di Lorenzo Vita
Mentre il mondo si interroga su come influirà l’elezione di Donald Trump nel braccio di ferro fra Casa Bianca e Cremlino, e quanto possa rendere più sereni i rapporti della Russia con l’intero blocco occidentale, l’esercito della NATO marcia nel freddo tra Germania e Polonia e si schiera sul fronte russo. Una notizia per certi versi taciuta o quantomeno poco enfatizzata dalla grande stampa e dai più importanti canali di informazione.
Nel migliore dei casi, la scelta è stata quella di considerarla l’ennesima operazione volta a tutelare i Paesi dell’area baltica e orientale dell’Europa, un qualcosa di naturale nell’economia dell’Alleanza Atlantica.
Numeri alla mano, si potrebbe parlare dell’ennesima operazione da “grandi manovre” che la NATO da qualche tempo attua in tutta l’area dell’Europa Orientale, di solito giustificandola come normale e ovvio spiegamento di forze sul proprio confine. Vero: purtroppo però, se il confine in cui si decidono di schierare uomini e carri armati è lo stesso che c’è fra Unione Europea e Federazione Russa, è del tutto palese che questo non possa ritenersi soltantoun semplice gioco di manovra al puro scopo di tutelare i propri alleati
C’è un primo quesito che è lecito porsi, e che sembra spontaneo: tutelare i propri alleati da cosa? Risposta ovvia: dalla Russia. Bene, ma non possiamo rispondere altrettanto sicuri che per tutelare i paesi che fanno parte di un’alleanza, sia necessario portare da Oltreoceano e dal resto d’Europa truppe sul confine orientale. Al contrario, quello che viene spacciato come un mezzo di tutela, ha tutta l’aria di essere una provocazione, l’ennesima, verso un Paese che, per quanto sia possibile vedere dai semplici dati militari fruibili a chiunque, non ha schierato un solo uomo sul confine con l’Europa, se non, al limite per tutelare i propri confini. È del tutto cristallino che un paese che si vede circondato da soldati stranieri, deve per forza di cosa correre ai ripari, sentendosi minacciato. Ma quello che risulta abbastanza chiaro è che qui l’Alleanza che minaccia, cioè la NATO, è la stessa che pretende di tutelarsi.
La NATO ha evidentemente deciso di giocare la sua partita sporca contro la Russia, e ha deciso di farlo in una maniera tutt’altro che improntata alla diplomazia. Numeri alla mano, sono circa cinquemila i soldati schierati dall’Alleanza Atlantica negli ultimi giorni, e più di quattromila mezzi. Tutti tra Polonia e dintorni, tutti contro la Russia di Vladimir Putin. Purtroppo, non può ritenersi soltanto una semplice operazione di ridispiegamento di forze terrestri e navali nell’ambito del sistema NATO. Tutt’altro, i motivi per esserne preoccupati, o quantomeno perplessi, sono enormi e devono destare sospetti in tutti coloro che leggono questi avvenimenti come veri e propri campanelli di allarme di un attrito sempre più forte tra i due grandi schieramenti geostrategici mondiali.
Va da sé che la scelta del campo di spiegamento degli eserciti non deve rendere sereni i cittadini europei, perché è il nostro continente quello che vede solcare i propri territori dai soldati americani e non solo per difenderci da un nemico creato ad arte da Washington negli ultimi anni. Dai Paesi del Baltico fino alla Polonia e pericolosamente vicino all’Ucraina, una linea del fronte di migliaia di chilometri vede oggi la presenza di altrettanta migliaia di soldati, mezzi terrestri e navi che stanno scavando, sempre più profondamente, il solco che separa la Russia dall’Europa, rendendoci di fatto vittime di un gioco che non dovremmo sicuramente appoggiare.
Questa scelta della NATO pone l’Europa di fronte a un grande interrogativo: da che parte stare? È vero: fino a pochi mesi fa non avremmo avuto dubbi: l’Europa si sarebbe schierata certamente e senza battere il minimo ciglio con lo storico alleato d’Oltreoceano. Ma l’Europa di oggi è la stessa di qualche anno fa? Non possiamo esserne certi. Anzi, l’Europa di oggi, con le sue mille contraddizioni, la sua endemica crisi economica, la sua altrettanto terrificante crisi di identità, sia politica che culturale, è oggi forse quanto di più distante da un continente in cui potrà essere accettato passivamente il vedere il proprio territorio diventare il campo di battaglia di una guerra che non ha voluto e in cui, tendenzialmente, ha solo contribuito e perso.
