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giovedì 1 febbraio 2018

LE BANCHE CHE FANNO CRAC VANNO CHIUSE O NAZIONALIZZATE E GLI AMMINISTRATORI IN GALERA

di Francesca Romana Fantetti

I risparmiatori italiani sono stati depredati con il Decreto cosiddetto “Salvabanche”. Quello che l’inutile commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche oggi vuole fare passare sotto silenzio, ovvero il depredamento dei risparmiatori italiani ad opera dei governi mai eletti conniventi e sodali, i vigilanti che ovviamente non vigilano, è presto detto, anche perché lo sanno ormai tutti. Allo stesso modo oggi si cerca di nascondere, coprire o minimizzare quanto accaduto contro il risparmio degli italiani, a cominciare dal disperato gesto del pensionato di Civitavecchia il quale, perso tutto, si è ucciso.



La Costituzione italiana stabilisce che il risparmio è da tutelare in quanto valore fondamentale pari alla libertà di ciascuno di noi. Al contrario, lungi dall’essere tutelato, il risparmio del risparmiatore italiano è stato depredato, turlupinato.
Il risparmiatore, in generale, chiunque esso sia specialista o meno, non può farsi carico della solvibilità o meno di una banca, soprattutto avendo contro di sé un plotone di esecuzione composto dalle banche stesse, dalla politica d’accordo e le truffe perpetrate in suo danno, insieme ai vigilanti che non vigilano, come Banca d’Italia, Consob ed autorità affatto indipendenti.

Ciascun risparmiatore tradito deve oggi essere risarcito in base a quanto perso per colpa di malgestione e i nostri conti correnti devono essere tutelati fino a duecentomila euro con un un fondo statale, come è già negli Stati Uniti, non solo fino a centomila da un fondo interbancario come avviene in Italia. E vanno tutelati primariamente i risparmiatori piccoli, oggi presi per i fondelli da politica ed istituzioni pubbliche sinistre, truffati dalle banche venete e ingannati da Banca Etruria e Monte dei Paschi di Siena.
I buchi devono essere appannaggio della Banca d’Italia che ha omesso di vigilare, e che deve dunque “tapparli”. Gli amministratori truffatori che hanno fatto fallire, devono andare in galera, non “scudati” e protetti ingiustamente e truffaldinamente contro gli italiani tramite decreti pubblici di non eletti ai governi illegittimi rubati a noi tutti. L’ Unione europea sta per emanare un codice di tutela del risparmiatore che letteralmente scarica, e ancora una volta, ogni problema sulle spalle dei risparmiatori, in loro/nostro danno. I prodotti finanziari in esso sono descritti come sempre, apposta, in maniera incomprensibile a chicchessia.

Ripercorriamo qui alcuni passi salienti di ciò che è stato fatto in danno di noi tutti, con i soldi di tutti noi:

1. Il 24 gennaio 2015 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 19 il Decreto Investment Compact contenente le disposizioni urgenti per il sistema bancario e gli investimenti, in vigore dal 25 gennaio 2015. Tale Decreto legge ha stabilito l’obbligo per le banche popolari con attivo superiore a otto miliardi di euro di trasformarsi in società per azioni e l’abolizione del cosiddetto voto capitario che garantisce ad ogni azionista un voto in assemblea a prescindere dal numero delle azioni possedute. Grazie a tale decreto – fatto passare d’urgenza – le banche che ne hanno maggiormente beneficiato sono state il Banco Popolare che ha avuto un aumento del capitale del 21%, Ubi del 15%, la Popolare Emilia del 24%, la Banca Popolare di Milano del 21% e soprattutto la Popolare Etruria e Lazio. In soli quattro giorni la Banca Popolare dell’Etruria ha registrato un balzo del 66 per cento, nonostante i ripetuti stop alla negoziazione per eccesso di rialzo. La notizia dell’emanazione del Decreto d’urgenza (che urgente non era) ha favorito – del tutto ingiustamente – diversi operatori finanziari che hanno in tal modo avviato una serie di attività speculative. E’ evidente che tale comportamento oltre a configurare la fattispecie delittuosa dell’insider trading di cui all’articolo 184 del Testo unico finanza, ricorrendo il reato di abuso di informazioni privilegiate, ha comportato un utilizzo strumentale di decreti pubblici ad usum di interessi speculativi in contropartita o accredito conseguenziale di favori ed attribuzioni personali economiche e politiche.

