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giovedì 2 luglio 2015

Di Battista: “ Il M5S sta con Tsipras, Renzi con gli strozzini ”

Il parlamentare M5S andrà ad Atene il prossimo 5 luglio per sostenere il governo di Syriza: “È un momento storico di democrazia”. La rottura con le Istituzioni? “Era inevitabile, hai a che fare con gli strozzini”. Non crede che l’Europa si possa riformare: “Non te lo permettono”. E sulle posizioni filo-Merkel di Renzi è categorico: “È l’espressione della Troika”

intervista ad Alessandro Di Battista di Giacomo Russo Spena

“La rottura era inevitabile, questa Europa non si può riformare dall’interno e ora bisogna sostenere la battaglia referendaria di Alexis Tsipras”. Diretto, schietto, sicuro di sé. Come sempre. Alessandro Di Battista, pasdaran del M5S, parteciperà alla delegazione, capeggiata da Beppe Grillo, che andrà ad Atene per il referendum del 5 luglio: “È un momento storico di democrazia”. E sull’esito del voto: “Che sia il popolo greco a decidere il proprio futuro è già una vittoria”. 

Dopo mesi di trattative, siamo giunti alla consultazione di domenica dove i greci decideranno se accettare o meno le nuove misure economiche imposte da Bruxelles. È l’apice dello scontro tra Istituzioni e il governo ellenico. Ancora oggi è saltata l’ultima mediazione. Si tratta ad oltranza. Giusto arrivare allo scontro frontale?
Hai a che fare con degli strozzini internazionali. È impossibile riformare quest’Europa, non te lo permettono: è come salvare il Pd, stando nel Pd. Impossibile. Lo scandalo è rappresentato dai media che si focalizzano sui punti percentuali della Borsa invece che sui disastri umanitari causati dall’austerity e dalle politiche delle Istituzioni. Se si prestasse maggiore attenzione alla dignità e alle condizioni primarie dei cittadini, non saremmo giunti a questo punto. La Grecia è stata utilizzata come cavia ed è il Paese nell’eurozona che ha maggiormente applicato le riforme imposte dalla Troika, i danni dell’austerity sono evidenti: hanno smantellato lo Stato sociale e i tassi di povertà minorile e disoccupazione sono arrivati a livelli spaventosi. Un’emergenza umanitaria. Precedentemente, i vari premier europei si sono piegati ai voleri della finanza, Tsipras è il primo che sta reagendo. E ha fatto quel che si dovrebbe compiere in un Paese civile: dare la parola ai cittadini. Sarà il popolo a decidere il proprio destino.

Quindi reputi giusta la scelta di indire il referendum? Molti invece hanno accusato Tsipras di essere come Ponzio Pilato…
È l’esatto contrario. La decisione viene criticata dai collaborazionisti delle banche perché è un precedente pericoloso. Temono il contagio in Europa, se dovessero vincere i no si aprirebbe un precedente riproducibile in altri Paesi. Il Fmi e Angela Merkel fanno terrorismo psicologico e agitano scenari apocalittici perché temono si rompa quel giocattolo, chiamato Europa, che ha in ostaggio milioni di cittadini. La consultazione è semplice: volete accettare nuove imposizioni della Troika che vanno nella stessa direzione perpetuata negli ultimi 4 anni? Un referendum sulle politiche di austerity. Per questo, l’establishment europeo ha paura.

Le Istituzioni vorrebbero lo scalpo di Tsipras. Intanto il premier Renzi si è schierato contro il governo ellenico chiedendo maggiore responsabilità. 
Renzi è l’espressione della Troika. Lui, e già prima Letta e Monti, sono burattini nelle mani di strutture internazionali, gruppi finanziari e lobby di banche. Hanno il compito di fare tali interessi. In questi sei mesi di negoziati a Bruxelles, Renzi invece di schierarsi politicamente con Tsipras – che sarebbe stato un bene per il popolo italiano – ha preferito regalargli una cravatta. Simbolo dello strozzinaggio. Una posizione coerente coi suoi datori di lavoro, ovvero tutte quelle banche salvate con i soldi dei cittadini.