Se il nuovo fronte di guerra tra Russia e NATO sarà l’Europa, ciò che ci si deve domandare è quanto l’Europa possa accettare psicologicamente e politicamente questo scontro tra titani sul suo territorio. Il dato di fatto incontrovertibile degli ultimi anni è che le politiche dei vertici europei, prima ancora che occidentali in genere, sono sempre più difficili da far accettare ai cittadini del Vecchio Continente: in questo senso, le continue elezioni che si svolgono sull’intero territorio continentale dimostrano come sia sorta ormai una spaccatura profonda fra una grandissima fetta della popolazione europea e coloro che decidono per essa. Se questa diffidenza, se questo distacco, è evidente già fra cittadini e partiti politici, e se è ancora più evidente fra cittadini e Unione Europea, inutile dire quanto possa essere lontano anni-luce il pensiero comune della popolazione europea con i teoremi strategici di un’alleanza così decrepita e asfissiante quale può essere la NATO. Da questo punto di vista, la scelta della NATO del rinvigorimento del fronte europeo, con una scelta così anacronistica quale quella di schierare esercito e carri armati direttamente alle porte di Mosca, potrebbe in realtà rivelarsi un boomerang tremendo per gli stessi fautori del Patto Nordatlantico.
Oggi i cittadini europei sono certamente più attenti ai propri interessi che a quelli dell’intero Occidente e non considerano più l’America quel grande sceriffo buono che controlla il pianeta e ci rende tutti felici. Oggi l’Europa è un ginepraio di contraddizioni, pericoli e inquietudini che si riversa costantemente nelle scelte elettorali dei suoi cittadini, e così succederà anche in caso di un’escalation di tensione fra noi e la Russia per il tramite della NATO. Sotto questo profilo, la presenza costante e sempre più forte di movimenti sovranisti che chiedono la revisione del Patto Nordatlantico in una logica di cooperazione ma anche di cambiamento delle strategie di alleanza, non può essere lasciata sottotraccia. Sono molti i movimenti politici che, in ogni Stato d’Europa vedono come un freno e un pericolo la NATO e con essa il doppio filo che ci lega alle politiche sempre più autolesioniste di Washington e si dà il caso che i Paesi dove questi movimenti si presume siano più forti, siano gli stessi che stiano per andare alle urne a stretto giro di posta: Francia, Italia, Germania in primis. Paesi che oltre ad essere i più forti dell’area euro, quelli con maggiore peso politico e sicuramente con maggiore peso economico, rappresentano anche quelli più interessati da movimenti che cominciano a ritenere la NATO un sistema obsoleto di cui liberarsi il prima possibile.
Ecco che a questo punto, ancora una volta, il rischio che i vertici europei attuino politiche totalmente difformi da ciò che vogliono i popoli cui fanno riferimento, rischia di rendere ancora più ampio quel distacco culturale, politico e generazionale fra Governi e cittadini, in una logica di contrapposizione continua che deteriora continuamente il sistema continentale e mina nel profondo la fragilissima stabilito che lega questi tre Paesi, ormai vero e proprio cuore e cervello dell’Europa del primo decennio del Duemila. Se l’Europa vuole essere qualcosa di più di un campo di battaglia, ma protagonista della sua stessa esistenza, deve iniziare seriamente a porre in dubbio le proprie alleanze. Il rischio non è più solo quello di scatenare un effetto domino nelle relazioni internazionali con Mosca, ormai già fortemente compromesse dalla barbarie delle sanzioni, ma soprattutto rischia di provocare un fortissimo scollamento, l’ennesimo, fra governi e governati, scindendo ancora di più la volontà popolare dalla volontà dell’establishment. Brexit ha insegnato che è difficile che il popolo accetti sempre ciò che i vertici ritengono migliore per lui: non è detto che sia la via migliore percorribile, ma è certamente un dato su cui riflettere. Proprio in virtù di questo esempio, la NATO in Polonia sarà un ennesimo grande banco di prova.
Fonte: l'Intellettuale Dissidente
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