2. Ulteriore vicenda certamente rilevante è stata quella dell’ingente finanziamento di circa 3,85 miliardi di euro devoluto al Monte dei Paschi di Siena da parte del ministero del tesoro, facendo divenire lo Stato, ufficialmente, socio di maggioranza assoluta della banca con il 53 per cento. L’istituto di credito gestito dalla politica era in rosso per circa 3 miliardi di euro, e Mps ha ufficializzato la sua nuova composizione sociale, frutto della ricapitalizzazione precauzionale evitando così di fallire grazie ai finanziamenti pubblici. Altri 4,5 miliardi sono arrivati dagli obbligazionisti subordinati coinvolti nella conversione dei loro titoli in azioni, il burden sharing, che risultano integralmente essere state sottoscritte. La perdita da 3 miliardi di euro che il consiglio di amministrazione ha approvato è legata al buco da 3,9 miliardi di euro provocato dalla cessione al 21% del pacchetto da 28,6 miliardi di sofferenze lorde, dovuta al conseguente bagno di realtà sulle scritture contabili. Su questa vicenda il “Tempo” in data 25 novembre 2017 riportava “i primi 100 nomi dei grandi debitori nel crac di Mps sono aziende, enti pubblici, fondi, l’ intera economia italiana. L’elenco – sottochiave – alla commissione d’inchiesta sulle banche. Tra i big Sorgenia di De Benedetti, coop, fondi, Atac ed enti pubblici”. I crediti sono diventati «sofferenze», ovvero somme impossibili da riscuotere per fallimenti dichiarati, e la banca senese li ha classificati importi da ottenere con la sigla Utp (Unlikely To Pay) ovvero i fidi per i quali la banca non chiedeva alcun rimborso in quanto fin dall’inizio improbabile. Con Sorgenia, la società energetica di Carlo De Benedetti poi passata in mano alle banche (fra cui la stessa Mps) dopo un periodo di difficoltà, portandosi dietro l’indebitamento verso le stesse, con un’esposizione verso Monte dei Paschi di 319 milioni, c’è Riscossione Sicilia che deve all’istituto senese 237 milioni ed il colosso cooperativo emiliano Unieco, fallito de facto (è per questo classificato come credito in sofferenza) con il suo carico di debiti per 110 milioni. C’è anche la Fondazione Mps che per il tramite della Sansedoni Siena Spa deve alla sua (fu) controllata oltre 100 milioni.C’è Atac, nei confronti della quale la banca Mps vanta 50 milioni di euro. Ammontare simile quello di Coopsette, altro grande della cooperazione emiliana finito anch’esso gambe all’aria e anch’esso classificato fra le sofferenze. Mps era manifestamente di manica larga nei confronti del mondo cooperativo in un nefasto intreccio tra politica ed economia che ha affossato i conti della banca, “salvata” con salvataggio pubblico, cioè con i soldi dei contribuenti risparmiatori italiani. Anche un articolo del “Giornale” del 26.1.2018 ha riportato che:”Tra i clienti che hanno preso soldi dal Monte dei Paschi di Siena e non li hanno restituiti ci sono poi Riscossione Sicilia con oltre 200milioni di euro, e il gruppo di armatori Bottiglieri che, attraverso due società, deve a Mps 375 milioni. Poi c’è un debito di 151,6 milioni relativo a Interporto campano, colosso delle infrastrutture, ci sono 24 milioni di debiti degli imprenditori della pasta Rummo; c’è il Grand Hotel di via Veneto a Roma, con 24,9 milioni; c’è Bagnoli Futura, di cui il Comune di Napoli è azionista di maggioranza; c’è Atac, la municipalizzata dei trasporti romana sull’ orlo del fallimento con 49,5 milioni di debiti. Ci sono poi la Tirrenia Navigazioni, con 59 milioni di debiti, Alitalia spa con 36 milioni, la famiglia Merloni con 69 milioni di euro e la Sansedoni Siena Spa il cui soggetto di riferimento è la Fondazione Mps con 103milioni di euro. C’è anche il gruppo di Zamparini, presidente del Palermo calcio, con 60 milioni di debiti.”

3. In data 24.11.2017 il Corriere della Sera ha svelato l’elenco acquisito dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche rivelando chi sono i 100 debitori top di Veneto Banca. “Imprenditori, campioni e non solo hanno creato un buco da 8 miliardi. Tutti insieme hanno creato un buco da 8 miliardi e 450 milioni, che ha dato origine ai mali di Veneto banca. Sono imprenditori, proprietari di hotel di lusso, che tra il 2012 e il 2017 hanno svuotato le casse dell’istituto di credito grazie alla compiacenza degli amministratori della banca che hanno concesso prestiti e finanziamenti senza le necessarie garanzie”. Il fallimento di Veneto Banca risulta così essere stato causato da quegli 8 miliardi e 450 milioni di euro mancanti, dei quali 4 miliardi e 235 milioni di euro relativi alle cosiddette sofferenze e oltre 4 miliardi per inadempienze, un flusso di denaro inimmaginabile che ha determinato il tracollo dell’istituto bancario. Il dissesto finanziario di Veneto Banca ha coinvolto tutti i cittadini italiani attraverso l’erogazione di finanziamenti pubblici devoluti dalle banche pubbliche, il tutto in assenza di una qualsiasi regolamentazione in materia e controllo.