Da Tsipras una lezione di democrazia? 
Sicuramente, è impressionante il confronto tra il leader ellenico e Renzi. Da un lato abbiamo un presidente che, dopo aver vinto le elezioni a gennaio, ha il coraggio di rimettere il mandato in mano ai cittadini, rischiando di cadere nel caso dovessero vincere i sì – così come lui stesso ha dichiarato – dall’altro un premier non eletto da nessuno e che, anzi, ostacola i processi decisionali. Tsipras sta avanzando una lotta a favore del suo popolo e contro l’austerità delle banche. Se fossimo stati noi al governo, l’avremmo sostenuto a Bruxelles.

Ora il M5S sostiene la battaglia di Syriza però in passato Grillo ha criticato il riformismo di Tsipras e alle scorse elezioni europee avete preferito l’Ukip di Farage. Valutazione sbagliata?
All’inizio eravamo scettici su Tsipras perché negli anni la sinistra al governo ha sempre tradito i propri elettori, non mantenendo le promesse di cambiamento. Ma in questa fase non possiamo esimerci dal sostenerlo. Sta dimostrando un grande coraggio. E la nostra collocazione a Strasburgo, come ripetuto più volte, è un caso singolare: ha il solo scopo di creare un gruppo parlamentare – per poter esistere e avere accesso a commissioni e dossier – per il resto c’è totale autonomia. L’importante non è la collocazione in sé ma quello che voti nell’Europarlamento.

In effetti il M5S, tabulati alla mano, vota più come Podemos e Syriza che come l’Ukip, per questo la scelta appare incauta.
Italia, Francia, Grecia e Portogallo rappresentano insieme la terza economia mondiale, dopo Cina e Usa. Dovrebbero fare cartello ma questo dipende da chi riuscirà a governare questi Paesi e se Tsipras avrà la capacità di arrivare fino in fondo. In Spagna guardiamo con interesse a Podemos perché è conclamato che destra e sinistra abbiano fallito e siano i responsabili della crisi. Nell’Europa del Sud esistono movimenti che non hanno mai governato, è giunta l’ora che facciano asse tra loro.

Ma Syriza ha una prospettiva sì anti austerity ma fortemente europeista ed è per l’euro…
Il programma di Syriza l’ho sempre ritenuto condivisibile, il problema è l’attuazione di tali principi. Ritengo impossibile la negoziazione con questa Europa ad egemonia tedesca e riformarla a colpi di tavoli bilaterali. E i fatti sembrano darmi ragione. Mentre il referendum è sempre stato un cavallo di battaglia del M5S, un importante strumento di democrazia diretta. Figuriamoci poi se attuato in un Paese del Sud Europa. Sul modello del Latino America, giudico fondamentale un’alleanza tra i Paesi del Sud mediterraneo. 

La battaglia europeista di Tsipras sarebbe coraggiosa ma irrealizzabile. Speri che si spezzi la corda e che salti definitivamente il tavolo?
Euro e austerità sono due facce della stessa medaglia e le Istituzioni non ti permettono alcun cambiamento. Una prigione per i popoli. Mi auguro che il referendum del 5 luglio rappresenti un segnale importante: io nel mio piccolo contrasto quotidianamente, nel Parlamento italiano, le lobby e vedo che gli interessi delle banche sono enormi, solo il potere popolare può arginarli. E se da Atene partirà una riforma popolare per un altro modello d’Europa – visto che non rappresenta più nessuno considerando il 50 per cento di astensione al voto – ben venga. 

Veramente non temi le conseguenze della Grexit e la fuoriuscita dalla moneta unica? 
Non mi fa paura. Ho maggiore timore per gli scenari passati e presenti, quelli che ben conosciamo, o per quello che è già avvenuto in Grecia per rimanere fedeli all’unione monetaria. Hanno varato riforme lacrime e sangue e distrutto un Paese. Gli esseri umani non contano. Annientati.

E non salterebbe l’intera Europa aprendo a scenari ignoti?
Questo è lo spauracchio intimato da Angela Merkel e dai media ellenici per incentivare i greci a votare sì al quesito referendario. L’Europa dei popoli, della solidarietà e dei diritti, per come è oggi, è già fallita. Solo le banche godono di ottima salute. La Bce ha appena inaugurato a Francoforte una nuova sede da 1,2 miliardi di euro in un continente dove aumentano povertà e suicidi per motivi economici. Di cosa stiamo parlando?

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