di Giorgio Santoriello
Nel 2011 due valenti dipendenti dell’Arpab fecero il loro lavoro, documentando la contaminazione delle falde a ridosso del Centro Oli Val d’Agri (Cova): sforamenti pesanti e continui per i parametri di ferro, manganese, solfati ed episodicamente benzene e toluene. Da allora Eni ed Arpab cosa hanno fatto per contenerlo e per escludere che quei contaminanti da sotto il Cova finissero nel fiume Agri e nella diga del Pertusillo? Sembra nulla anzi, Arpab ammette che gli unici piezometri esistenti sono solo a ridosso del Cova mentre i pozzi ne sarebbero sprovvisti.
Nel piezometro PZ1, a ridosso del Centro Oli, per quasi tutto il 2012 il manganese, neurotossico, è stato al di sopra della soglia di legge con il ferro che ha sforato i limiti in agosto. Nel piezometro Pz3 per 11 mesi su 12 si ha lo sforamento sempre del manganese per quasi tutto l’anno e sempre in agosto del ferro. Ad ottobre 2012 si affaccia nelle falde anche il mercurio con 0,2 mcg/l (valore si sotto soglia ma il mercurio in falda a 3 km dalla diga è un problema) ed anche il nichel fa la sua comparsa ed inizia ad essere una presenza costante ma sottosoglia. Nel PZ3 si registrano tre sforamenti anche per i solfati. Del piezometro PZ2 meglio non parlarne, infatti ci sono i dati solo di due mesi per i quali è tutta nella norma. Invece nel PZ4 oltre a sforamenti per i solfati che nel luglio 2012 arrivano a 534 mcg/l ( il limite è 250 ) appaiono nelle falde in diversi mesi: mercurio, piombo, vanadio e cromo esavalente. I “tuttapostisti” diranno giustamente che sono solo tracce, è vero, tracce che accumulandosi ogni giorno lasciano certezze nell’ambiente e nel corpo, ossia quella di una terra a legalità zero.
Cosa aspetta la magistratura a punire le violazioni e le omissioni? Stando ai dati Arpab ed ai riferimenti di legge del caso, art. 242 del dlgs. 152/06, Eni ad oggi, con alla mano i dati della contaminazione di falda già riscontrata nel 2011 e proseguita nel 2012, sembra non abbia svolto le indagini e tutte le misure volte a determinare e contenere la contaminazione, un po’ come Edf per Fenice. Nell’attesa di capire e ponderare si continua ad inquinare. Come al solito non vengono ricercate una marea di sostanze, la maggior parte delle quali l’Arpab (ed Eni) dovrebbero rilevare per legge: dai clorobenzeni alla somma benzo-fluorantene (quest’ultimo trovato nel Pertusillo da Arpab e non cercato nei piezometri per 7 mesi), dalle diossine-furani ai pcb, dalla radioattività ai composti organo alogenati tutte sostanze che potrebbero derivare dalle lavorazioni in essere nel centro oli di Viggiano. Mai ricercati gli inquinanti inorganici (boro, cianuri, fluoruri, nitriti), come anche gli alifatici clorurati cancerogeni, né gli alogenati, né i nitrobenzeni né le celebri ammine aromatiche. L’Arpab sta da anni violando il dlgs.152/06: non ricercano nelle falde lucane le sostanze che la legge impone di misurare.
I pozzi Eni in Val d’Agri non hanno una rete piezometrica pubblica di controllo. Stando al parere del dott. Masotti, ex responsabile dell’ufficio suolo e rifiuti del Dipartimento Provinciale di Potenza, che consiglia di consultare in merito anche altri uffici agenziali: “non risulta ad oggi, 4 maggio 2015, la predisposizione di alcuna rete piezometrica pubblica presso i pozzi Eni e Total produttivi e non”. Quindi attività altamente impattanti come quelle petrolifere non hanno per le falde una rete di monitoraggio pubblica autonoma. Come per le centraline dell’aria a ridosso del Cova e come per la condotta di Costa Molina 2, quei pochi dati che il pubblico ha li prende da centraline piazzate o in punti non strategici (sopravento o defilate quando accese) oppure chiede ad Eni e Total il permesso per campionare da piezometri di loro proprietà, preavvisandoli anche col dovuto anticipo. L’affare petrolifero lucano, tra le tante violazioni di legge e delle relative AIA, sta andando avanti senza che il pubblico abbia accesso alle falde, le acque sotterranee di proprietà statale sono diventate appetitose discariche private, parte del vero core-business ossia il risparmio sullo smaltimento e la sicurezza ambientale. Senza piezometri pubblici come potranno i lucani provare l’inquinamento delle falde? Eppure a pag. 63 dell’AIA del Cova è riportato nella tabella dei piani di monitoraggio la voce: misure piezometriche quali/quantitative. Chi le ha mai viste? Eni sta violando l’AIA del centro oli ed Arpab e Dipartimento Ambiente lo permettono? Senza piezometri pubblici la Regione come può punire la contaminazione? Chi ha rilasciato l’Aia ne sta permettendo la violazione al contempo?
