seconda delle procedure dettate da ciascuna Costituzione nazionale. In Italia avviene attraverso una legge ordinaria.
Il fatto che il Fiscal Compact non entri nei Trattati europei significa una cosa sola: non dover un domani ricorrere necessariamente alla modifica dei Trattati per togliere di mezzo uno scempio del genere. Ma la sostanza non cambia. Una Direttiva produce effetti diretti e vincolanti nei confronti degli Stati membri, seppur attraverso un controllo da parte dello Stato stesso per effetto della procedura interna di recepimento.
Ma c’è il trucco (per fregarci).
Molto probabilmente si tratterà di una particolare tipologia di Direttiva Ue, la cosiddetta direttiva self–executing, cioè sufficientemente dettagliata nei contenuti a tal punto da non necessitare di alcun provvedimento di recepimento da parte dello Stato membro. Essa inciderà direttamente nella sfera giuridica del singolo cittadino e di ciascun singolo Stato, senza alcun procedimento interno di recepimento.
Esiste un problema (per loro).
Gli atti giuridici del diritto derivato dell’Ue (su tutti direttive e regolamenti) devono essere conformi – nell’ambito della scala gerarchica delle fonti del diritto europeo – al diritto originario dell’Unione, cioè ai Trattati europei. Se questi – da Maastricht a Lisbona – prevedono per gli Stati membri una possibilità di indebitamento nel rapporto deficit/Pil nella misura del 3% annuo, il Fiscal Compact introdotto nel diritto europeo attraverso una direttiva, prevedendo zero spesa a deficit e quindi pareggio di bilancio, collide aspramente coi Trattati stessi. Poi ci ubriacano col fatto che ci sarà flessibilità, ma, fosse anche vero, sarà minima e dovremo elemosinarla facendocela concedere col cappello in mano e rispettando chissà quali e quante condizioni capestro.
C’è tempo fino al 2019. Se la prossima maggioranza parlamentare fosse anch’essa schiava o a servizio degli indicibili scopi dell’Ue, per l’Italia non ci sarà scampo.
A tal proposito mi auguro che il Parlamento si ricordi, un attimo prima di recepire quella direttiva-scempio (sempre che non sia self-executing) dei così detti “contro-limiti“, cioè di quella linea del Piave disegnata dalla Corte costituzionale: il diritto internazionale ed europeo trova nei Principi Fondamentali dell’Ordinamento costituzionale e nei diritti inviolabili della persona un limite invalicabile all’ingresso nel nostro ordinamento giuridico (Corte costituzionale, sentenza n. 238/2014, preceduta – sul medesimo argomento – dalla sentenza n. 284/2007).
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Per maggiore completezza sia nell’esposizione che sui contenuti dell’argomento, leggete ora questo interessante articolo sul pareggio di bilancio a firma mia e di Paolo Becchi pubblicato su Libero di ieri, 8 dicembre: http://lacostituzioneblog.com/2017/12/08/abrogazione-del-pareggio-di-bilancio-in-costituzione-il-centrodestra-ne-faccia-una-priorita-di-giuseppe-palma-e-paolo-becchi-su-libero/
Ringrazio l’economista ed amica Ilaria Bifarini per avermi avvisato su quanto sta accadendo in questi giorni a Bruxelles in merito al Fiscal Compact, la prima ad aver sollevato il problema sui social.
Fonte: La Costituzione Blog
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