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lunedì 19 febbraio 2018

Troppo impegnati a parlare dei Rimborsi dei 5 Stelle.

di ROSANNA SPADINI

Quale etica in un mondo privo di etica? La visione di Max Weber che esaltava l’origine calvinista del capitalismo oggi non riesce più a descrivere la realtà sociale che abbiamo sotto gli occhi. Le scorpacciate politico finanziarie ci offrono quotidianamente uno spettacolo ben diverso dalla frugale etica calvinista degli imprenditori che Weber aveva descritto. Nel dilagare di vizi privati e pubbliche virtù, si polverizzano pace, salute e benessere sociale.





Nelle sue opere successive a «L’Etica protestante e lo spirito del capitalismo», Weber oltre alla morale indicò tra gli ingredienti essenziali per il buon funzionamento della società lo Stato di diritto, cioè un sistema di leggi certe e affidabili e una burocrazia statale efficiente per applicarle. Un sano capitalismo non potrebbe fiorire in società dove c’è troppa differenza tra «insider» e «outsider».
Quindi etica e senso delle regole, certezza del diritto e controllo sociale da parte di una magistratura forte erano ricette per lui essenziali. L’abbandono dello Stato di diritto e delle sue istituzioni, a favore di una deregulation che crede solo nelle virtù del mercato e nella mano invisibile, favorisce naturalmente il crimine organizzato, braccio armato del capitalismo finanziario.

1° mossa. Il video scoop di Fanpage.it ha svelato l’innominabile e sputtanato in diretta il sistema di potere corrotto della regione Campania e del suo viceré De Luca. Bandi di gara deserti, smaltimento di fanghi industriali, gestione illegale dei rifiuti, clientelismo funzionale, quindi conti gonfiati, mazzette e milioni di euro rubati dalle tasche dei cittadini. Possiamo etichettarlo come un ottimo esempio di etica giornalistica? Probabilmente sì, perché da quel video emerge un quadro devastante della profonda e trasversale corruzione che coinvolge i partiti che gestiscono la cosa pubblica campana. La grande coalizione funziona sempre, quando c’è da spartirsi il malloppo.






Cose turche dunque sotto il cielo di Salerno, perché è implicato direttamente anche il figlio di Vincenzo De Luca, assessore al Bilancio del comune di Salerno, però gestore di appalti in regione Campania dove il papà comanda. Perché può mettere le mani sulla SMA (partecipata della regione Campania), visto che non gli spetterebbe nessun mandato istituzionale? La regione è governata da un presidente o da una dinastia familiare? E poi perché il Pd ha appaltato la SMA al centro destra, quali accordi sono intercorsi tra le parti?

2° mossa. Tra gli indagati Luciano Passariello, pretoriano di Giorgia Meloni in Campania, presidente della commissione d’inchiesta sulle partecipate. Secondo quanto trapelato, il presunto illecito consisterebbe in somme di denaro (non si sa se promesse o versate) in cambio di un appalto da parte di un imprenditore ritenuto legato a un clan della camorra. Corruzione aggravata dall’articolo 7 metodo mafioso e finanziamento illecito dei partiti, sono le ipotesi di reato formulate nel decreto di perquisizione.


Lo scenario insomma è quello del grande business dello smaltimento rifiuti all’ombra del Vesuvio, inserito nel complesso meccanismo della SMA Campania, società partecipata impegnata nelle bonifiche ambientali. E poi sono imminenti le elezioni e c’è bisogno di soldi, appoggi e clientele, quindi l’appalto con il finto imprenditore s’ha da fa’.

Le cifre sono chiare: da 135 euro a tonnellata di fanghi da smaltire, già comprensivi di tasse per tangenti, si arriva a 175 euro a tonnellata: tanta la politica che deve mangiare, tanta la politica che deve guadagnare. Un affare che frutterebbe ben 170 mila euro al mese solo per le tasche degli indagati.

La storia si ripete e «Gomorra» sembra essere trascorsa invano. Rifiuti, mazzette, appalti attirano più consenso elettorale di tanti proclami, nell’insostenibile corruttela della politica italiana. Ovviamente soldi pubblici, rubati dalle tasche dei cittadini, che invece di ricevere servizi adeguati, si ammalano di cancro.