Altro che standard di qualità, Eni e Regione stanno violando le leggi di tutela delle acque.L’installazione di una rete piezometrica di salvaguardia dei corpi idrici e relativo stato quali/quantitativo era legge dal dlgs. 152/99, poi esteso dalla direttiva 2000/60/CE, nonché eredità inclusa nel dlgs. 152/06 più tutti gli aggiornamenti europei in materia di conservazione dello stato di qualità delle acque. Proprio entro il 2015 dovremo fornire alla UE numerose risposte e dati in materia di stato qualitativo dei corpi idrici, report che presuppone mezzi e conoscenze che ancora oggi non possediamo in Basilicata a partire da un piano regionale di tutela dei corpi idrici che è l’ennesima violazione di legge in quanto previsto dal dlgs. 152/06.
Fenice ha il doppio dei piezometri rispetto al Cova, eppure è estesa la metà. Chi scrive le Aia in Regione Basilicata dovrebbe essere personalmente chiamato a risponderne, al pari di chi le Aia le ha votate con delibere di giunta. Il termovalorizzatore Fenice di San Nicola di Melfi, che occupa un’area di 85.700 mq ha ad oggi, dopo l’inquinamento conclamato, 9 pozzi di sorveglianza per le falde, il Cova di Viggiano esteso oltre 170.000 mq, ne ha 4 e a differenza di Fenice sembra non abbia al momento alcuna barriera idraulica quindi senza uno studio idrogeologico chiaro e puntuale, nulla esclude che la contaminazione di falda sottostante il Cova sia migrata in questi anni verso l’Agri o il Pertusillo.
Il dirigente Dott. Salvatore Lambiase è diventato controllore di sé stesso. Cervellotica e spietata la strategia messa in atto in materia di sorveglianza delle Aia. Infatti con decreto del 12/12/2014, Pittella ha nominato l’autore delle Aia in questione a “sorvegliante” delle eventuali violazioni alle stesse con poteri di sanzione amministrativa in caso di violazione: vale a dire affidare il rispetto delle regole ambientali a chi negli atti ha dimenticato di citarle, in poche parole abbiamo affidato le pecore al lupo? Lambiase si è interrogato sull’origine della contaminazione di falda presso il Centro Oli di Viggiano? Se nell’Aia è riportato che acque meteoriche o reflue all’interno dell’impianto sono perfettamente isolate dall’ambiente esterno allora metalli ed idrocarburi come ci sono finiti nelle falde? Se Lambiase non fosse all’altezza dell’incarico assegnatogli quale prezzo dovrà pagare la Basilicata?
Eni pensa a dipingere le mura esterne del Cova, dopo aver "dipinto" le falde. Mentre l’Arpab è alla deriva completa ed i laboratori di Matera non hanno i mezzi neanche per analizzare anioni e cationi nelle acque, la Regione ignora non soli i controlli ma anche la prevenzione, infatti per il Cova sarebbe a questo punto doverosa una barriera idraulica che salvaguardi Agri e Pertusillo, insomma sembra si stia ripetendo la storia di Fenice. In campo ambientale dovremmo avere un database aperto ed esteso invece all’Arpab non funziona neanche il protocollo, infatti le richieste d’accesso agli atti a mezzo Urp – online vengono protocollate anche oltre il mese dalla data d’invio. Nonostante manchino ancora accreditamento, albo fornitori, anagrafe presenze ed un protocollo elettronico il direttore Schiassi “era diventato” vice – direttore addirittura dell’Asso Arpa, ossia dell’associazione nazionale delle varie arpa, un organismo con sfumature volte più all’autotutela delle agenzie stesse che alla tutela dell’ambiente e del cittadino. Raggiunti i vertici nazionali dell’ambiente in Basilicata il monitoraggio ambientale continua a far acqua da tutte le parti ed oggi scopriamo che con lo Sblocca Italia alla porta in Basilicata non esistono piezometri pubblici a ridosso dei pozzi Eni in produzione: la paventata impreparazione assume sempre più le fattezze del biocidio.
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