4. In data 28 gennaio 2018 la Cgia di Mestre ha denunciato – in un articolo tratto dal quotidiano “La Verità” 28 gennaio 2018 – “che il sistema creditizio continua a premiare chi ha causato il dissesto di Mps, Popolare di Vicenza, Veneto banca, Banca Etruria, Cari Ferrara, Cari Chieti, e Banca Marche ovvero le grandi famiglie industriali, i gruppi societari e le grandi aziende cooperative. Sono 60 miliardi i risparmi degli italiani che vengono concessi, regalati, scialati e dissipati dati dalle banche e dalla cosa pubblica. Il 79,8 per cento dei prestiti vengono prestati (di fatto regalati) dalle banche ai grandi gruppi che non restituiscono il dovuto. Dei 1500 miliardi che alla fine di settembre 2017 le banche hanno erogato a famiglie, imprese e società non finanziarie, 1200 miliardi sono stati regalati ad un ristretto numero di soggetti molto vicini alle banche stesse e non solventi. Le imprese ricevono cioè la quasi totalità dei prestiti bancari sebbene presentino livelli di insolvenza allarmanti, pressochè certi”.

5. In data 28 dicembre 2018 La Verità ha svelato che la banca Popolare di Vicenza ha perso 170 milioni di euro su 350 investiti in fondi off shore – precisamente tre fondi lussemburghesi Optimum 1 e Optimum 2 gestiti da Alberto Matta e riconducibili a Futura funds ed ad Athena del finanziere Raffaele Mincione. Quei fondi avevano una duplice funzione: comprare azioni della stessa Popolare con uno schermo off shore e finanziare società riconducibili ad Alfio Marchini, al gruppo barese De Gennaro ed alla famiglia Fusillo. Tutte entità in grave difficoltà finanziaria. E’ l’ispettore di Banca d’Italia Mariano Sommella dal 2008 responsabile segreteria generale e partecipazioni di Gianni Zonin di Popolare di Vicenza a segnalare i fondi alla banca di Vicenza. La Guardia di Finanza ha certificato con informativa datata 16 marzo 2016 confermando che la banca “rafforzava” il suo capitale per vie parallele acquisendo portafogli di asset di mercato tra cui “azioni proprie” in base ad enormi castelli di finzioni. La banca ha trasferito così all’estero 200 milioni dei risparmiatori italiani con offshore indicate da un ex ispettore di Bankitalia. Ai risparmiatori poi venivano dati prestiti in cambio di acquisto d azioni proprie che valevano zero.

6. in data 29 gennaio 2016 Il Giornale riferisce che “i prestiti a vuoto di Etruria venivano conferiti a milioni all’azienda dello zio di un ministro al governo”. “In dieci anni Stefano Agresti fratello della madre di Maria Elena Boschi ai governi Renzi e Gentiloni ha ricoperto numerosi incarichi di comando nelle imprese (poi fallite) che succhiavano soldi all’istituto di Arezzo. Una storia che intreccia affari e politica, soldi e partiti, banche e società, parenti e amici”. Le aziende dello zio del ministro falliscono e lasciano buchi di milioni, accumulano enormi debiti anche nei confronti di Banca Etruria (circa 10 milioni di euro) e “Banca Etruria ci è rimasta dentro con tutte le scarpe. Una commistione vergognosa con le aziende delo zio. Etruria era esposta per tanti milioni senza garanzie: dal 2008 iniziano finanziamenti a pioggia a Saico senza possibilità di essere recuperati”, ha confermato l’avvocato Daniele Occhini che seguiva i dipendenti iscritti alla Cgil. “Quei crediti erano di qualità pessima. Soldi dati in maniera scriteriata, crediti in sofferenza e percentuali di recupero nemmeno quantificabili. Li chiamavano crediti ma erano inesigibili”, gli ha fatto eco il collega Stefano Arrighi.

La commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche ha inteso coprire e nascondere tutto. La verità che è emersa è quella reale ed effettiva di un sistema politico, economico, istituzionale e sociale fatto di enti pubblici, banche, controllori pubblici, corrotto e colluso, di una economia italiana bloccata perché avviluppata nella collusione e che rifila truffe e danni contro tutti gli italiani pur di mantenere lo status quo. Mantenere lo status quo equivale oggi a volere il protrarsi nel futuro della rovina del nostro Paese . E’ necessario, oggi, fare rispettare le nostre regole e ciò che è scritto nella nostra Costituzione. Il risparmio tradito comporta le più gravi responsabilità. Chi ha sgarrato e sgarra, oggi, paga. Se no, anche nel presto domani, l’economia, la politica, le istituzioni tutte, il nostro Paese, non funzioneranno non potendo funzionare. Bisogna incidere le carni oggi per avere un domani, domani.


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