Giornalisti troppo scomodi perché troppo capaci, quindi subito accusati di corruzione dato che hanno potuto fare quello che la legge non permette nemmeno alle forze dell’ordine e alla magistratura, cioè svolgere la funzione di “agenti provocatori”, fingersi imprenditori per scoperchiare il vaso di Pandora campano.

Mentre Lilly Bilderberg può spacciare qualsiasi menzogna per verità universale, i pochi veri giornalisti che svolgono bene il loro mestiere vengono messi sotto indagine.

Con l’accusa di «induzione alla corruzione» Francesco Piccinini, il direttore di Fanpage.it e il giornalista Sacha Biazzo, videoreporter autore dell’inchiesta, sono indagati dalla procura di Napoli a seguito del loro lavoro. «Tutto questo è assurdo, abbiamo messo a repentaglio la nostra incolumità per questa inchiesta e ora ci ritroviamo indagati» dichiara il direttore «Abbiamo messo una telecamera addosso a un ex boss dei rifiuti mandandolo in giro per l’Italia a incontrare industriali e politici per prendere accordi in cambio di tangenti. Abbiamo fatto questo nell’ambito di un’inchiesta giornalistica. È chiaro che non abbiamo smaltito rifiuti né preso soldi».






Troppi scoop veritieri per la testata web, che nel 2016 filmò le monetine regalate fuori ai seggi delle primarie Pd di Napoli e che in questa occasione hanno fornito ai magistrati materiali video che documentano gli illeciti. «Questa cosa mi ha ferito – racconta al FQ il direttore Francesco Piccinini – in questi mesi abbiamo tenuto un rapporto di dialogo con i magistrati e abbiamo anche consegnato tutto il girato, per non lasciare dubbi sulla nostra buona fede».

Il commento di Legambiente sull’indagine che sta scuotendo la politica campana su corruzione, smaltimento dei rifiuti e scambio di voti: «Si delinea un quadro complesso e per larghi tratti inquietante, confermando l’esistenza di modalità e meccanismi illeciti-criminali in vigore in Campania da anni».

3° mossa. Secondo l’ultimo rapporto Ecomafia, realizzato proprio dall’associazione del cigno verde, sono in aumento i reati contestati nella gestione dei rifiuti e la Campania si conferma maglia nera a livello nazionale, con 936 infrazioni accertate, oltre mille le persone tra denunciate e arrestate, e con ben 463 sequestri, davanti a Sicilia, Puglia e Calabria che pure compaiono sul podio. A livello regionale, è la provincia di Napoli a fare peggio, con 388 infrazioni, 559 persone tra denunciate e arrestate e 303 sequestri.




«La criminalità ambientale – ha continuato Legambiente – non è comunque unica attrice protagonista dell’aggressione all’ambiente. Il palcoscenico è sempre stato affollato da una vera e propria imprenditoria ecocriminale che si avvale di professionisti e funzionari pubblici corrotti, colletti bianchi, uomini politici e delle istituzioni. La corruzione facilita ed esaspera il malaffare in campo ambientale in maniera formidabile, aprendo varchi nella pubblica amministrazione e tra gli enti di controllo, trasformando gli interessi collettivi in miserabili interessi privati e dando così la stura al sistematico saccheggio dei beni comuni”.




A questo punto possiamo permetterci di dichiarare che siamo disgustati, non solo per la criminalità ambientale divenuta sistema, quanto per la pestilenziale inconsistenza del giornalismo italiano, che invece di svolgere onestamente il proprio ruolo di segugio investigativo, è ridotto a rottweiler della criminalità politica che ci sta ammazzando in tutti i sensi, non solo condannandoci alla perdita di lavoro, benessere, welfare, ma anche appestando il terreno su cui coltiviamo gli alimenti di cui ci cibiamo e inquinando l’aria che respiriamo.

La prossima volta che acquistate la salsa di pomodoro, date un’occhiata alla provenienza del prodotto e al nome dell’azienda che lo produce, perché una costante e persistente distrazione può provocare il cancro.

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